42. Quando la verità viene a galla

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Come qualunque altra donna forte e cosciente delle proprie capacità feci l'unica cosa che andava fatta: andai dalla mia mamma.

Tenevo la testa poggiata sul suo grembo, mezza sdraiata sul divano, con la sua mano che mi carezzava dolcemente i capelli. Le lacrime continuavano ad uscire dai miei occhi, nonostante cercassi di essere abbastanza forte da fermarle. Feng, Cressida e Mike ci osservavano, seduti sulle poltrone.

«Mamma, dimmi cosa devo fare.» mi ritrovai a singhiozzare.

«Tesoro...»

«No.» la fermai. «Lo so cosa stai per dire. Che sono grande. Che posso risolvere tutto. Ma non voglio. Sono... sono stata una stupida, mamma. Una stupida.»

Affondai il volto nelle sue gambe.

«Non dire così, Cami...» cercò di consolarmi Mike.

«Valutiamo le opzioni.» propose Cressida, cercando di rimanere positiva.

Mia madre annuì.

«Cress ha ragione, tesoro. Ormai è fatta. Gli incidenti capitano. Ora devi essere tu a decidere cosa fare. E so che sei spaventata, ma questa è una decisione che nessuno può prendere per te.» disse dolcemente.

Annuii, passandomi una mano sul volto per asciugare le lacrime. Mi rimisi a sedere, e mia madre mi carezzò la testa con una mano.

«Pensi di tenerlo?» chiese Feng.

Ci pensai. Riflettei su cosa volesse dire avere un bambino, a quello che avrebbe comportato nella mia vita. Niente sarebbe più stato lo stesso. Niente più serate a ubriacarsi, niente più feste, niente più partenze improvvise. E con il lavoro? Come avrei fatto? Sarebbe successo che sarei andata in maternità, e una volta tornata mi sarei ritrovata tagliata fuori da tutto. Maddison non vedeva l'ora ti trovare una scusa giusta per farmi fuori. E poi, diciamocelo sinceramente, non ero pronta a fare la madre. Forse non lo sarei mai stata. A malapena ero in grado di prendermi cura di me stessa. Per non parlare dell'appartamento... ci avevo speso tutti i miei risparmi, e non era decisamente pronto ad ospitare un bambino.

«I-io... non lo so. No. Mi ci vedete a fare la madre?» singhiozzai.

«Potresti darlo in adozione.» propose Mike.

«Oppure abortire. Sei ancora in tempo, no?» continuò Fee.

Sentii le lacrime aumentare. Inconsciamente feci per portarmi una mano al ventre, ma mi fermai, come se ci fosse già veramente qualcosa lì dentro, e la sola idea di riuscire a sentirlo mi terrorizzasse.

Darlo in adozione... e a chi? E se poi un giorno fosse venuto a cercarmi e a chiedermi perché l'avessi abbandonato? Perché la tua mamma non era pronta a cambiare vita, tesoro. Questa era l'unica spiegazione che avrei potuto dargli. Abortire sembrava la scelta più sensata, eppure mi terrorizzava. Per tutta la vita ero stata convinta che il giorno in cui mi fossi trovata in quel tipo di situazione non ci avrei pensato due volte. Ma ora...

Chiusi gli occhi, cercando di visualizzarlo. Nella mia testa era una femmina. Aveva la carnagione chiara come la mia, i capelli color sabbia, una spruzzata di lentiggini. Mi assomigliava, ma assomigliava di più a lui, con quegli occhi che al sole sembravano color miele...

Era uguale identica a Scott. Perché questo era l'unico modo in cui riuscivo ad immaginarmela.

Scott...

«Mamma...» piansi, ritornando sul suo ventre. «Dimmi cosa devo fare.» pregai di nuovo.

Lei continuò a carezzarmi, come quando ero piccola.

Questa non è una storia d'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora