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Alla fine, due settimane fa, a casa di Keke, ci sono andata, ovviamente non alle quattordici precise dato che ne io ne lei sappiamo bene cosa significhi essere puntuali.

Sembra che alla fine il rapporto sia tornato quello di una volta ed era la cosa che mi premeva maggiormente.

"Beh sei felice che alla fine tutto si è risolto? Credo che questo possa essere il motivo più grave per il quale proteste mai litigare e se siete riuscite a superare questo, supererete tutto. Gli amici vanno e vengono, ma alcuni, i più preziosi, rimarranno e lei credo sia una di questi ultimi. Peccato però, dov'è il mio divertimento? Sarebbe stato ancora più divertente vedervi tenere il broncio a vita. Per fortuna che con Josh non ci hai più parlato e almeno mi diverto in quest'altra situazione.
Strano, nonostante voi siate in classe insieme, nonostante il torto tu l'abbia fatto a Keke e non a lui, nonostante non abbia nessun motivo per continuare ad essere incazzato.
Non sarà che il motivo per il quale non ti rivolge parola non è come ti sei comportata con Keke ma piuttosto qualcosa di personale?
Hai mai pensato all'opzione che magari al posto di Brenton ci voleva essere lui?
Non è che stiamo confondendo questo sentimento quando invece si tratta di gelosia?"

"Perché continui a insistere sul fatto che tra me e lui ci sia qualcosa?"

"Perché continui a negare l'evidenza? Mi pare di avertelo detto, non è neanche difficile arrivarci. Questa volta ti ho solo aperto gli occhi, è evidente. Non è divertente neanche questo, troppo semplice, troppo banale".

"Allora rendi la cosa più interessante che mi voglio divertire anche io o smetti di tormentarmi"

"Mi pare tu abbia conosciuto... come si chiama, quel nome inconfondibile che solo a pensarlo ti viene la pelle d'oca"

"Se parli di pelle d'oca secondo te provocata dalla gelosia senza dubbio ti riferisci a Charlotte"

"Oh si, vedi, mi hai capito al volo"

"Non so se fosse lei la Charlotte di cui mi avevi parlato"

"Era proprio lei e tu neanche l'hai guardata, potevi finalmente capire di chi si trattasse e non ti sei neanche voltata. Rimorsi?"

"Ti ripeto, non mi interessa, non sono gelosa" e allora questo nodo alla gola?

"Sai mentire molto bene, mi sbaglio o oggi c'era il ballo della scuola?"

"Non ci sono andata"

"Strano, una ragazza popolare come te che salta un evento organizzato dalla propria scuola"

"Non sarà nulla di che, avrei preferito vedermi una serie tv su Netflix ma mi hai chiamata te a rovinarmi la serata. Non ti sei ancora stancato dopo tre settimane?"

"Sono solo all'inizio dell'opera dolcezza. Quale serie tv?"

"Credo 'Casa di carta'"

"Interessante il ruolo del professore vero? Non ti ricordano un po le nostre chiamate quelle che lui fa con l'ispettrice?"

"Per fortuna non arrivi a chiedermi cosa indosso oggi" ridacchio.

"Che senso avrebbe chiedertelo se gia lo so? Ha stile il pigiama con le paperelle, a breve questa foto sarà su tutti i giornali della scuola."

"Ma cosa stai dicendo?"

"Domani lo scoprirai, è una sorpresa, non ti posso rivelare nulla adesso. Ora perché invece non ci vediamo la serie tv insieme? A che puntata sei?"

"Prima mi devi spiegare cosa hai intenzione di fare" come se me lo dicesse realmente.

"Io sono alla seconda stagione" risponde lui, sbuffo rassegnandomi al fatto che devo aspettare domani e che adesso non mi avrebbe mai anticipato la "sorpresa" o come la vuole chiamare lui.

"Anche io, terzo episodio."

Ci mettiamo a guardarlo realmente insieme, a ridere, a preoccuparci e a fare battutine sarcastiche per qualche scena particolarmente accattivante.

Potrebbe diventare anche il mio migliore amico se non pensassi che io sono un suo "ostaggio". Si, un ostaggio, proprio come lo è Monica
Gaztambide per Denver: Mi tratta in modo clemente ma devo rispettare le sue regole, non so il motivo per il quale mi trovo a parlare con lui e probabilmente lui fa tutto ciò perché magari prova qualcosa per me.

Se provo qualcosa per lui? Certo che no, dato che si è presentato come un maniaco che potrebbe arrivare ad uccidermi.

"Tu ne eri al corrente dell'esistenza della sindrome di Stoccolma?" Gli chiedo.

"Il soggetto affetto dalla sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all'amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice. Si, ne ero al corrente, è quello che sta succedendo anche a te?"

"Ovvio che no" mi parte una risata isterica.

"Mi hai offeso"

Leggo sullo schermo: chiamata terminata e tiro un sospiro di sollievo anche se non é giusto, non abbiamo ancora finito di vedere la puntata.

Lo aspetto per circa dieci minuti e alla fine decido di perderci le speranze.

Dovrei aspettarlo o posso finirla da sola? Lo schermo si illumina nuovamente.

Rispondo senza neanche vedere chi sia, sono sicurissima che sia di nuovo lui.

"Kat?" A quella voce sgrano gli occhi.

"Josh?"

"In persona"

"Sei ubriaco?" Non so se lo sto chiedendo più perché non riesco a credere che ci sto riparlando dopo due lunghe settimane o per il fatto che è realmente ubriaco e si capisce chiaramente dalla voce.

"Ti ho chiamato circa tre volte ma eri occupata, oggi pomeriggio non mi hai dato neanche una risposta, anche un no mi sarebbe andato bene"

"Ma di cosa parli?"

"Ora fai anche finta che non sai neanche di cosa io stia parlando? Ti avevo lasciato un biglietto chiedendoti di andare insieme al ballo per chiarire e te non ti sei presentata, ti ho aspettata due ore"

Scusami? Hai usato il termine 'aspettare' per caso?

"Lo sai come si fa a riconoscere se qualcuno ti ama? Ti ama veramente, dico? secondo me, nel tuo caso è una cosa che ha a che vedere con l'aspettare. Se è in grado di aspettarti, ti ama."

"Sei ubriaco? Cosa stai dicendo?"
Sono ancora più scioccata.

"Avevo lasciato un biglietto nel tuo armadietto a scuola" continua a dire.

"Non ho ricevuto nulla, Dove sei che ti vengo a prendere?"

-23/07/2018

Unknown boyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora