Il lunedì mattina Alex bussò alla porta dell'ufficio di Zack ed entrò.
«Buon giorno, mia principessa!» la salutò. «Ben tornata.»
«Grazie.» Gli sorrise: quando la coccolava in quel modo, Zack la metteva sempre di buon umore.
«Come è andata a New York?»
«Molto bene. Devo dire che quel tipo di lavoro mi ha piacevolmente sorpreso. I bambini avevano tanto voglia di imparare.»
«Bene, ti vedo anche più rilassata. Ti ha fatto bene staccare un po'.»
«Sto bene.» Ed era vero. Aveva riordinato le idee e i sentimenti.
Se avesse rivisto Paul avrebbe ostentato sicurezza, indifferenza e determinazione.
Per quanto riguardava suo fratello, a parte la distanza, dettaglio comunque non indifferente, non vedeva motivo di buttare all'aria la possibilità di approfondire la sua conoscenza. Aveva deciso che lo avrebbe chiamato.
«E tu che mi dici? Come vanno qui le cose?»
«Ce la caviamo discretamente.» fu la risposta evasiva del suo capo.
«Ho come l'impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa. Ci hai provato con un'altra mentre io non c'ero?» scherzò.
«Certo che no!» fece l'offeso. «Lo sai che non ti tradirei mai.» Zack tornò serio per un momento. «A parte gli scherzi, qui è tutto a posto. Ma i ragazzi in osservatorio avrebbero bisogno di qualcuno che li tenga a bada. Sono saltate parecchie riunioni e mi sembra che stiano faticando ad autogestirsi.»
Autogestione? Alex aveva dato per scontato che, in sua assenza, Paul si sarebbe occupato della coordinazione del gruppo. Cominciò la sua riabilitazione con una semplice quanto faticosa domanda. «Perché? Non c'è Paul con loro?»
L'imbarazzo di Zack era evidente. «In questo periodo Paul ha parecchio da fare. Caren Wathson si è praticamente stabilita alla Cal e Paul le sta dietro per soddisfare ogni sua richiesta.»
Il suo autocontrollo fu esemplare. Neanche un maestro zen avrebbe reagito con quella pacatezza. Anzi, a Zack sembrò quasi di vedere un ghigno tra le sue labbra. «A che stai pensando?»
«Ok, allora vado a controllare i ragazzi. È ora di tornare a lavoro, no?»
«Ragazza mia, tu non me la racconti giusta.» Lo sentì ridere prima che chiudesse la porta alle sue spalle.
Paul stava percorrendo il corridoio del suo ufficio per andare a prendere il manuale di istruzioni di un oscilloscopio da portare a Caren, perché aveva deciso di voler imparare ad utilizzarlo da sola. Peccato che avesse preso decisioni simili già decine di volte nelle ultime settimane, per poi tornare puntualmente a chiedere aiuto a lui. Facendogli perdere tempo una volta per recuperare il materiale che le serviva, una volta per spiegarle come fare quello che voleva fare, e una volta per fare di persona quello che lei avrebbe voluto fare. Era brava quando si trattava di persuadere investitori e politici, era a suo agio con le questioni amministrative, ma era impossibile da trattare al livello sperimentale. A volte aveva l'impressione di farle da fattorino. Ci mancava solo che gli chiedesse di portarle il caffè.
Ma avrebbe resistito.
Le avrebbe portato anche quello stramaledetto caffè se fosse stato necessario. Se quella collaborazione fosse andata a buon fine, la sua carriera avrebbe avuto una svolta significativa: subito dopo Zack, sarebbe stato lui l'uomo di punta del progetto.
Fu mentre era assorto in questi pensieri di fama e di gloria che lo vide: un ragazzo, sulla ventina, camminava qualche metro davanti a lui, portando un grosso mazzo di fiori. Girava la testa a destra e a sinistra per leggere i nomi sulle porte degli uffici, consultando di tanto in tanto un foglietto che, puntualmente, ripiegava e infilava nella tasca posteriore dei pantaloni. Nessun dubbio che fosse un fattorino. Cosa che l'avrebbe lasciato del tutto indifferente se solo non si fosse fermato di fronte all'ufficio di Alexandra. Il fattorino bussò, attese una risposta ed entrò.
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La scelta difficile
ChickLitAlex è una ragazza che ha sacrificato la sua vita personale per la carriera. Così quando si trasferisce a Berkeley per realizzare il suo sogno, si ritrova completamente in balia di Paul, il collega che le hanno affiancato, e dei sentimenti che lui l...