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Dopo circa dieci minuti arriviamo a quello che sembra essere un ristorante tutto tranne che alla mano.
"Menomale che non sarebbe dovuta essere una cosa impegnativa" gli faccio notare mentre un'altra ondata di panico si fa strada nel cubicolo della macchina.

Non farti prendere dalle emozioni.

Ci provo.

Ce la fai.

Prendo un bel respiro ed esco dalla macchina quando John viene ad aprirmi la porta. Nonostante dilaghi il pensiero femminista, di cui sono un'accanita sostenitrice, e molte ragazze arrivino ad arrabbiarsi per questo genere di cose, io sono vecchia scuola e preferisco che mi aprano la porta.

Sorrido appena e mi dirigo in fretta alla porta del ristorante, dove l'aria calda sparata dagli splitter mi fa venire i brividi di piacere.
Dopo aver detto il nome della prenotazione un cameriere ci fa cenna di seguirlo e ci guida fino ad un tavolo dalla tovaglia bianca immacolata.

Ci sediamo e ringraziamo quando ci porge due menu. Guardo i fogli con nomi di piatti sconosciuti e non riesco a capire se è una presa in giro o sono piatti reali, quindi lo richiudo e poso accanto alle posate per aprire il tovagliolo bordeauxae posarlo sulle gambe.

Guardo di sfuggita John che sembra completamente a suo agio (come sempre) nella situazione. Mi mordo la lingua per evitare di buttare qualche commento sprezzante pur di non essere la sola a non essere tranquilla. 

Il mio coinquilino alza gli occhi dal menu e mi guarda con il sopracciglio sollevato come a chiedermi cosa non vada. Accenno un sorriso nervoso che deve venire fuori veramente male dato che John aggrotta la fronte e chiude il menu, posandolo sul tavolo con una delicatezza disarmante. 

"Okay" sospira e mi sento in colpa improvvisamente per essere la causa del suo risentimento, bipolarità accoglimi a braccia aperte. 
John incrocia le braccia e si appoggia con esse sul tavolo, guardandomi fisso ed esortandomi con lo sguardo a parlare. Non so bene cosa dire quindi distolgo lo sguardo e mi guardo intorno: una coppia si tiene per mano da una parte all'altra del tavolo mentre si sussurrano cose dolci ed io sorrido chiedendomi se effettivamente riuscirò mai ad avere un appuntamento simile senza rischiare di rimettere l'anima per l'ansia o di fermare la macchina come un'incosciente in mezzo alla strada, al buio. 

"Cosa succede Scar?" mi chiede John riportando la mia attenzione su di lui prima che io sospiri. 

"Scusami, ti sto rovinando la serata, forse sarebbe meglio se tornassimo a casa, così puoi andare a divertirti da qualche parte."

Per poco non ribalta il tavolo dal nervoso, ma vedo che si limita a guardarmi come se fossi uscita di testa. "Stai scherzando, non è vero?" mi chiede dubbioso.

"Perchè dovrei? Mi pare chiaro che ho praticamente rovinato la serata con tutte le mie sceneggiate e capisco che non fosse l'obbiettivo della serata passar ore con una pazza, quindi andiamo pure" rispondo come se fosse lui quello uscito di senno.

Ma in effetti è così: chi vorrebbe avere un appuntamento del genere?

"Smetti di cercare scuse alle tue paure" mi rimprovera ed io mi acciglio. Paura? È fuori strada.

"Non ho paura" ribatto e lui stringe i denti. Sembra sia per fare il giro al tavolo, mentre il mio stomaco è in subbuglio.

"Si invece e cerchi di convincerti di non essere pronta o adatta a qualsiasi cosa ci sia tra noi" afferma guardandomi fisso negli occhi. Boccheggio alla ricerca delle parole giuste, ma non le trovo.

"Come pensavo" dice deciso e vorrei tanto sbattere il suo bel faccino sul piatto. Chissà che rumore farebbe...
Chiudo la bocca e riprendo il menu, iniziando a scorrerlo con lo sguardo ma senza concentrarmici davvero.

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