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Passarono tre giorni e di Nick neanche l'ombra.

Le aveva promesso che l'avrebbe accompagnata alla festa, ma non si era fatto sentire per informarla di dove, come e quando sarebbe arrivato a Berkeley.

Più volte Alex era stata tentata di richiamarlo per assicurarsi di aver capito bene o che non avesse cambiato idea, ma le sembrava a dir poco scortese dubitare di lui. D'altra parte, se non fosse arrivato, non sapeva proprio chi portare a quella dannata festa. Aveva sfidato Paul apertamente. Presentarsi da sola avrebbe significato ammettere la sconfitta. La sconfitta di una battaglia che molto probabilmente si svolgeva solo nella sua testa, visto quanto poco lui si fosse interessato a lei negli ultimi giorni.

Non avevano più parlato dopo che l'aveva invitata e l'unica volta che l'aveva intravisto da lontano, era stato il giorno prima a mensa al fianco della indefessa Caren. Sempre così vicini, sempre così intimi da risultare nauseanti.

Voleva farlo ingelosire. Doveva farlo.

Persa in quei pensieri di vendetta, studiava nuovi metodi per inventare bamboline voodoo per Caren che comprendessero lo scolorimento dei capelli da rosso ramato a rosa sbiadito o la comparsa di cellulite sulle sue lunghe gambe.

Gli occhi fissi sul telefono, aspettando una telefonata di conferma di Nick, che continuava a non arrivare. Si accorse che le nove erano passate da un pezzo. Il suo stomaco reclamava una cena e restare lì non avrebbe indotto Nick a chiamare. Si alzò puntando le mani sulla scrivania. Sarebbe tornata a casa e gli avrebbe telefonato il giorno dopo, sperando di non sembrare ansiosa o scortese.

Bussarono alla porta. Alex sorrise pensando fosse Peter che le ricordava l'esistenza di un mondo al di fuori di quell'ufficio. «Sì, entra pure.»

La porta si aprì e, invece di Peter, fece il suo ingresso un Nick radioso e rilassato. «Ciao, mio dolce angelo.»

Il cuore le si riempì di una gioia intensa. Corse fuori dalla scrivania e gli saltò al collo. «Sei qui!»

La abbracciò teneramente. «Te l'avevo promesso. Sono venuto il prima possibile.»

Non riusciva a credere ai suoi occhi: Nick era a Berkeley. Lo guardava e ancora non ci credeva. I capelli folti, la sua pelle scura, gli occhi profondi. «Grazie. Grazie. Non so davvero come ringraziarti.»

La guardò negli occhi e, come per risponderle, le prese il viso tra le mani e la baciò.

Accadde così in fretta e in modo così naturale che non la infastidì affatto. Anzi, la turbò capire che avrebbe voluto non la lasciasse andare mai più. «Nick, io...»

«Tu cosa?» la interruppe. «Era un bacio di benvenuto. Ti è dispiaciuto? Perché se è così sarò costretto a riprendermelo.»

Lo guardò senza capire, ancora stordita dalla sensualità della sua lingua. «Che stai dicendo?»

«Aspetta, ora me lo riprendo.» Chinò con decisione le labbra sulle sue e la baciò ancora.

Quell'uomo sapeva quando scherzare e quando fare sul serio. Le accarezzava la schiena e la nuca. Riusciva a farla sciogliere e ardere allo stesso tempo.

«Uhm... Per la serie "Shakespeare ci fa un baffo".» scherzò lei quando si separarono. «Quando sei arrivato?»

«Oggi. Il tempo di passare in albergo a lasciare la valigia e darmi una rinfrescata.»

«Perché non me lo hai detto? Sarei venuta a prenderti all'aeroporto.»

«Volevo farti una sorpresa.»

«Beh, ci sei riuscito.»

Nick le sorrise compiaciuto. «Che ne dici di cenare insieme?»

«Con vero piacere. Dove mi porti?»

«Dimmi tu. Dove vuoi che ti porti?»


Seduti al tavolo del ristorante, uno di fronte all'altra, ridevano insieme, parlarono delle cose che avrebbero dovuto dirsi a New York: famiglia, amici, cinema, libri, gusti culinari. Involontariamente, o forse consapevolmente, stavano ritardando la questione spinosa che li aveva portati lì. Al termine della cena quindi Nick prese coraggio e affrontò il discorso. «Allora, parlami un po' di questa festa.»

Alex si agitò nervosa sulla sedia. Gli spiegò la situazione, cercando prima di tutto di non ferire i suoi sentimenti. Lui la guardò negli occhi per tutto il tempo e continuò a farlo anche quando ebbe finito. Bevve un altro sorso di vino. «Quindi non sa che sarò io ad accompagnarti.»

Lei scosse la testa.

«L'avevo immaginato. Altrimenti me lo sarei ritrovato a New York e non so se sarei qui adesso.» Scosse la testa come per scacciare un pensiero. «Bene. Vorrà dire che gli faremo una bella sorpresa.»

Alex lo guardò perplessa. «Nick, sai a cosa stai andando in contro, vero?»

Lui le prese la mano e se la portò alle labbra. «Andiamo. Ti accompagno a casa.»


Alex aprì la porta del suo appartamento e accese le luci. «Eccoci arrivati. Questa è casa mia.»

Nick si guardò intorno apprezzando il suo gusto nell'arredamento. «Davvero carina. Rispecchia la tua personalità.»

«In che senso?» chiese incuriosita dal commento.

Ora la guardava in maniera provocante. «È semplice, elegante...» Le si avvicinò lentamente.

Alex cominciò a capire quello che stava facendo. Pensò di prendere tempo. «Vedi, qui c'è il salotto.» Non era pronta ad una serata del genere, ma nemmeno immune al suo fascino.

Lui continuava a camminare verso di lei. «Affascinante.»

Ebbe l'impressione che stesse deliberatamente ignorando quello che diceva. «Di là c'è la cucina, il bagno...» Non riusciva a distogliere lo sguardo da lui. I suoi occhi l'avevano catturata. Sembrava un puma che avanza lentamente prima di scattare con un balzo sulla preda. «Sexy.» Camminò fino a lei, fino a quando non la raggiunse obbligandola con le spalle contro il muro della cucina. Nei suoi occhi Alex poteva vedere lo stesso desiderio che sentiva crescere in lei.

E poi accadde.

Nick la baciò, con dolcezza e sensualità. Con la lingua accarezzò l'interno della sua bocca, provocandole un fremito di piacere lungo la schiena. Le mani cominciarono ad accarezzarle i fianchi, le spalle, i seni. Poi le mise un braccio intorno alle gambe e la sollevò da terra. «E dov'è la camera da letto?»

Lei, ormai sopraffatta dall'eccitazione, le indicò la direzione con un cenno della testa. Nick la stese sul letto, si tolse le scarpe e le tolse a lei. Tornò a baciarla sulla bocca, mentre le slacciava i pantaloni; li fece scivolare accarezzandole le gambe, per poi tornare verso l'alto, lungo l'interno cosce. Le sfilò la maglia dalla testa e si fermò un momento a guardarla in reggiseno e mutandine. «La mia immaginazione non ha mai reso giustizia alla tua bellezza.» La voce rotta dall'impazienza. Alex arrossì e sorrise. Si inginocchiò, gli slacciò la cintura dei pantaloni, li lasciò cadere alle caviglie e spostò la sua attenzione ai bottoni della camicia, mentre Nick liberava quelli dei polsini. Rimasti quasi nudi, ripresero a baciarsi più intensamente. Nick la spinse indietro stendendosi sopra di lei. Il suo petto, il bacino, le gambe, tutto il suo corpo premeva sulla pelle morbida di lei. Con le mani le accarezzava il seno, spostando la stoffa leggera del reggiseno; poi la lingua prese il loro posto, stuzzicando i capezzoli fino a farli diventare duri. Con un gesto le sfilò le mutande; poi si liberò dei boxer e lei del reggiseno.

Lapassione li aveva travolti completamente: ansimavano, si baciavano, si accarezzavano.Le baciò il collo, il seno, scendendo fino al bassoventre. Alex gli accarezzò icapelli, il petto, la schiena. E quando Nick entrò finalmente in lei, strinseforte le mani sul lenzuolo, soffocando in gola un grido di piacere.


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