Erano i primi di settembre quando Harry, come ogni settimana dalla morte dei suoi genitori, si era recato al cimitero per far loro visita. L'aria ancora calda attraversava la sua camicia nera; quel nero che aveva scelto di indossare da quel giorno e che aveva assorbito tutte le sue emozioni, rendendolo apatico ed indifferente a tutto. Durante i mesi estivi, Harry non era andato spesso a trovarli, e per questo si sentiva in colpa - per quanto potesse sentirsi in colpa un tipo come lui -. Era stato troppo impegnato con i suoi affari; quegli affari dai quali gli stessi genitori, umili e buoni come il pane, avevano cercato di tenerlo lontano. Ma loro non c'erano più, ed Harry non era più costretto a sottostare alla loro volontà. Sebbene pensasse che, in qualche modo, potessero essere delusi dal suo comportamento, e che lo guardassero dall'alto -in qualsiasi posto ora si trovassero - ad Harry non importava. Il loro giudizio non era più qualcosa di cui Harry doveva preoccuparsi e, nonostante volesse bene ad entrambi, ora che erano morti, aveva chiuso a chiave le emozioni che riservava soltanto a loro, liberando odio e rabbia verso quel destino, fin troppo crudele, che glieli aveva portati via troppo presto.
«Sarebbe dovuta andare diversamente»
Era questo ciò che gli ripetevano tutti. Ed Harry sapeva che non era ancora arrivato il loro momento, che sperava che, in qualche modo, i suoi genitori avessero potuto vedere il loro unico figlio laureato, con un ottimo lavoro che gli piacesse e gli garantisse uno bello stipendio e, perché no, una famiglia da amare. Ad Harry piaceva l'idea dell'avere una famiglia e sempre più spesso, all'età ormai di ventitré anni, si chiedeva se, tra tutte le sue avventure - che ai suoi genitori non andavano giù - fosse riuscito a trovare una persona che potesse stargli accanto e che fosse andata più che d'accordo con sua madre.
Harry, però, non era più il ragazzo di una volta. Harry non rideva più, almeno non rideva più con il cuore. Sorridere era diventato ormai un gesto meccanico; un gesto che si costringeva a fare per non risultare pesante e petulante agli occhi dei suoi amici. Harry era diverso da loro, non aveva niente in comune con loro, e per un po' di tempo, si era convinto che frequentarli non avrebbe portato a niente di buono. Ma poi si sdraiava e rifletteva sul fatto che non gli era rimasto più niente, che doveva trovare un modo per uscire da quello stato in cui si trovava, ed allora era stato lui stesso a cercarli. Si era avvicinato a loro pur di non restare da solo con i suoi pensieri; pensieri che comprendevano il sorriso di sua madre e la voce grave di suo padre. Ormai i suoi non c'erano più e lui era grande abbastanza da poter fare quel che voleva.
A volte si sedeva sul prato umido di fronte alla loro lapide e restava per ore a fissarla, come se da un momento all'altro fossero tornati. Poi quando diventava buio, perdeva ogni speranza e tornava a casa, non la sua, perché quella l'aveva lasciata dopo quel giorno. Non sopportava l'idea di dover vivere dove prima c'erano loro. Non riusciva a dormire nella sua stanza senza sentire il costante russare del padre -che era arrivato ad odiare - ma che adesso avrebbe fatto di tutto pur di riascoltare. Non riusciva a pensare di svegliarsi e di non trovare Anne in cucina, in piedi davanti al bancone, a preparargli il caffè.
Harry adesso viveva in un appartamento in periferia con i suoi amici. Un appartamento abbastanza grande da ospitare quantità esorbitanti di alcol, ragazze e qualcos'altro di molto più pericoloso.. qualcosa che per Harry era diventata l'unica fonte di guadagno.
Ora Harry non credeva più di poter avere una famiglia felice; non credeva nell'amore, come faceva un tempo, quando riceveva l'amore dei suoi genitori. Harry soffriva, ma tentava di nasconderlo indossando un' armatura fatta di rabbia ed indifferenza verso qualsiasi cosa lo toccasse. Non aveva nessuno di cui fidarsi e, sebbene frequentasse tante persone, in cuor suo, sapeva di non poter contare su nessuno di loro. In fondo, era consapevole di essere diverso dagli altri, di non aver bisogno di tutta quella roba per essere felice, ma dov'era finita la felicità ora che i suoi se ne erano andati?
Harry aveva abbandonato l'università; quella stessa università che aveva iniziato per poter diventare qualcuno e per rendere felici i suoi genitori, che avevano lavorato notte e giorno per permettergli di frequentare uno dei college più importanti di Londra. Harry era nato a Londra, ma non trovava più alcun senso nel dover restare dopo la loro morte. Aveva così deciso di trasferirsi, lontano da qualsiasi cosa gli ricordasse la sua vecchia vita. Washington era stata la sua rovina, perché era qui che Harry si era trasformato nella persona che non avrebbe mai e poi mai voluto essere.
Ogni mattina si alzava con un mal di testa sempre più forte del precedente, dovuto a più di una semplice bevuta con gli amici, e si vergognava di essersi ridotto in quello stato. Si guardava allo specchio e notava le occhiaie che gli contornavano gli occhi verde smeraldo, quegli occhi che la madre elogiava ed etichettava come i più belli che avesse mai visto. Poi indossava la sua armatura, evitando che le emozioni penetrassero rendendolo vulnerabile e si preparava ad affrontare una nuova giornata, uguale a tutte le altre. Lavorava - se lavoro poteva essere definito ciò che faceva - e la sera, quando tornava a casa, lo attendeva una festa uguale esattamente a tutte le altre organizzate dai suoi amici all'interno del loro appartamento. Beveva e cercava di divertirsi; un divertimento visto come via di fuga da tutti i suoi tormenti. Harry sapeva che quel tipo di divertimento non faceva per lui, eppure in quel momento gli sembrava la cosa più giusta che esistesse. L'alcol lo rendeva forte. Il liquido che si costringeva a buttar giù bruciava la sua gola insieme ai ricordi della sua famiglia; quella famiglia che gli mancava più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Ogni anno, a settembre, era diventata sua abitudine andare al campus della Washington State University, che non si trovava poi così lontano dal suo appartamento. Indossava la maschera da ragazzo duro ed andava a caccia di prede; le matricole erano le sue preferite. Le ragazze inesperte ed ancora ignare di cosa si nasconda dietro corsi ed esami, lo attiravano sempre di più. Così, in compagnia dei suoi amici, scendeva dalla macchina in quel suo modo affascinante, perché diciamolo, Harry era tanto incasinato quanto bello, e si appoggiava alla portiera, con la sigaretta tra le labbra, mentre pensava su chi posare lo sguardo. Poi, ogni anno accadeva sempre la stessa cosa: i genitori che salutavano i figli lo rendevano troppo vulnerabile, ed Harry non accettava quella vulnerabilità. Harry voleva espellerla come faceva con l'alcol dopo ogni sbronza nel suo appartamento o in uno dei tanti dei suoi coetanei. Mentre li fissava, però, segretamente, senza farsi notare da nessuno, iniziava a chiedersi come sarebbe stato se sua madre e suo padre lo avessero abbracciato e baciato prima di iniziare il college che voleva tanto fare. Pensava che magari allora avrebbe rifiutato le loro dimostrazioni d'affetto, perché lo avrebbero imbarazzato, ma adesso quell'abbraccio lo desiderava e come; solo che non poteva averlo.
Harry sapeva che non sarebbe mai ritornato il ragazzo felice di una volta, ora che di quella felicità era rimasta solo la cenere che lasciava cadere a terra quando fumava una delle tante sigarette. Suo padre e sua madre non avrebbero mai voluto che Harry fumasse. Ma loro non c'erano più, ed ancora una volta, Harry si ripeteva di non dover dar retta a nessuno.
Harry era distrutto, anche se cercava di non darlo a vedere.
Harry pensava fosse più facile andare in frantumi, che rimettere insieme i pezzi.
Aveva tutte ai suoi piedi. I suoi occhi verde smeraldo erano capaci di catturare chiunque. Ma ad Harry non importava di nessuna, almeno fin quando non era stata lei a catturare, per la prima volta, lui.
***
Terza storia per me su Harry!! Spero vi piaccia e vi aspetto nei commenti per conoscere i vostri pareri. Un bacio :)
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DIVERTISSEMENT
FanfictionHarry Styles, ventitré anni, è uno dei ragazzi inglesi più belli ed incasinati di Washington. Persi i genitori, Harry non sa più cosa farsene della sua vita. Il suo rifugio? Il divertimento. Quello stesso divertimento definito da Blaise Pascal, filo...