38. Uno struzzo che infila la testa sotto la terra

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Osservai la mia immagine riflessa nello specchio e l'unica cosa che desiderai fare fu entrare lì con lei e strangolarla.

«Che diamine hai fatto?» sbuffai, frustrata.

Ecco, alla fine c'ero arrivata. Avevo toccato il fondo. Non avevo più una dignità. Non me la meritavo neanche. Insomma... Nick? Davvero? Come mi era venuto in mente?

Sbuffai di nuovo, distogliendo lo sguardo.

Mi feci una doccia. Lunga. Sfregai la pelle il più possibile, cercando di cancellare i ricordi confusi della sera prima. Indossai i primi vestiti che trovai nell'armadio e uscii di casa in ritardo. Dovetti prendere il pullman delle undici. 

Fortunatamente trovai posto a sedere, così mi schiacciai contro il finestrino e tirai fuori il cellulare. Sullo schermo apparvero almeno sei chiamate perse, tutte di Cressida. L'avrei richiamata dopo il lavoro, in quel momento sicuramente non ne avevo la forza.

Invece, chiamai Feng.

Ovviamente rispose la segreteria telefonica. Aspettai il suono del segnale acustico, prima di iniziare a parlare.

«Ciao Fee, sono Camille. Volevo solo essere certa che stessi bene e che sapessi che puoi tornare, se vuoi.» 

Sospirai, premendomi una mano sul volto.

«Okay, no, diciamo che io ho bisogno che tu torni. Sto... sto incasinando tutto, e voglio bene a Cress ma lei non è brava a dare consigli quanto lo sei tu. Davvero Fee, la situazione è disperata. Ho... ho fatto un casino con Scott. E poi con Nick. Diciamo che ho... dato via il mio fiore proibito ad entrambi.»

La vecchietta seduta davanti a me mi lanciò un'occhiata di rimprovero, ma io la ignorai.

«Sono confusa, arrabbiata con me stessa, e non so cosa fare. Lo sai che c'è un motivo se ho sempre cercato di evitare questo tipo di situazioni, ed è che non le so gestire. Ma questa volta... è diverso.» 

Sospirai, di nuovo.

«Ci manchi, Fee. A me, a Cress, e... a Mike. Soprattutto a Mike. Devi tornare, ti prego. Domani sera c'è questa specie di gala di beneficenza, alla vecchia villa degli Hellburn. E ho bisogno della mia migliore amica.»

Il tempo per il messaggio finì, ed io mi morsi il labbro.

Scesi alla fermata dell'ufficio, costringendo il mio corpo ad attraversare il vialetto bagnato dalla pioggia. Entrai nella hall abbandonando l'ombrello accanto alla porta, per poi raggiungere la scrivania di Harry. Lui mi sorrise, e io mi accasciai esausta sul tavolo.

«Buongiorno.» salutai.

Lui non rispose. Si limitò a sorridere di più, un sorriso enorme, perfino più smagliante dei suoi soliti.

«Che succede?» chiesi, aggrottando la fronte.

Lui si morse il labbro.

«Ho chiesto a Cressida di farmi da accompagnatrice al gala di domani sera.»

Sgranai gli occhi.

«Oddio, Harry...»

«E lei mi ha detto di sì!» 

Spalancai la bocca, incredula. Mi gettai verso di lui da sopra la scrivania, stringendogli le braccia al collo. Lui parve sorpreso, ma ricambiò volentieri.

«Sono così felice per voi! Finalmente qualcosa che va per il verso giusto!» esclamai sollevata.

Lui ridacchiò, lanciandomi un'occhiata da sopra la sua spalla.

«Le altre cose che non vanno per il verso giusto hanno per caso a che fare con il fatto che Scott si è dato malato, oggi?» chiese, con voce incerta.

Questa non è una storia d'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora