3. Libri, baristi sexy e la regina Elisabetta

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L'angolo della quiete. Una vera e propria istituzione, a Chino Hills.

Fin dalla più tenera età, quel locale era stato un palo portante della mia vita di tutti i giorni. La mattina passavo li con mia madre per prendere la colazione. Dopo scuola mi sedevo a quei tavolini a studiare con i miei amici. Non ci eravamo mai persi una serata-evento, che fosse il karaoke del venerdì sera o la festa in maschera di halloween.

Credo di aver preso li, la mia prima sbronza.

Non che mi ricordi molto, a dirla tutta.

Il proprietario, Blake Altman, era un uomo affascinante. Aveva più o meno l'età dei miei genitori e ci aveva sempre accolti a braccia aperte. Credo fosse stato amico di mio padre, un tempo. Un giorno lo avevo chiesto a mia madre e lei mi aveva raccontato che lui e zia Riley, la madre di Cressida, erano stati fidanzati, per un po'. Ma poi lui l'aveva tradita, e lei aveva incontrato zio Hunter.

Altro motivo per cui stavo benissimo senza un ragazzo: sono delle teste di cazzo.

Niente ragazzo uguale niente tradimenti.

Niente tradimenti uguale niente dolore.

Ma torniamo a noi.

Quando qualche settimana prima avevo visto un annuncio su internet in cui il signor Altman diceva di star cercando nuovi impiegati, non ci avevo pensato un secondo. Mi ero catapultata su quel lavoro come un'ape sul miele, e lui non aveva esitato a concedermelo.

Per questo motivo non stavo nella pelle all'idea di inziare. Oltre al fatto che, con il mio primo stipendio, sarei stata ufficialmente una donna indipendente. Avrei potuto comprare dei mobili per la mia casa nuova e, finalmente, trasferirmici.

E quindi, sempre per questo motivo, quando quel giorno mi ritrovai di fronte all'insegna consumata dal tempo, non esitai neanche un secondo. Aprii la porta e mi fiondai all'interno del locale, presa dall'eccitazione.

Per un secondo mi persi ad osservare quel luogo che avevo sempre considerato magico.

Da una parte si trovava il bar. Tipico bancone di legno e tipici tavolini abbinati alle sedie che, durante gli eventi, venivano fatti fuori per lasciare spazio ad una specie di pista da ballo improvvisata. Dietro al bancone, appesa alla parete, una scritta a LED indicava il nome del locale.

Dall'altra parte, invece, c'era quella che personalmente consideravo la parte più bella: la libreria.
Una dozzina di scaffali ricolmi di libri di tutti i tipi. E tu potevi andare li, prenderne uno, sederti ad un tavolino e passare il resto del pomeriggio a leggere e sorseggiare cioccolata calda.

Insomma, il paradiso.

«Ehi, ragazzina. Siamo chiusi.» proruppe ad un tratto una voce.

Mi voltai di colpo, interrompendo quel mio breve momento di venerazione.

Davanti a me, in piedi accanto al bancone, un ragazzo mi osservava con le sopracciglia corrugate e una cassa fra le braccia. Mi guardò in attesa, ma io non mi mossi nemmeno di un millimetro.

Okay regia, metti in pausa la scena. Qui urge un ulteriore primo piano.

Il ragazzo, se così si poteva ancora definirlo, era alto molto più di me. Non che ci volesse un granché, a dir la verità, ma lui superava di gran lunga anche quel "granché".

Il viso era... bello. No, non bello. È riduttivo.

Mascella squadrata, labbra piene, e un paio di occhi verdi che mi fissavano in un'espressione contrita. La fronte era leggermente imperlata di sudore e alcune ciocche di capelli castani aderivano alla pelle.

Questa non è una storia d'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora