STORY OF MY LIFE (NICOLE)

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Non sono mai uscita a cena con un ragazzo, ma non è questo a farmi tremare la mano mentre mi trucco.

Nella mia mente continuo a rivivere il bacio che Teddy mi ha dato e non riesco a scacciare il terribile pensiero che potrebbe non esserci una seconda volta per ripeterlo; i brividi che mi percorrono il braccio sono così violenti che sono costretta a fermarmi con un sospiro.

Chiudo gli occhi ed appoggio la fronte contro la superficie liscia dello specchio, nella vana speranza di riuscire a calmarmi prima dell'arrivo di Adam.

Non sono pronta per affrontare questo appuntamento, ma non voglio neppure trascorrere l'intera serata nel mio salotto, tentando di combattere contro gli attacchi di panico e continuando a scorrere tutti i canali della TV.

Qualcuno, dalla strada, suona un clacson; mi affaccio dalla finestra della camera e vedo il volto di Adam sbucare dal finestrino abbassato di una macchina: mi fa cenno di scendere ed io gli rispondo con un semplice sorriso, che scompare nello stesso momento in cui m'infilo la giacca e prendo la borsa a tracolla.

"Ehi" lo saluto, mentre entro nello stretto abitacolo "cavolo... Sei davvero molto elegante".

"E tu sei bellissima"

"Ohh, su questo mi permetto di dissentire. Se lo avessi saputo prima, magari avrei indossato qualcosa di diverso" rispondo, abbassando lo sguardo sul vestito nero che indosso, che non ha assolutamente nulla di speciale o elegante: in realtà è stata la prima cosa che ho trovato dentro l'armadio.

"Questa è per te"

"Per me?"

"Si... Un piccolo anticipo della serata che ci aspetta".

Resto sorpresa quando il mio accompagnatore mi porge una bellissima rosa avvolta in una carta colorata e decorata con un fiocco azzurro; c'è anche un bigliettino appeso al gambo privo di spine, ma non lo prendo in mano né lo leggo perché non sono ancora pronta ad affrontare domande imbarazzanti.

"Sei davvero molto gentile" lo ringrazio, sforzandomi di sorridere "allora... Andiamo?".



Il ristorante in cui entriamo è così lussuoso che mi sento subito a disagio: è uno di quei posti in cui ci sono sempre orchestre che suonano dal vivo, camerieri che indossano divise che non hanno la minima piega nella stoffa, signore ingioiellate con pellicce di visone attorno alle spalle e da cui non si esce senza aver pagato un conto a tre cifre.

"Adam!" esclamo, infatti, non appena prendiamo posto davanti al nostro tavolo "non avresti dovuto prenotare in un posto simile"

"Perché?" mi domanda lui, guardandomi con un'espressione confusa.

"Perché sembra essere molto costoso... Hai visto i prezzi del menù? Io non voglio..."

"Nicole, non ti devi preoccupare dei soldi. Voglio solo farti trascorrere una bella serata. Forse sono un po' troppo indiscreto, ma ultimamente ho notato che a lavoro hai sempre un'aria stressata"

"Non è semplice lavorare in un carcere. Devo ancora abituarmi a molte cose" mormoro "cambiamo argomento. Come hai detto tu, forse è meglio pensare ad altro".

In realtà, però, non ho voglia né di pensare né di parlare d'altro.

Ascolto Adam raccontarmi i motivi che lo hanno spinto a lavorare a Fox River, e di tanto in tanto annuisco o sorriso; ma la verità è un'altra: vedo solo le sue labbra muoversi e non sento alcun suono perché la mia mente continua ad essere occupata da una sola immagine, da un solo volto.

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