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"Scarlett!"
Il suo vocione mi richiama, facendomi rabbrividire come se fossi immersa in una vasca di ghiaccio.

Ed in effetti così mi sento: come se fossi di congelata. Il sangue che scorre nelle mie vene non é più un denso fluido caldo, ma una corrente ghiacciata, ed io mi sento intorpidita, ma non abbastanza da non essere impaurita dal suono della sua voce, o terrorizzata dal tonfo sinistro dei suoi passi per le scale.

"SCARLETT!" urla di nuovo, questa volta a voce più alta, più arrabbiata. Prendo un respiro profondo, sapendo di dover uscire dalla stanza per evitare che le conseguenze siano peggiori di quanto non lo siano già normalmente.

"SCARLETT, QUANTE VOLTE DEVO CHIAMARTI EH?!" tuona dal corridoio prima che io, con un coraggio che non ho mai avuto, esca dalla mia camera, trovandolo in piedi una porta più avanti, con la barba ispida più lunga del solito ed un alone di alcol che pare avvolgerlo completamente, per poi diffondersi in tutto il corridoio, fino a giungere al mio naso.

Ed é arrabbiato, molto arrabbiato, come dimostra il suo sguardo furioso per non avermi trovata subito, appena entrato in casa. Ha le narici dilatate per i grandi respiri che sta prendendo, tentando di controllare la rabbia che sta trattenendo a malapena, con la bottiglia del suo amatissimo scotch schifoso in mano, prima di puntare un dito verso di me, avvicinandosi e sovrastandomi con i suoi due metri di altezza e le sue spalle larghe da ex giocatore di football.

"SMETTILA DI NASCONDERTI QUANDO ENTRO IN CASA!" urla come un forsennato, sputacchiandomi in faccia per la vicinanza. Nonostante il disgusto le mie mani rimangono immobili lungo i fianchi, consapevole che anche solo il loro movimento potrebbe dargli il pretesto per scattare ed iniziare quello che accade ogni giorno.

"HAI CAPITO?" urla ancora adirato mentre io annuisco lentamente, prendendo le stesse misire di sicurezza che prenderei di fronte ad un bulldog infuriato pronto all'attacco.

Poi, accade una cosa che non sarebbe dovuta accadere: la bottiglia scivola a terra dalla sua presa poco salda per lo stato di ubriachezza, e lui la guarda, immobile a terra in frantumi immersi nel liquore, prima di alzare lo sguardo verso di me, e guardarmi con tutta la rabbia possibile ed immaginabile.

"HAI ROTTO LA MIA BOTTIGLIA." urla totalmente fuori di sè, nonostante non avessi neanche sfiorato lo scotch adesso sparso a terra, ed in un attimo mi trovo riversa sul pavimento, terrorizzata a morte, mentre si sfila la cintura dai passanti.

"Ora ti ricordo come si puniscono le bambine cattive..." sussurra prima di caricare il colpo.

Mi rizzo di scatto, sentendo il cuore battere all'impazzata, mentre gli occhi pungono sotto la pressione delle lacrime che vogliono uscire e rigarmi le guance.

John è già scattato in piedi dal suo letto, con i capelli scompigliati ed il petto nudo, a testimonianza del fatto che stava dormendo anche lui.
Stringe i pugni nel buio della stanza, frammentato dai raggi della luna che irrompono nel nero della notte.

Prendo un respiro profondo, provando a calmare il battito cardiaco, mentre mi passo una mano sugli occhi lucidi.

«Sto bene» mormoro vedendolo poi annuire, titubante, senza peró tornare a letto, continuando a stare in piedi, in mezzo alla stanza ad osservarmi.

«Puoi tornare a dormire John, davvero» asserisco indicandogli il suo letto prima di sistemarmi la maglietta, convinta che per una volta mi dará ascolto.

E invece non lo fa, come sempre. Avanza verso il mio letto, lentamente, e muovendo i passi con moderazione, fino a raggiungere il mio fianco e sedersi accanto a me.

Si allunga verso di me, facendomi trattenere il respiro mentre il mio cuore ricomincia a battere ad una velocità inaudita, e mi posa un bacio leggero sulla fronte, prima di avvolgere le sue braccia intorno a me e tenermi stretta per un tempo indefinito, che sembra essere non abbastanza quando si rialza e si avvia verso il suo letto.

«Buonanotte» mormora nel buio, mentre io immagino le sue labbra muoversi per quella parola dolce.

«Buonanotte» rispondo stendendomi di nuovo sul letto, attorcigliando i capelli sudati sulla nuca e sulla fronte, scostandoli sul cuscino.

«Buonanotte» mormoro di nuovo a voce talmente bassa che riesco a sentirla a malapena io, prima di chiudere di nuovo gli occhi e riaddormentarmi in un sonno senza sogni.

~~~~~~~~~

Lo sguardo indagatore di John mi scorre addosso sin da quando, dopo colazione, mi sono messa una maglia e un pantalone della tuta addosso, e mi sono rinchiusa nella palestrina del seminterrato della villa.
Mi ero dimenticata di quella stanza e ricordarmi della sua esistenza è sevito molto per stemperare la tensione che mi irrigidiva i musvoli.
Dopo più di un'ora passata lí dentro correndo, sono risalita in cucina per prendermi una bottiglietta d'acqua dal frigo.

E John non la pianta di fissarmi, neanche quando gli passo di fronte per andare in camera e farmi una doccia per togliermi gli strati di sudore che ho addosso.

«C'è qualcosa che non va per caso?» domando stizzita, voltandomi verso di lui che si tira in piedi e torreggia su di me, mentre un flash dell'incubo di questa notte mi attraversa la mente, provocandomi un brivido.

«Si, c'è qualcosa che non va e non mi dici...» risponde guardandomi negli occhi e contraendo la mascella.

«Non devo dirti proprio nulla...» rispondo abbassando lo sguardo sulle sue labbra, gesto che lui segue con i suoi occhi grigi, ripetendolo alla lettera.

«Vivo con te. Da un mese ti guardo contorcerti e urlare nel sonno nel mezzo della notte.
Quindi si, devi dirmelo» ribatte ad un soffio dal mio viso, riportando lo sguardo nel mio.

«Perché?» domando sentendo il desiderio di incollare la bocca alla sua, un desiderio che non provavo da quando mi ero presa una cotta per un ragazzo di nome Keith al liceo.
Mi aveva fatto perdere la testa per lui, ma a parte qualche bacio qua e là, dopo due mesi avevo perso interesse per lui e lui per me.

«Perché... ho bisogno di saperlo...» ribatte, facendomi aggrottare le sopracciglia confusa ed allontanare di un passo.

«Hai bisogno di saperlo? Cosa dovrebbe significare?» domando sempre più confusa facendo un passo indietro.

«Si...io non- non so perché, ma vederti lí, la notte, a fare così...ho bisogno di sapere cosa è successo...» risponde avanzando e recuperando la distanza che avevo messo tra noi.

«Tu... No...non...non ne hai bisogno, questa- questa cosa, deve rimanere mia, devo chiuderla in un angoloa e non ho intenzione di riaprire il discorso.» rispondo perentoria, senza ammettere repliche, con un gesto della mano a rafforzare il mio pensiero.

«Ma Scarlett...» inizia prima che io lo stoppi facendogli cenno di fermarsi con la mano.

«Ho detto no, e questo é quanto.»

I suoi occhi grigi mi guardano, perforandomi e leggendo tutto il dolore che sto provando in questo momento, prima che lui annuisca e si arrenda al mio volere, spostandosi per lasciarmi passare ed andare in camera mia a rintanarmi coi miei pensieri.

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