23. James

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HARRY

Se avessi la possibilità di rivivere un singolo momento in tutta la mia vita, sceglierei quello di questa sera. L'esatto momento in cui Barbara si è lasciata andare, si è concessa di baciarmi con la foga che nascondeva quanto, in realtà, volesse baciarmi da tempo. Non è stato un bacio come gli altri e ciò mi spaventa, perché non ho mai investito sentimenti in qualsiasi rapporto io abbia mai avuto con una ragazza. In realtà, se ripenso al tipo di ragazze che frequentavo, mi viene il voltastomaco.

Erano l'opposto di Barbara.

Il modo di vestire era diverso, il modo di parlare era diverso. Loro erano volgari e non le sfiorava minimamente il fatto di esserlo agli occhi degli altri; mentre Barbara dà peso ad ogni singola parola, sembra valutare quanto questa possa essere giusta o sbagliata, se detta in un momento opportuno o meno. Adoro questo lato di lei: quello timido, ingenuo, semplice ma al contempo complesso, per le sue idee così dannatamente diverse dalle mie e dalle persone che frequento di solito.

Cosa cazzo mi sta succedendo?

Da quant'è che sono così romantico?

Questa parola ha uno strano sapore sulle mie labbra e quasi mi si accappona la pelle. Mentre ci penso su, lascio che la rabbia per James prenda il sopravvento, nel momento in cui guido verso il posto in cui sono sicuro di trovarlo.

Quando arrivo al capannone di James è buio pesto ed è mezzanotte passata. Non si sente nulla qui intorno, ma vedo l'auto parcheggiata a confermarmi la sua presenza. Raggiungo velocemente la porta d'ingresso e sento già l'adrenalina scorrermi nelle vene. È una sensazione così bella prendere a pugni qualcuno, che il solo pensiero di farlo basta già a gasarmi. Quando spalanco la porta, noto James seduto, con altri uomini, intorno ad un tavolo. Dal mio posto, riesco a vedere la droga, il bilancino ed i cucchiai. All'inizio non sembrano accorgersi della mia presenza, ma poi James solleva lo sguardo su di me e mi fissa con un sorriso sinistro.

È fatto, lo so. Conosco benissimo quella sensazione.

Non mi rivolge la parola, come gli altri due uomini con lui, ma al contrario china leggermente la testa e porta alle narici il cucchiaio, tirandone su parecchia. È uno spettacolo disgustoso, ma sono un'ipocrita ad ammetterlo quando sono il primo a farlo. Stanco della sua non curanza, mi schiarisco la voce.

«Allora, qual è il discorso che abbiamo in sospeso?» Stringo i pugni lungo i fianchi notando che non accenna a prestarmi attenzione. Vorrei rovesciare il tavolo solo per dargli fastidio.

«Ragazzi, guardate chi si è fatto vivo» mi canzona, mentre gli altri due, come due cagnolini, fingono di prestarmi attenzione solo perché lui ha dato loro il permesso di farlo.

«Rispondi alla mia domanda». Sibilo. Non glielo ripeterò di nuovo, passerò direttamente all'azione.

«Voglio che tu valuti l'offerta di unire le nostre due società, se così possono essere definite.» Ride e mima le virgolette con le dita. «Non serve a nulla portare avanti questa faida. Sai che beneficerebbe entrambi unire le forze. Potrei aiutarti a trovare roba più facilmente con i miei contatti». Rimette giù il cucchiaio e si pulisce il naso con il dorso della mano. Poi chiude gli occhi per pochi secondi per godere dell'effetto che la droga ha su di lui.

James ha sempre voluto unirsi al mio gruppo. Cercava di entrare nelle mie grazie, solo perché in realtà la maggior parte della nostra fortuna dipende da Pablo, figlio di madre colombiana e padre americano, che riesce a procurarci droga più di quanto il gruppo di James riesca a fare. Riusciamo ad importare merce dalla Colombia grazie a Pablo, che si preoccupa di passare inosservato agli occhi della polizia utilizzando la massima discrezione, una delle sue maggiori peculiarità. Al momento della formazione delle due società, Pablo ha scelto di unirsi a me e James non lo ha mai accettato.

«Non ho intenzione di unire un cazzo, James. Ne abbiamo già parlato.» Mi limito a dire, sperando segretamente che la cosa finisca qui, perché, in caso contrario, sarei costretto a fargli del male. Non che mi dispiace, sia chiaro, ma non vorrei ritrovarmi i suoi sostenitori alle calcagna con tutti i problemi che già ho.

«Hai sempre voluto ciò che mi spettava!» Urla e scatta improvvisamente in piedi, avvicinandosi a me cautamente con il dito puntato nella mia direzione. La luce soffusa gli illumina una sola parte del viso, mentre l'altra resta in penombra. So che sta parlando del posto in cui ci incontriamo per gli scambi, che è sempre stato quello più sicuro e difficile da trovare, e di Pablo, la nostra più grande risorsa.

«Non tutti accettano di arrivare secondi». Ribatto sorridendo.
Non ho paura di lui.
È più grosso di me, molto di più, ma io sono più agile.

Quando cerca di sferrarmi un pugno, mi manca, così ripete l'azione, ma inutilmente.
È così fatto che non riesce a mettere a fuoco la mia figura. Mi avvicino e gli blocco entrambe le mani con una sola delle mie, mentre con l'altra ricambio il colpo stordendolo definitivamente. Quando cade a terra, lo sento mugugnare qualcosa, lamentarsi per il dolore forse.
Gli altri due non accennano ad alzarsi; forse sanno che sarebbe inutile.

Mi volto e cammino verso l'uscita, ma una frase di James cattura la mia attenzione e mi fa bloccare sui miei passi.

«Preoccupati di tenere al sicuro Barbara.» E con questo è come se si addormentasse. Un brivido mi percorre al pensiero che Barbara ora sia coinvolta in tutto questo per causa mia, solo a causa del fatto che io sono come sono e non posso farci nulla. La mia vicinanza comporterebbe solo danni, ma se fosse così facile starle lontano, lo farei.

Salgo in auto e colpisco ripetutamente il volante, pensando al fatto che io riesca a danneggiare qualsiasi cosa io tocchi.

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