1. Bestie pelose (e non parlo dei miei genitori)

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Un'altra cosa importante da sapere su di me è il fondamentale ruolo che la mia famiglia e la mia città giocavano nella mia vita.

Essendo cresciuta in piccolo paesino di provincia, avevo passato la mia intera vita a sentire i miei coetanei sognare di scappare, un giorno. New York era la meta più ambita da molti, ma avevo sentito spesso parlare anche di Francia, Inghilterra, Italia...

Ma per tutti gli anni della mia adolescenza, quel tipo di pensiero non si era mai avvicinato al mio cervello. Mai, neanche per un secondo.

Io amavo Chino Hills. Amavo i prati verdi e le colline rigogliose che la circondavano. Adoravo il fascino retrò di quella cittadina che sembrava essere rimasta ferma agli anni ottanta, con il suo diner e il cinema all'aperto che trasmetteva solo film provenienti dal secolo scorso. Amavo il centro, i negozietti in proprio, il profumo di pane appena sfornato o di frutta fresca appena colta. Perché avrei dovuto rinunciare a tutto quello? Per cosa? Un minuscolo appartamento in un palazzo grigio, che non appena esci per strada vieni subito risucchiata dal traffico cittadino?

Grazie, ma no grazie.

Trasferirmi a New York per gli anni del college era stata di certo un'esperienza emozionante e formativa, ma non avevo smesso neanche per un secondo di fare il conto dei giorni che mi separavano al momento in cui sarei potuta tornare a casa mia.

E quel giorno, finalmente, era arrivato.

Quando il taxi si fermò ed io aprii la portiera sentii quel familiare profumo investirmi in pieno e, per la prima volta da molto tempo, mi sembrò di essere finalmente tornata a respirare. Scaricai i bagagli, attraversai il vialetto che mi separava dall'ingresso della grande villa e, muovendomi nervosamente sul posto, suonai il campanello. Subito si sentì un gran vociare provenire dall'interno.

«È arrivata! La mia bambina!»

La voce femminile venne sovrastata di colpo da un boato, come di vetro che si infrange.

«Oh merdina secca... Cameron! Cameron, alza il culo e vieni alla porta!»

«Sto arrivando! Cristo santo, Cassie... sai che puoi anche andare dal salotto all'ingresso senza distruggerci la casa?»

Alle urla si aggiunse presto anche l'abbaiare di un cane, ed io non potei fare a meno di sorridere.

Casa dolce casa.

Come la porta si spalancò, venni subito investita da massa abnorme di pelo bianco che, con la sua mole tutt'altro che leggera, mi scaraventò letteralmente a terra.

«Rhett! A cuccia! Vieni a cuccia!» esclamò la donna, correndo verso di noi.

Il cane, in tutta risposta, iniziò a passare la sua lingua madida di bava contro la mia faccia, facendomi scoppiare a ridere.

«Sì, mi sei mancato anche tu, bello.» sussurrai, cercando di togliermelo di dosso.

Finalmente riuscii a rimettermi in piedi ma, neanche il tempo di sistemarmi la maglietta stropicciata, venni subito travolta di nuovo, questa volta da un essere leggermente meno peloso.

«Ciao mamma.» ridacchiai, stringendole le braccia attorno al collo.

La donna mi tirò a sé, talmente forte da farmi quasi male.

«Amore mio, non sai quanto mi sei mancata! Come stai? Fatti guardare!» disse, allontanandosi leggermente da me. Iniziò a scrutarmi con quei suoi stupendi occhi azzurri, cercando di allontanarsi ciocche di capelli castani che le ricadevano disordinati sul viso. Sorrise, mettendo in evidenza delle rughette quasi invisibili ai lati degli occhi e della bocca, gli unici segni che il tempo sembrava aver lasciato su di lei. «Sei uno splendore, Cami.»

Questa non è una storia d'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora