26. Il testamento

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Mi sarei aspettata la pioggia, quel giorno. E invece c'era il sole. Un sole caldo e luminoso, insolito per un sabato di inizio dicembre. Un sole che mi faceva sudare sotto al vestito di velluto nero che indossavo.

Accanto a me, Adrien soppresse un singhiozzo. Le passai una mano sulle spalle, cercando di darle conforto. Iniziai a guardarmi attorno, mentre il parroco portava a termine la cerimonia. Osservai i volti abbattuti dei miei colleghi. Harry, accanto a me, teneva lo sguardo basso. I ciuffi biondi erano sfuggiti alla piega, e gli ricadevano sul viso. Già dai primi tempi in ufficio avevo notato che quell'espressione che aveva sempre stampata sul volto lo faceva sembrare un po' un bimbo sperduto. Non avevo mai capito quanti anni avesse, un'età indefinita fra i ventidue e i trent'anni. Con un accenno di stempiatura sulla fronte che mi faceva pensare fosse grande, e quegli occhi da eterno bambino che lo facevano sembrare un ragazzino.

Si strofinò il naso con il dorso della mano, e io gli strinsi il braccio per cercare di dargli conforto. 

La bara di legno lucido rifletteva la luce del sole, davanti a noi. C'erano delle rose poggiate sopra, l'erba era rigogliosa attorno alla fossa, e qualcuno aveva preso la sua cravatta preferita e l'aveva poggiata sulla cassa. Quello mi fece sorridere, nonostante mi stessi sforzando di trattenere le lacrime.

Il signor Murphy non c'era più. Ed era successo così velocemente, da un momento all'altro. Voglio dire, eravamo tutti al corrente dei suoi problemi di cuore. Ma non ci rifletti mai, no? Non ti viene da pensare che qualcuno che vedi tutti i giorni, a cui hai appena detto "ci vediamo domani", in realtà non rivedrai più.

Durante la cerimonia in chiesa molti dei miei colleghi avevano preparato qualche parola da dire su di lui. Lo avevano chiesto anche a me, nonostante io fossi l'ultima arrivata. Avevo parlato della sua ossessione per le piante, la sua testa fra le nuvole, e la sua incapacità di ricordarsi il mio nome i primi giorni. Era stato bello. Tutti avevano almeno un aneddoto divertente da raccontare su di lui. Mi ero resa conto di quanto fosse amato, e avevo cercato di ricacciare indietro le lacrime per l'ennesima volta.

Poi c'era stata una ragazza che non avevo mai visto. Forse un poco più giovane di me. Aveva i capelli blu. Non lavorava da noi. Aveva raccontato qualcosa riguardo a una gita in barca, quando era piccola. La sua voce aveva un accento strano, europeo. Poi mi ero ricordata di quando Hugh mi aveva raccontato di sua nipote, in Inghilterra. 

La osservai, ora, di fronte a me a qualche metro di distanza. Con un paio di grandi occhiali da sole neri che le coprivano il viso, la pelle chiara costellata di lentiggini e le labbra sottili. Si passò una mano sulla guancia, per asciugare una lacrima che le rigava la pelle. Quei capelli dal colore assurdo la facevano risaltare in mezzo alla folla. 

Il prete terminò il sermone. La ragazza si avvicinò alla cassa di legno, si portò una mano alle labbra e poi alla superficie lucida. Rimase ferma per alcuni secondi, ma alla fine si tirò indietro, lasciando spazio alle persone che si stavano accalcando dietro di lei. Cercai di seguirla con lo sguardo, ma la persi nel marasma di persone. Adrien mi abbracciò, cercando conforto, ed io sospirai. 

«Vado... vado a parlare con il parroco.» singhiozzò tra le mie braccia, asciugandosi le guance nere dal mascara che era colato.

Io annuii. La osservai allontanarsi verso la folla accalcata attorno alla bara, rimanendo in disparte. Sospirai, schiarendomi nervosamente la gola.

«Avrebbe odiato tutto questo.» mormorò qualcuno accanto a me.

Io mi voltai di colpo. Accanto a me, la ragazza dai capelli blu teneva lo sguardo fisso davanti a noi. Alzò gli occhiali da sole sul capo, scoprendo un paio di occhi blu come i capelli. Ora che la osservavo da vicino riuscivo quasi a vedere un po' di lui nei suoi tratti. Le labbra, le orecchie da elfo, le sopracciglia folte...

Questa non è una storia d'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora