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Il giorno seguente Peter tornò nell'ufficio di Alex. «Ti ho portato i dati che mi hai chiesto.» le disse porgendole un CD.

Alex era di nuovo sul pavimento a lavorare. «Grazie, puoi metterlo sulla scrivania per favore?»

«Ti ho portato anche un caffè.» Allungò l'altra mano e glielo porse.

Gli occhi le si illuminarono. «Caffè! Mi serviva proprio. Credo di esserne dipendente.» Prese la tazza ed andò ad accoccolarsi sulla poltrona. «Buono. Caldo.»

Chiuse gli occhi per poter assaporare il momento di relax. Il vapore saliva verso il suo viso portandosi dietro il forte aroma.

Peter la guardò un istante senza parlare, poi sembrò farsi forza e cominciò «Alex, ascolta...» Bussarono alla porta. «Ciao.» Paul era fermo sulla soglia e la guardava, poi guardò Peter. «Disturbo? Sei occupata?»

Alex non riusciva a credere ai suoi occhi: aveva passato le ultime settimane senza vederlo ed ebbe paura che quella visita del tutto inaspettata fosse frutto della sua immaginazione. La mente si concentrò sul proprio aspetto e si chiese se Paul potesse trovarla carina.

E poi si diede della stupida.

«No, facevamo una pausa.» riuscì a rispondergli dopo una frazione di secondo di troppo.

Paul continuava a guardare Peter, finché non disse chiaramente «Peter, puoi scusarci? Ho bisogno di parlare con Alexandra.» Lei si irrigidì. Non le era mai piaciuto il suo nome completo. Sentirlo pronunciare da Paul poi, aggiungeva altra tensione. Il modo in cui la sua voce morbida avvolgeva quelle lettere dure, era come se volesse costringere la ragazzina Alex a lasciar posto alla donna Alexandra.

Peter lo guardò come un bambino al quale avessero appena rubato un giocattolo. Paul invece gli sorrideva soddisfatto, come avrebbe fatto il ladro di quel giocattolo.

«Ci vediamo più tardi, Alex.» la salutò e uscì dalla stanza guardando ancora Paul negli occhi un'ultima volta.

Rimasto solo con lei, Paul si guardò intorno. «Come mai tutti questi fogli sul pavimento?»

Alex era imbarazzata. Non era pronta a quell'incontro. «Scusa... Il fatto è che trovo molto comodo lavorare per terra. Mi sembra di avere tutto sotto controllo.» Cosa che invece non le riusciva con i suoi sentimenti. «Di che volevi parlarmi?»

Si alzò dalla poltrona per tornare a sedersi tra le sue carte, voleva rientrare nel suo piccolo mondo protetto, fatto di dati, numeri, certezze. Era nervosa e si innervosì ancora di più quando lui inaspettatamente le si sedette accanto.

«Mi dispiace averti abbandonata in mezzo alle scartoffie, ma ho avuto da fare in osservatorio.»

«Nessun problema. È un lavoro che comunque deve essere fatto.» Alex non poté fare a meno di notare quanto fosse affascinante nonostante indossasse dei semplici jeans e una maglia blu.

«Ma ora sono qui per salvarti.» Le rivolse uno dei suoi sorrisi che erano in grado di renderla inerme e irrequieta allo stesso tempo.

Cominciarono così a parlare dei metodi da utilizzare per l'analisi dati. Alex gli mostrò il lavoro che aveva svolto fino a quel momento, mentre Paul annuiva ascoltandola attentamente.


Quando fu ora di pranzo Alex si alzò. «Vado a prendere qualcosa al bar. Che ti porto?»

Si alzò anche lui. «Aspetta, vengo con te.»

«No, non c'è bisogno.» Sollevò le mani per fermarlo. «Dimmi cosa vuoi, te la prendo io.» Aveva bisogno di allontanarsi da lui perché il cuore potesse ricominciare a battere a un ritmo normale.

La scelta difficileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora