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Nella stanza risuonano solo i miei singhiozzi.
E i pugni che John sta dando alla porta.
E sembra voglia farci un buco per quanto forte la sta colpendo.
Finirà per farlo sul serio.

"Scarlett, apri la porta!"

"Ti avevo detto di non chiuderti qui dentro!"

"Scarlett!"

"SCARLETT, RAZZA DI BAMBINA MOCCIOSA, APRI QUESTA PORTA DEL CAZZO PRIMA CHE LA SFONDI!"

"Non costringermi a sfondarla, sai che non avrei paura di farlo" mi ricorda risoluto John da dietro la porta, continuando a battere sul legno come un forsennato. La mia mente però non sente più la voce del ragazzo che pochi secondi fa stavo per spogliare sul divano, ne sente un'altra, la sua, mentre una figura enorme si staglia di fronte a me, che a confronto sembro una minuscola formica.

I ricordi si accavallano alla realtà mentre singhiozzo rumorosamente, immersa nelle lacrime, come in un incubo ad occhi aperti di cui non riesco a liberarmi. Tiro su col naso, ma, subito dopo lo rimpiango, perché non ha fatto altro che aumentare i conati che minacciano di farmi rimettere le patatine mangiate nel pomeriggio e la mezza birra bevuta in quel bar.

Tutto inizia a farsi confuso e una macchia verde appare nel mio campo visivo. La porta è spalancata e le mani calde di John mi incorniciano il viso mentre prendo respiri profondi.

È solo un attacco di panico, non è la prima volta. Ce la puoi fare.

Respiro profondamente, di nuovo, ma l'aria mi si incastra in gola, mentre un altro conato mi risale dallo stomaco, costringendomi a scattare in piedi e correre verso il bagno.

Mi piego sulla tazza del water ed in un nanosecondo rimpiango di aver ingurgitato tutta quella roba nel pomeriggio. Lacrime calde mi segnano le guance, mentre la camicia, ancora aperta, è tirata indietro da quelle che riconosco come le mani di John.

Perfetto.

In piedi accanto a me, John mi passa un asciugamano bagnato con cui mi pulisco la bocca prima di prendere il bicchiere di plastica pieno d'acqua che mi porge. In un primo momento lo rifiuto, ma quando lo guardo e vedo i suoi occhi decisi, capisco di non avere forze a sufficienza per poter sopportare una discussione sul bere o meno acqua dopo aver appena vomitato nel water i vari pasti della mia giornata, compresa la birra di prima.

Tra parentesi, devo ancora tirare l'acqua del wc. Che schifo.

Come se mi leggesse nel pensiero, una mano di John si allunga a schiacciare il tasto dello scarico, facendo sì che tutto quello che doveva essere nel mio stomaco finisca nelle fogne, lontano dal mio naso, già provato dalle lacrime e che inizia a bruciare come fosse pinzato in una piastra rovente.

Pianto di merda.

"Non è necessario che resti qui, so badare a me stessa" borbotto appoggiandomi contro le mattonelle fresche del muro, una gioia per la mia pelle accaldata dagli sforzi.

John sbuffa, sollevando una ciocca di capelli verdi dalla fronte e sporgendo leggermente in fuori il labbro inferiore, quello con il piercing, facendomi tornare la voglia di strappargli i vestiti di dosso.
Ci vuole un attimo prima che abbia di nuovo la nausea e capisco che ci saranno momenti migliori in cui fare pensieri sconci come questo.

Lui sospira prima di accovacciarsi di fronte a me e togliermi il bicchiere vuoto di mano, interrompendo per un attimo il flusso di pensieri poco casti che mi attraversa la mente.

"Allora, vuoi dirmi o no cosa ti passa per questa bella testolina bionda?" Domanda con tono più morbido rispetto a prima mentre picchietta piano l'indice contro la mia fronte. Qualcosa dentro di me si scioglie come poco fa quando, con gesti estremamente delicati, mi sistema i capelli caduti sul viso dietro l'orecchio, accarezzandomi il viso con una dolcezza inaudita.

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