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Paul era in piedi davanti ad una delle vetrate del salotto. Guardava fuori: le macchine sfrecciavano sotto di lui, ma non le vedeva.

Come la luce su una lastra fotografica, sui suoi occhi era rimasta impressa la mano di suo fratello attorno alla vita di Alexandra.

Quella mano, così possessiva, lo aveva accecato.

Il vento dell'ovest che gonfiava la sua gonna, che scioglieva e ingarbugliava allo stesso tempo i suoi lunghi, lisci, biondi capelli.

Stava volando via insieme alla brezza marina.

La stava perdendo.

Il suono del campanello lo riscosse.

Inspirò ed espirò profondamente prima di andare alla porta.

Suo fratello era sul pianerottolo. «Ciao.» Sul suo viso non c'era nessuna traccia di odio o rancore. Era semplicemente suo fratello.

«Mi dispiace.» gli disse: la mascella di Nick era gonfia nel punto in cui l'aveva colpito.

«Ma se dai pugni come una femminuccia!» Gli sorrise. Non c'era niente da perdonare: ognuno dei due era stato stronzo a modo suo. «Posso entrare?»

Paul l'abbracciò. Ne aveva bisogno. Lo fece entrare e richiuse la porta. «Birra?»

«Sì, grazie.» Nick andò a sedersi sul divano, dove Paul lo raggiunse portandosi dietro due birre ghiacciate. Le stapparono. Nick sollevò la bottiglia per un brindisi «Alle scazzottate tra fratelli.» Bevvero un sorso insieme, poi Paul riavvicinò la bottiglia alla sua: «Ad Alexandra. Che ci ha uniti... e ci ha separati.» Un altro sorso ciascuno.

«Le hai mandato tu i fiori l'altro giorno.»

Nick annuì mentre beveva.

«E verrai con lei alla festa sabato.»

«Già.»

Paul non aveva bisogno di chiedere. Conosceva già le risposte; doveva solo mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Bevve ancora per avere il coraggio di porgli l'unica domanda di cui non conosceva la risposta. «La ami?»

Suo fratello lo guardò negli occhi. «Sì.»

Era volata via insieme alla brezza marina.

L'aveva persa.

«E tu?» Nick non aveva distolto lo sguardo per un secondo.

Paul si sentì a disagio, sotto pressione. «Lei... Lei è...» Dovette alzarsi, camminare. Doveva spiegarsi, ma era complicato. «Lei è bella, intelligente, arguta, sofisticata. È una donna tenace, forte, caparbia, ambiziosa. Ma è anche cocciuta, insolente, capricciosa, permalosa. Diamine se è permalosa!» Si fermò al centro della stanza per tornare a guardare suo fratello. «E poi a un tratto ti sorride. E sembra che il sole inondi la stanza attraverso la finestra. E hai l'impressione che gli uccellini cinguettino sui rami degli alberi, come in uno di quegli stupidi cartoni animati di Walt Disney.»

Nick lo fissava sgomento e rassegnato insieme. Come avrebbe potuto competere con tutto questo? Allora si incuriosì: «Ma allora mi vuoi dire che diavolo hai combinato?» Lo vide sbattere le palpebre senza capire, così continuò a infierire per scuoterlo. «È andata dall'altra parte del Paese per stare lontana da te! Si è rifugiata tra le mie braccia per qualcosa che tu le hai fatto!» Ricordava benissimo l'espressione del volto di Alex al "Beyond the Sea" prima di lasciarlo, e quella che aveva nella sua camera d'albergo mentre gli raccontava di Paul. Lei stava scappando.

«Non lo so.» Paul alzò le braccia arrendevole. «Davvero, non lo so. Con lei è un'altalena continua. E io non so come fermarla per starle accanto.» Tornò a sedersi vicino a lui. «E poi sei arrivato tu.»

Rimasero seduti in silenzio per qualche minuto, fissando un qualche dettaglio di un mobile o un punto indefinito su un muro, ognuno perso nei propri pensieri e nelle proprie paure.

«Posso stare qui stanotte?» gli chiese Nick.

«Certo. Ma tu allora che hai combinato?» Ricordava fin troppo bene che gli aveva detto che sarebbe stato da lei.

Nick si frizionò i capelli e si stropicciò gli occhi fino a scendere a schiacciarsi le guance. «Ah... Ho fatto una cazzata. Stasera però non mi sento di affrontarla.»

Paul riconobbe quella sequenza autopunitiva sulla testa di suo fratello. Sin da bambino, ogni volta che combinava un guaio e non aveva il coraggio di affrontare i genitori, si tirava i capelli e si contorceva la faccia con le mani. Decise di non chiedere altro. Per esperienza, sapeva che se la sarebbe cavata, in qualche modo.

Il telefono nella tasca dei pantaloni di Nick emise un doppio bip; lo avvertiva dell'arrivo di un sms. Lo prese e lesse il messaggio: era di Alex e diceva "Dove sei? Per favore, torna a casa." Sorrise, rendendosi conto ancora una volta di quanto fosse straordinaria quella donna. Rispose al messaggio: "Non preoccuparti. Stanotte dormo da mio fratello."

«Tutto a posto?» si informò Paul.

«Sì, tutto a posto.» Lasciò il telefono sullo schienale del divano e sentì un altro squillo. Questa volta però era più lungo e non lo riconobbe. Proveniva infatti dal bancone della cucina.

Si voltarono entrambi in quella direzione. «Sì, stavolta è il mio. Me lo prenderesti, per favore?»

Nick sbuffò, ma si alzò comunque. «È proprio come quando mi dicevi di andare a prendere il telecomando vicino alla tv.» Prese il telefono dal ripiano di marmo e non poté fare a meno di leggere il nome del chiamante sul display. La collera esplose tutta in una volta come il getto di un geyser. «Mi prendi per il culo? Chi cazzo è Caren Wathson

Paul si alzò per recuperare il telefono che continuava a squillare. «Non è come pensi. È una con cui lavoro.»

«Certo, tanto per cambiare.» lo apostrofò lui.

«Non capisci. È il capo progetto della collaborazione europea, quella con cui abbiamo fatto l'accordo quest'estate.»

«E ti chiama alle undici e mezza di sabato sera?»

«Lo so, è una rogna. Ma devo sentire cosa vuole. Potrebbe essere importante.» Allungò la mano per prendere il cellulare.

Nick non si mosse di un passo. «Ci sei andato a letto?»

Paul ci mise un secondo di troppo per rispondere di no.

Nick era sconvolto. «Non ci posso credere.»

«Ti ho detto che non è come sembra. Certo, è una donna molto appariscente e seducente. E ha questo modo di fare provocante... Ma no, non ci sono andato a letto.»

Finalmente il telefono smise di squillare. Caren Wathson si era arresa. Almeno per quella sera. Paul afferrò al volo il telefono che Nick gli aveva gettato al petto.

«Tu, con quel tuo cervellone acuto, ancora non ci arrivi.» Ormai non poteva più contenersi. Gli stava urlando contro. «Quella se ne frega della vostra collaborazione. Quella vuole solo scoparti! E mentre tu, accecato come sei dalla tua ambizione, non te ne sei accorto, Alex lo ha visto benissimo! Almeno un mese fa!» Abbassò nuovamente, esausto, il tono della voce. «È per questo che è scappata. È questo che le hai fatto.»

Paul era senza parole. Non sapeva cosa dire dopo quella sfuriata. Gli sembrava di essere stato prelevato dal suo mondo, del quale conosceva ogni angolo e regola, e di essere stato impiantato in un altro, completamente alieno, in cui avrebbe dovuto scoprire le leggi che lo governavano e gli esseri che lo abitavano.

Non vedendolo reagire, in quel momento Nick si arrese. Almeno per quella sera. «Sono stanco. Se non ti dispiace, ora vado a dormire.»

Paulriuscì solo ad annuire con un breve cenno della testa.


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