16. Terzo grado

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Chiudo la porta alle mie spalle ed appoggio la giacca di Harry sull'appendiabiti. Gigi è a pochi passi da me, seduta al tavolo della cucina, che mi fissa come se fossi una sconosciuta entrata in casa sua per la prima volta. I capelli lontani dal viso legati in una crocchia disordinata ed una tazza fumante, che si abbina perfettamente alla fredda giornata di oggi, di quello che so essere caffè tra le mani. Le sopracciglia sono aggrottate e posso giurare di vedere le milioni di domande che vuole porgermi ricorrersi nella sua testolina.

Mi volto di spalle per evitare il suo sguardo indagatore ancora su di me e la saluto con un bacio sulla guancia, per poi camminare il più velocemente possibile verso la camera che condividiamo, sperando silenziosamente che non mi chieda nulla.

«Dove pensi di andare?» Sono ancora di spalle, ma capisco che ora non è più seduta, dato il rumore della sedia e della tazza appoggiata in lavastoviglie. Faccio retro-front e mi volto verso di lei.

Mi sento come se avessi fatto qualcosa di sbagliato e fossi stata colta con le mani nel sacco. Sospiro e cammino verso il tavolo, fino ad occupare il posto accanto a quello in cui sedeva lei. Mi passo una mano nei capelli, già consapevole del fatto che adesso partirà il terzo grado.

«Eri in biblioteca, giusto?» Mi chiede ed io annuisco. Non ricordo nemmeno a quanto risale l'ultima volta in cui ho passato del tempo con un ragazzo che non fosse uno dei miei migliori amici, e mi fa un po' strano adesso doverne parlare con Gigi, perché so che non si fermerà a quello che le dirò, ma penserà sempre oltre, ingigantendo la cosa.

«Come hai fatto a tornare senza neanche un capello bagnato? E poi» si schiarisce la voce. «Quella non è la tua giacca». Ed indica la giacca di pelle nera di Harry. Io vorrei sparire o dileguarmi, qualsiasi cosa delle due mi permetta di darmela a gambe il più velocemente possibile.

So che non posso non dirle di Harry, per due motivi principali: il primo è che verrebbe a scoprirlo comunque; il secondo è perché io e lei non abbiamo segreti o filtri.

«È di Harry». Rispondo come se stessi ammettendo un errore che ho commesso. Lei sgrana gli occhi e le sue labbra si curvano in un..sorrisetto?

«Stiamo parlando di quell'Harry? Lo stesso Harry dagli occhi verdi, i capelli lunghi, aria misteriosa e sexy allo stesso tempo..» e prende a fare su e giù con le sopracciglia. Sento le guance ardere... questa situazione è al limite dell'imbarazzante.

«Proprio lui». Sospiro e mi alzo per prepararmi una tazza di caffè che saprà darmi la giusta carica per affrontare la conversazione che mi aspetta. Gigi mima un due con le dita facendomi intendere che gradirebbe volentieri un altro caffè. All'improvviso, il ripiano della cucina mi sembra la cosa più interessante che io abbia mai visto e decido di non voltarmi, almeno fino a quando i due caffè non saranno pronti.

Ma questo momento arriva troppo in fretta, ed io sono costretta a tornare da lei. Un mix di curiosità ed allegria nei suoi occhi.

«È inutile che continui ad evitare la conversazione o a rispondermi a monosillabi. Dovresti conoscermi, dannazione, e sapere che non ti lascerò andare fino a quando non avrai completamente sputato il rospo».

Vorrei dirle che so benissimo che sarebbe capace di legarmi su questa esatta sedia, fino a costringermi a raccontarle tutto nei minimi dettagli, anche sotto tortura.

Così le dico di Harry in biblioteca, delle sue scuse e del nostro battibecco subito dopo. Le dico anche del fatto che è stato lui a riaccompagnarmi a casa e a prestarmi la giacca per evitare che mi bagnassi. A questo punto, unisce le mani sotto al mento con fare teatrale e sussurra un flebile "romantico", prima di spronarmi a continuare. Le dico del suo pseudo invito/costrizione ad uscire domani e lei sgrana gli occhi.

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