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É venerdì sera, ho diciannove anni e sono raggomitolata sotto le coperte, con il computer in grembo, a guardare una serie tv che parla di vampiri e rimpinzarmi di cibo spazzatura che mi  regalerà cinque chili sui fianchi solo dopo averne sentito il profumo invitante.

Quanto posso essere sfigata.

Dopo aver finito il turno al negozio, martedì pomeriggio, ho trovato John fuori dalle porte scorrevoli d'entrata ad aspettarmi, ma non mi sono fatta intenerire dal fatto che fosse rimasto circa tre ore fuori sotto il caldo cocente del sole estivo. Il mio "cuoricino malefico e di pietra", come si è premurato di farmi notare quando l'ho sorpassato fingendo di non vederlo, aveva sobbalzato nel notare quel gesto così dolce, prima di tornare al suo naturale stato di ghiaccio mentre mi avviavo verso la fermata dell'autobus.

Qui, John aveva iniziato a lamentarsi del fatto che non avesse mai conosciuto nessuno tanto testardo prima di me, nonostante avesse girato mezzo mondo, fregandosene del fatto che fossimo in mezzo ad almeno una decina di persone che aspettavano di prendere i mezzi per tornare ognuno alla sua vita, chi provando a mascherare la curiosità per la mia situazione e chi palesemente no.

Ho persino lanciato un'occhiata degna del peggiore malvivente ad una signora che aveva avuto la malsana idea di intromettersi. Non siamo in una cazzo di telenovela, non ci si impiccia dei fatti degli altri diamine.

Per niente stanco, John ha anche avuto il coraggio di tentate, più volte, a convincermi a salire in macchina con lui per tornare a casa, ma non aveva ancora capito quanto possa essere testarda io. Ho letteralmente fatto finta di niente, fingendo che le sue parole entrassero da un orecchio ed uscissero dall'altro in un batter d'occhio, mentre il mio cuore traditore faceva le capriole ogni qual volta la sua mano mi toccava il braccio. Ad un certo punto aveva persino minacciato di prendermi di peso e buttarmi dentro l'auto come fossi stata un sacco di patate, ma ormai era tardi perchè riuscisse a mettere in atto la sua idea. In quel momento preciso l'autobus aprì le porte di fronte al mio viso, lasciandomi via di scampo dopo che ebbi fucilato John con lo sguardo al suo tentativo di tirarmi indietro.

E tutto questo é successo ogni singola sera, fino a sabato, ovvero oggi, giorno in cui non si è fatto trovare fuori dalla libreria, grazie al cielo.

Nonostante il sollievo di non dovermi trattenere dal prenderlo a pugni in faccia per il suo comportamento puerile, devo ammettere di aver sentito anche una punta di delusione insinuarsi nel cuore-di-pietra che ormai tutti pensavano avessi quando non l'ho visto fuori dalle vetrate enormi del negozio.

Già, perchè dopo aver rifiutato di tornare in macchina con lui, John era tornato a casa, correndo da Emilia e raccontandole quanto il mio cuore-di-pietra lo stesse facendo arrivare ad un crollo nervoso, frase che mi causò un ghigno compiaciuto quando la sentii.

Lo stesso è successo anche questa sera, prima che monopolizzassi la camera e mi ci chiudessi dentro, non permettendo a John di entrare prima di sera tarda, almeno fino quando non ha mandato Emilia a minacciare di buttare giù la porta a calci.

E per quanto piccola e gracile possa sembrare quella ragazza, non ho esistato ad alzarmi ed aprire la porta, lasciando che John potesse recuperare alcune delle sue cose per poi barricarmi di nuovo dopo aver preso tutto il cibo spazzatura disponibile nella dispensa come un soldato in ricognizione. Ho persini attraversato casa di corsa con passo felpato per potermi segregare nella stanza esattamente quando ho sentito una porta nel corridoio cigolare.

Un sospiro mi sfugge quando sento il telefono trillare per la decima volta in pochi minuti: Kelly non si é rassegnata martedì.  Le ho detto di non essere tipo da feste o discoteca, ma questo sembra averla solo spinta a perseverare nei suoi tentativi di cambiarmi, tempestandomi di messaggi in cui richiede la mia compagnia al bar.

E nonostante i numerosi rifiuti che ha ricevuto, quella bionda tutto pepe ha insistito tanto da aver rischiato di scalfire la coperta di negativitá che a quanto pare indosso, citando le sue stesse parole, ricordandomi senza remore che una vita vissuta sotto un piumino o a mangiare schifezze cariche di calorie che non riuscirò mai a bruciare, é la vita di una diciannovenne che non vale la pena di vivere.
In tutto qiesto tempo l'unica relazione che ho avuto é stata quella con la mia prima volta, insomma, dopo mesi di relazione mi sono concessa, ma poi le cose sono peggiorate a casa mia... e ho capito chr era meglio tenere più persone possibile fuori dalla mia vita..

Dopo l'ennesimo messaggio in cui Kelly mi implora di uscire e divertirmi con lei, inizio a prendere in considerazione l'idea, soppesando lati positivi e negativi della situazione.

I pro potrebbero essere il divertirsi come non faccio da anni, magari conoscere qualcuno con cui passare del tempo anche dopo la serata e legare un po' di più con Kelly, i contro invece...

I contro sarebbero troppi da elencare, a partire dal fatto che la situazione potrebbe sfuggirmi di mano, ci sarebbe un caldo soffocante e rischierei di avere un attacco di claustrofobia nel bel mezzo della pista, tra i corpi di gente sconosciuta che si palpa come se fosse l'unico modo per sopravvivere.

Bleah.

Ma é anche vero che, come dice Kelly da più di una settimana, ho diciannove anni e ancora non so cosa voglia dire essere normale: "hai bisogno di divertirti, hai bisogno di vivere".  Posso ancora sentirla chiara e limpida al mio fianco provare a convincermi in tutti i modi questa mattina, inconsapevole di quanto tanto avesse ragione.

Mi sono sempre limitata a sopravvivere e ne sono un po' stanca.
Voglio vivere, almeno per una sera.

É la stupidissima frase che continuo a ripetermi nel momento in cui le chiedo a che ora passa a prendermi e mi alzo verso l'armadio, vedendo sul telefono che ho circa mezz'ora per truccarmi, pettinarmi, vestirmi e prepararmi psicologicamente a quello che sto per fare.

Se mio padre fosse qui ora....

Raggrinzisco il viso disgustata al solo pensiero di mio padre, scuotendo la testa come per scacciarne il pensiero con il gesto. Balzo giù dal letto e spalanco la porta dell'armadio, alla ricerca di qualcosa da mettermi.

Dopo essermi scervellata per circa un quarto d'ora su cosa indossare o meno per uscire, decido di optare per un paio di jeans abbastanza attillati ed una camicia di cui lascio aperti i primi tre bottoni, rivelando l'accenno del solco tra i seni.

Provocante.

Taci.

Sembri una donna di mezza etá in cerca di un toyboy, per favore.

MA SE HO SOLO UNA CAMICIA E DEI JEANS.

Continuo a scervellarmi se tenere aperti i famosi tre bottoni o richiuderli mentre mi dirigo in fretta in bagno, dove mi accorgo di avere dieci minuti per fare tutto, cosa che mi getta quasi nel panico per un attimo, prima che io prenda respiri profondi.

Dopo essermi spazzolata i capelli, rinunciando a dargli una forma ed esserni truccata in fretta, scendo al piano di sotto, afferrando i pochi contanti disponibili che ho ed infilandoli nel reggiseno, mentre lascio scivolare il telefono nella tasca posteriore dei jeans migliori che ho.

Niente attacchi di panico, stai facendo una cosa normale.

Niente attacchi di panico, stai facendo una cosa normale.  

Niente attacchi di panico, stai facendo una cosa normale.  

Niente attacchi di panico, stai facendo una cosa normale. 

Mi ripeto silenziosamente queste parole talmente tante volte che quando salgo sulla macchina di Kelly e la saluto per poco non le dico anche a lei.

E viviamola questa vita.

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