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É passato un mese da quando abito qui.
Un mese da quando mi sono lasciata i vecchi problemi alle spalle.
Un mese da quando John tiene a freno la sua curiositá.

Un.
Mese.
Da quando.
Sono riuscita.
A sfuggire al mio incubo.
Che ancora mi tormenta.
Ovviamente.

Ormai ho le occhiaie nere come il carbone e John mi ha svegliato almeno due volte solo questa notte, prima che lo liquidassi rimettendomi subito a dormire.
Sto provando in tutti i modi ad evitare le domande che sapevo non avrebbero tardato tanto ad arrivare.

E difatti, pochi minuti dopo che mi metto ai fornelli per preparare qualcosa da mangiare, John irrompe col suo metro e novanta nella cucina, praticamente schiacciandomi contro il lavandino, mentre mi avvolge con il suo profumo muschiato.

«Adesso mi spieghi» ringhia a pochi centimetri dal mio viso, irritato dal non poter far altro che svegliarmi nel mezzo della notte, cosa che deve turbarlo, come dimostrano le borse che ha sotto gli occhi.

«Cosa?» domando fingendo di non sapere cosa vuole sapere da ormai un mese, mentre cerco di capire come liberarmi dalla gabbia del suo corpo ed allontanarmi da lui.
L'odore buonissimo della sua pelle mi sta dando alla testa, mentre mi sento come se avessi le vertigini per la sua vicinanza.

«Lo sai benissimo» sentenzia guardandomi spazientito, «é un mese che fai le ore piccole ed é un mese che io stesso mi sveglio ogni santa notte, dormendo con l'ansia per te, o meglio, provando a dormire. Per cui adesso, esattamente ora, mi spieghi che cazzo succede.»

Il tono perentorio che usa sembra risvegliarmi dalla trance nella quale stavo per cadere, mentre i miei occhi blu si scontrano coi suoi, color del ghiaccio, spingendomi ad affrontarlo a spron battuto.

«E tu chi saresti per impormelo?» mi trattengo appena dal gridare mentre lo spintono all'indietro, smuovendolo appena.

«Lo stesso che ti sveglia ogni notte, mentre scalci e urli come se fossi indemoniata!» ribatte lui, allargando le braccia con ovvietá, facendomi stringere i pugni sui fianchi.

«Questo non ti dá il diritto di immischiarti nella mia vita!» urlo di rimando, avanzando verso di lui decisa a spaccargli il cranio contro il muro dietro di lui.

«Si invece, perché sono io a vederti in quello stato tutte le notti!» controbatte lui, fissando le sue iridi chiare nelle mie, facendomi rendere conto di essere a pochi centimetri da lui, dal suo viso.

«È qui che ti sbagli, non sai nulla...» ribatto in un sussurro, rivivendo per un attimo quei momenti, quei tanti momenti, in cui ho sentito la gola serrarsi, gli occhi sbarrarsi dal terrore, la mente andare black out per il panico al solo pensiero di cosa sarebbe accaduto poco dopo.

E così mi trovo ad annaspare, senza riuscire ad incanalare aria, con gli occhi umidi per le lacrime che lottano contro la mia volontà di rimanere impassibile a tutto questo, che é ormai passato.

Un passato lontano che appartiene alla vecchia me del Texas.

Scuoto la testa provando a liberarla dai pensieri corroboranti che la stanno dominando ormai, e mi allontano dalla cucina, da John, dai suoi occhi color ghiaccio e il suo profumo avvolgente che ho già classificato come il più buono che abbia mai sentito ad oggi.

«Scarlett» mi richiama afferrandomi il polso quando mi discosto da lui, con l'intento di tornare in camera mia, per poi riattirarmi a sé, fino a che i nostri corpi sono a contatto. Questa volta, però, mi abbraccia, stringendomi forte a sè per farmi capire che lui sarebbe stato lí.

Tiro sul col naso, cercando di non piangere sulla maglia a manica corta che indossa, ricambiando l'abbraccio e praticamente aggrappandomi a lui, nascondendo il viso nel suo petto, dove sento il cuore battere forte tanto quanto il mio: sembra proprio che voglia scappare dalla cassa toracica.

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«Ti va di fare un bagno?» mi domanda mister chioma verde, spaparanzato sul divano accanto a me, che, con le gambe per aria, sto finendo di vedere un programma sui tatuaggi, cosa che mi ricorda della spirale tribale impressa con inchiostro indelebile sul lato destro del torace di John, che ho avuto il piacere di intravedere più e più volte durante questo mese di convivenza.

«Intendi in piscina?» domando mettendomi in bocca i pop corn e rischiando di strozzarmi per la posizione in cui sono, ma questo non mi fa di certo smuovere di un millimetro.

«A me andrebbe bene anche nella vasca, ma poi mi dici che sono un pervertito...» inizia con un sorriso malizioso stampato sulle labbra prima che io fissi il mio sguardo scettico su di lui, con un sopracciglio inarcato.

«Tu sei un pervertito» rispondo seria prima di scrollare le spalle, per quanto sia possibile in questa posizione e annuire. «Finisco questo e arrivo» aggiungo poi, vedendo il programma reiniziare ed aspettando proprio il momento preciso in cui declameranno il tatuatore più bravo fra quelli rimasti in gara.

Questo almeno fino a che John mi passa di fronte con solo i boxer del costume addosso ed un asciugamano posato in spalla, a petto nudo, catturando la mia attenzione sotto il suo sguardo beffardo.

Sembra prendersi gioco di me già solo per l'aver alzato lo sguardo dallo schermo del televisore, mentre i miei occhi scorrono famelici sul suo corpo, desiderando di morderlo in ogni punto.

«Jared!» sento esclamare la voce stridula di Kelly dalla televisione, che attira per un attimo la mia attenzione, distogliendola dal corpo ben modellato di John.

«OH ANDIAMO DOVEVA VINCERE JOHANNA!» urlo contrariata al televisore, che continua a mandare le immagini di un Jared fin troppo fintamente commosso.

Ora posso andare a mettermi il costume e far pentire John di avermelo chiesto.

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