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Quella mattina i bambini erano stati molto vivaci, ma anche molto curiosi. Le avevano posto domande semplici e argute allo stesso tempo.

Inaspettatamente si rese conto che quel lavoro le piaceva. Magari era merito dei bambini, magari della città.

Le aveva fatto bene cambiare aria.

Mettere un intero continente tra lei e Paul era stata la scelta giusta: si sentiva meglio ogni giorno che passava e cercava di fare tesoro di quella serenità per i giorni in cui sarebbe dovuta tornare a casa.

Rifletteva su questo suo stato d'animo mentre era seduta al bancone di una piccola tavola calda vicino alla scuola in cui aveva lavorato quel giorno.

Sulla porta all'ingresso c'era un campanello che tintinnava ogni volta che un nuovo cliente entrava per pranzare, o quando qualcuno era costretto a tornare alle sue occupazioni dopo aver mangiato.

Si guardò intorno, pochi tavoli occupati: una mamma che imboccava un piccolo di due o tre anni, una coppia di anziani che dividevano il dolce come due adolescenti, un gruppo di ragazzi e ragazze che ridevano guardando un video sul telefonino di uno di loro.

Alex sorrise. Tutte quelle persone le ispiravano gioia.

Il campanello sulla porta suonò ancora. «Buon giorno, Tom.»

«Ciao, Nick.» L'omone dietro il bancone salutò il ragazzo appena arrivato.

Alex lo guardò sederglisi accanto: aveva all'incirca la sua età, alto forse un metro e settantotto, settantanove, moro, occhi neri e un sorriso che scaldava i lineamenti del volto. Indossava un completo elegante e posò una valigetta ventiquattr'ore per terra accanto allo sgabello. Con quel colletto inamidato avrebbe potuto essere benissimo un broker o un agente del FBI.

«Il solito?» gli chiese Tom squadrandolo con le braccia conserte.

«Certo.» gli rispose convinto l'altro.

Il gestore del locale scosse la testa rassegnato. «Con tutto il ben di Dio che ho qui, mi spieghi perché prendi sempre e solo un panino?»

Il giovane gli sorrise. «Lo sai che non ho tempo. E poi il tuo panino pomodoro, insalata, tonno e formaggio è una bomba!» Rideva ancora quando si voltò a guardarla.

Solo allora Alex si rese conto che lo stava fissando. Arrossì violentemente e abbassò lo sguardo sul suo piatto. «Scusate, non era mia intenzione ascoltare.»

«Nessun problema.» la tranquillizzò lui. «Il mio pranzo non è un segreto di stato.»

Lei sorrise alla battuta.

«Eccolo lì: uno splendido sorriso.» le disse inaspettatamente.

Tornò a guardarlo sorpresa.

«Da dove vieni? Voglio dire, non sei di qui, altrimenti non avrei potuto dimenticare quel sorriso.»

Era bello sentirsi adulare in quel modo. «Grazie. E sì, non sono di qui.»

«Non sarai mica venuta a trovare il tuo ragazzo?» Era sicuramente un uomo sincero e diretto.

Nonché spiritoso. Stava mimando la disperazione con una mano sulla fronte.

Alex rise. «No, puoi stare tranquillo. Sono qui per lavoro.»

Lui tirò un sospiro di sollievo, quindi sollevò un sopracciglio indagatore. «È a casa che ti aspetta?»

Nella mente di lei balenò l'immagine di Paul. «No, niente del genere.» Cercò di scacciare via quell'attimo di agitazione con un gesto della mano.

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