HE MAKES ME FEEL GOOD (NICOLE)

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Non so per quanto tempo resto rinchiusa dentro l'armadietto, ma quando Adam spalanca le ante la luce del sole non è più visibile.

"Nicole, non ti preoccupare, è tutto finito. Vieni con me" cerca di rassicurarmi togliendomi le cuffiette dalle orecchie; ha qualche taglio superficiale sul viso ma per il resto sembra stare bene.

Allunga la mano destra, mi aiuta ad alzarmi ed insieme usciamo da Fox River, finalmente al sicuro.

All'esterno regna il caos più totale: ci sono poliziotti, ambulanze, giornalisti e perfino un elicottero che vola sopra il carcere; tra la folla riesco a distinguere il governatore Tancredi che parla con Pope mentre poco più in là riconosco Bellick che spartisce ordini ai suoi uomini.

"Nicole!".

Una voce grida di nuovo il mio nome, questa volta è femminile ed appartiene a Karla che se ne sta in disparte, in piedi, avvolta da una coperta che le ha dato qualcuno dei soccorritori.

Mi abbraccia con trasporto ed io ricambio, sollevata di sapere che anche lei sta bene.

"Come avete fatto tu e Sara..."

"Ci ha salvate Michael"

"Michael?" domando, corrucciando le sopracciglia "Michael Scofield?"

"Si, io e Sara non sapevamo cosa fare, i detenuti stavano per sfondare la porta quando qualcuno ha spostato uno dei pannelli del soffitto ed è comparso Michael. Ci ha aiutate ad entrare nel condotto e lì siamo state al sicuro"

"E per quale motivo era nel condotto?"

"Non lo so... Ha detto che lui ed altri detenuti hanno dovuto occuparsi di pulire le tubature. Per questo conosceva quel passaggio".

La spiegazione di Karla mi convince solo a metà perché c'è qualcosa di strano nell'intervento tempestivo di Michael; ma la mia attenzione viene spostata altrove quando mi domanda come sono uscita illesa a mia volta.

"Sono riuscita a scappare da quell'uomo e mi sono nascosta dentro un armadietto" rispondo, omettendo la parte in cui T-Bag mi ha salvata; noto la sua espressione preoccupata e capisco che c'è qualcosa che non mi ha ancora detto "è successo qualcosa di grave?".

"Si" mi risponde dopo una breve esitazione "una delle guardie è stata uccisa".



Sono due settimane che non vado dalla mia psicologa a causa dell'esaurimento nervoso, del ricovero in ospedale e della rivolta a Fox River.

E sono molte le cose di cui sento il bisogno di parlarle.

"C'è stata una rivolta in carcere" le spiego dopo essermi sdraiata sul divanetto a disposizione dei clienti "la valvola dell'aria si è rotta per chissà quale motivo ed i detenuti si sono rifiutati di tornare nelle loro celle. Tutto è precipitato in poco tempo e... E alcuni di loro sono entrati in infermeria e io... Io sono riuscita a salvarmi perché mi sono nascosta in un armadietto, ma una guardia è stata uccisa"

"Come ti fa sentire quello che è successo?" mi domanda Megan, appuntando qualcosa nel suo taccuino.

"Ho paura, ho terribilmente paura. Forse farei meglio ad andarmene, forse non sono fatta per lavorare in un posto come un carcere ma non ci riesco. Non riesco ad andarmene" faccio una piccola pausa e poi riprendo a parlare, lentamente "ho... Ho conosciuto una persona. Io non... Io non so che cosa è la cosa giusta da fare. La mia testa dice che devo starle lontano il più possibile, ma il mio corpo... Il mio corpo dice altro...".

Mi copro il viso con le mani e sospiro: ogni volta che si tratta di T-Bag mi sento così terribilmente confusa che non riesco neppure a formulare una frase di senso compiuto; fortunatamente la mia psicologa preferisce non indagare chiedendomi se si tratta di qualcuno dello staff od uno dei detenuti e mi pone un'altra domanda che non fa che peggiorare la confusione nella mia testa.

"Questa persona, quest'uomo, ti fa sentire bene?".



Quando arrivo a Fox River sento il cuore che inizia a battere con più forza: non a causa di quello che è successo appena ventiquattro ore prima, ma perché so che oggi lo rivedrò.

Non so da dove nasce questa sicurezza, semplicemente sento che è così.

Durante il pomeriggio, infatti, due guardie entrano nel mio Studio insieme a lui: ha molti lividi sul viso, il labbro inferiore spaccato ed un taglio sulla guancia destra.

Si siede sul lettino per le visite senza dire una parola mentre le guardie lo ammanettano per sicurezza; quando restiamo da soli prendo posto a mia volta a suo fianco, senza smettere di fissare la parete davanti a me.

"Sai..." inizio schiarendomi la gola "quando sono arrivata a Fox River il direttore Pope mi ha detto una cosa molto importante. Ha detto che, secondo lui, tutte le persone meritano una seconda possibilità. Io non so se ha ragione, non so se è possibile perdonare qualunque crimine. Le uniche cose che so è che tu mi hai salvato la vita e che non sono pronta a rinunciare alle tue visite in infermeria".

Appoggio la mia mano sinistra sopra la sua destra e la trovo incredibilmente calda; mi volto a fissarlo e lui fa lo stesso con me, mi guarda ancora per qualche istante e poi sorride.

Lo so che è un mostro, ma ha un sorriso così bello e luminoso che sarebbe in grado di sciogliere chiunque.

"Ti sei tagliata i capelli" dice poi, strappandomi una risata "quando riuscirò a vederti ridere più spesso?"

"Ed io quando riuscirò a vederti senza lividi o tagli?".

Non risponde alla mia domanda ma stringe con delicatezza la presa sulla mia mano, ed io mi accorgo solo adesso che questo è il nostro primo contatto più intimo, che va al di là del semplice rapporto tra dottoressa e detenuto.

Finalmente riesco a trovare la risposta alla domanda della mia psicologa.

Si, quest'uomo mi fa sentire bene.

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