Non so come è possibile, ma mi trovo nel salotto della casa in cui ho trascorso la maggior parte della mia infanzia.
Tutto è rimasto esattamente come ricordavo: le pareti sono completamente spoglie, al centro della stanza c'è un vecchio divano, logoro, posizionato davanti ad un'altrettanto vecchia TV a colori; a sinistra c'è una porta che conduce alla cucina, mentre a destra è posizionata una vetrinetta per le bottiglie degli alcolici.
Sento la fronte imperlata da un sottile strato di sudore freddo e le mie gambe iniziano a tremare quando una voce familiare giunge alle mie orecchie.
"Ragazzina! Dove sei? Dove ti sei nascosta? Esci subito o per te le cose potrebbero peggiorare".
Qualcuno inizia a scendere i scalini che portano al piano superiore ed io so che cosa sta per accadere; voglio scappare, voglio andarmene da questo posto per sempre, ma non ci riesco perché i miei piedi sembrano essere incollati alle tavole del pavimento.
Un singhiozzo esce dalle mie labbra perché ormai è solo questione di secondi prima che quei passi raggiungano il salotto; quando ormai sembra essere tutto perduto qualcuno mi prende per mano e mi trascina con sé nella cantina, al sicuro.
Spalanco gli occhi quando vedo che si tratta di T-Bag: non indossa la divisa da detenuto, ma un semplice paio di jeans ed una maglietta bianca.
"Va tutto bene" dice a bassa voce, tentando di tranquillizzarmi "siamo al sicuro qui. Non ti accadrà nulla".
Anziché allontanarlo da me e guardarlo con disgusto mi aggrappo a lui con tutte le mie forze: lo abbraccio ed affondo la testa nel suo petto, aspirando il profumo della sua pelle; T-Bag mi passa le braccia attorno ai fianchi e rimaniamo in quella posizione a lungo, senza dire una sola parola.
Mi lascio scappare un urlo quando qualcuno sfonda letteralmente la porta della cantina, ma la voce che sento mi fa alzare la testa di scatto.
"Nicole, non ascoltare le sue parole. È un bugiardo".
A parlare è Michael Scofield, il bellissimo ragazzo con gli occhi chiari ed i capelli rasati.
"Io... Io non capisco..." mormoro scuotendo la testa; io e lui non abbiamo mai parlato e questa confidenza improvvisa mi lascia perplessa.
"Non ascoltare quello che dice, è un bugiardo. Sai quello che ha fatto, le persone come lui non cambiano mai".
Torno a guardare Theodore e mi accorgo che il suo viso e la sua maglietta sono sporchi di sangue; abbasso gli occhi e con orrore noto che anche io sono nelle medesime condizioni.
"Va tutto bene" mi ripete una seconda volta, sorridendo, ignorando il sangue "siamo al sicuro qui. Non ti accadrà nulla, ma adesso devi svegliarti, Nicole".
Apro gli occhi di scatto e sbatto più volte le palpebre con il fiato ansante.
Porto la mano destra al viso e tolgo la mascherina per l'ossigeno in modo da riuscire a respirare più facilmente ed in modo autonomo.
"Nicole... Nicole... Calmati... Calmati!".
Una voce richiama la mia attenzione: appartiene a Karla.
"Che cosa è successo? Dove mi trovo?"
"Sei in ospedale" mi spiega con calma, tornando a sedersi su una poltroncina "hai avuto un esaurimento nervoso e ti hanno portata qui"
"Non ricordo nulla" mento mordendomi il labbro inferiore, in realtà ricordo perfettamente che cosa mi ha portata ad avere un attacco così violento; mi passo una mano tra i capelli e sento che alcune ciocche sono più lunghe mentre altre sono molto più corte "credo di avere combinato un casino. Si nota molto la differenza?"
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Like A Prayer; Prison Break (✔️)
Fanfiction"L'uomo che voleva divertirsi con me giace a terra con un profondo taglio alla gola. In piedi, davanti al suo corpo, c'è un altro detenuto che stringe nella mano destra un punteruolo affilato: ha il fiato ansante e la maglietta bianca che indossa è...