||NEGLI EPISODI PRECEDENTI||
Camille si lascia convincere dai suoi amici ad andare ad una festa nel locale di Hunter. Scendendo dalle scale di casa sua cade e prende una bella botta. Alla festa incontra il ragazzo misterioso del parco (che si scopre chiamarsi Nick, essere il chitarrista della band che suona nel locale e che ci prova spudoratamente con lei). Dopodiché, incontra anche Scott, il suo capo, che è venuto alla festa perché obbligato dalla sua fidanzata Jessica, barista del locale. E poi niente, solito disagio è una strana vocina, che inizia ad insinuarsi nella testa della nostra Camille. Che, per inciso, continua a non voler rivelare il suo nome nè a Scott nè a Nick.
Scusate per il ritardo, leggete la nota autrice.
||Love ya.||
Come aprii la porta del locale, il tintinnio delle campanelle sopra alla porta risuonò come un carro armato nella mia testa.
Uccidetemi.
«Buongiorno, splendore.» mi prese in giro il ragazzo che, da dietro al bancone, mi osservava divertito.
Mi portai le mani sulle orecchie e lanciai la borsa in un angolo.
«Che cazzo gridi?» biascicai, trascinandomi fino al mio armadietto.
Scott ridacchiò di nuovo, per poi fare il giro del tavolo e raggiungermi. Io tirai fuori il mio grembiule e lo indossai, cercando in vano di allacciarlo dietro la schiena. Ma per qualche dannato motivo, quel giorno, tutti i miei arti sembravano essere andati in vacanza.
«Cazzo di laccetto...» imprecai sottovoce.
Il mio capo alzò gli occhi al cielo, per poi avvicinarsi di più a me e afferrare i lembi del grembiule. Iniziò ad annodarlo e io non ribattei, più che altro perché non ne avevo le forze.
«Serata movimentata?» chiese, questa volta a un tono di voce più basso.
Io sbuffai, lasciando ricadere la fronte contro l'anta dell'armadietto.
«È questo il punto: no! Ho bevuto solo una dannata birra, non capisco da dove sia venuto fuori questo mal di testa. Io-» venni interrotta da un'altra fitta, e mi coprii il volto con le mani. «Fanculo.» biascicai.
«Ma come siamo fini, oggi.» mi derise Scott.
«Fanculo anche a te.»
Lui rise un'ultima volta, per poi avvicinarsi nuovamente al bancone. Afferrò una cartelletta e una penna, controllando attentamente la lista trascritta sopra.
«Devo fare una chiamata ai fornitori. Tu ce la fai, da sola? Se stai male puoi andare a casa...» disse, riportando per un istante quei suoi occhi verdi su di me.
«No!» esclamai subito.
Pessima idea.
Mi portai una mano alla testa dolorante, mordendomi la lingua.
«No» ripetei con un tono di voce più basso. «Ce la faccio.»
Lui mi sorrise e, senza aggiungere altro, fece per raggiungere il retro del locale. Non appena fu arrivato all'uscio, però, si fermò di colpo.
«Ah, comunque volevo dirti che mio zio mi ha spedito il fascicolo contenente tutti i tuoi dati.» disse, voltandosi nuovamente verso di me.
«E quindi?» chiesi, poggiandomi con i gomiti sul bancone.
Lui sorrise maliziosamente, al che io lo osservai con aria preoccupata.
Cosa?
«Quindi sei ufficialmente assunta, Willow.»
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Questa non è una storia d'amore
RomansaVincitrice Wattys2020 nella categoria "New Adult" «E se io provassi a baciarti?» «Ti arriverebbe un calcio proprio lì, dove non batte il sole.» Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. «Smettila di fare la cinica.» «E tu smettila di flirtare con me.» In...