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Il sole non era ancora spuntato dai tetti dei palazzi, ma il cielo aveva già assunto quel tenue colore che va dal rosa al grigio al celeste tipico dell'alba.

Nick mise i piedi giù dal letto e si voltò a guardare Alex dormire alle sue spalle. La sera prima l'aveva vista entrare in camera per non uscirne più. Lui aveva provato a mandare giù un boccone, più per esasperazione che per fame, ma poi ci aveva rinunciato, gettando la fetta della pizza di nuovo nella scatola. Si era aggirato tra la cucina e il salotto sperando di vederla riapparire e tornare da lui, ma non lo fece. Allora aveva provato a dischiudere la porta della camera da letto e l'aveva vista: Alex era rannicchiata sul letto, ancora avvolta dal lenzuolo; dal ritmo lento del suo respiro aveva capito che si era addormentata. Così era entrato ed era andato a distendersi al suo fianco. L'aveva guardata agitarsi per tutta la notte, come se fosse stata preda di brutti sogni. Aveva pensato e ripensato a quell'assurda situazione, senza però trovare una soluzione in cui nessuno di loro tre potesse rimanere ferito.

Si alzò a guardare fuori dalla finestra. Il fresco del parquet sotto i piedi scalzi lo strappò al tepore del letto in cui dormiva ancora la donna che amava.

Già, lui la amava, ma cosa provava lei veramente?

L'espressione che aveva in viso mentre fissava Paul sul pianerottolo, il senso di alienamento che l'aveva pervasa subito dopo. Eppure avevano fatto l'amore solo qualche ora prima ed era stato travolgente, passionale, impetuoso.

Fissò i rami dell'albero nel cortile tra le cui foglie sbucò la piccola testa di un uccellino. Lo vide zampettare tre o quattro volte per poi prendere il volo.

Non tornò più indietro.


Sentiva la palpebre pesanti, gonfie.

Alex ricordava benissimo di aver pianto la sera prima, completamente raggomitolata sotto le coperte. Ritrovarsi davanti Paul conciata in quel modo inequivocabile e poi l'abbraccio possessivo di Nick: se gli avessero lanciato delle pietre addosso, gli avrebbero fatto meno male. E poi era sparito, senza dire una parola, senza nemmeno reagire: a quel punto poteva leggere solo disprezzo nei suoi occhi.

Sentiva le lacrime ormai asciutte sotto le ciglia, ma si costrinse ad aprire gli occhi.

Mise a fuoco l'immagine in controluce di Nick in piedi accanto alla finestra. Accortosi del fruscio delle lenzuola, si voltò a guardarla. E cosa leggeva nei suoi occhi invece? Sofferenza. Stava facendo soffrire anche lui, ormai ne era certa. Ma fu solo un attimo che passò fugace e tornò a rivolgerle un tenero sorriso. «Buon giorno, mio dolce angelo.»

Una morsa le strinse il cuore: se l'avesse insultata, se le avesse inveito contro non sarebbe stato così destabilizzante. «Mi dispiace.» riuscì solamente a sussurrare.

Nick inclinò la testa di lato: «Per cosa?»

«Mi dispiace.» ripeté con un briciolo di convinzione in più. «Pensavo davvero che avrei potuto essere felice con te.»

Nick si avvicinò e si sedette sul letto accanto a lei. «Lo pensavo anch'io.» Le accarezzò un braccio attraverso il lenzuolo. «Sono solo arrivato troppo tardi.»

Aveva ancora la testa poggiata sul cuscino, quindi la lacrima che cadde dovette attraversare prima il naso e poi l'altra palpebra, per poi essere riassorbita dai capelli.

«All'inizio pensavo che sarei stata in grado di gestire i miei sentimenti, che avremmo potuto essere amici, ma poi mi sono lasciata conquistare dai tuoi modi di fare, dalla tua simpatia, dalla tua bontà.»

«All'inizio pensavo che sarei riuscito a conquistarti, che nessun uomo poteva stare al tuo fianco se non il sottoscritto. E mi hai regalato dei giorni meravigliosi.» Nick soffiò fuori un bel sospiro per recuperare quel coraggio che gli serviva per allontanarsi da lei. «Tu sei meravigliosa. Ma ora che so come stanno veramente le cose, non posso essere egoista. Ti amo e farò qualunque cosa pur di vederti felice.»

La scelta difficileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora