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Alex era stesa sul divano avvolta in una coperta. Dormiva.

Dormiva di un sonno agitato, così sussultò quando sentì bussare alla porta del suo appartamento.

Non rispose. Non voleva.

Voleva lasciare fuori tutto e tutti. Voleva restare sola.

Ma i colpi sulla porta non cessarono.

Si alzò controvoglia. «Sì, sì, arrivo. Ma chi è?»

«Sono Paul.»

Si bloccò a metà strada tra il divano e la porta.

«Che vuoi?» Se ne fregava se la trovava scortese.

«Devo darti una cosa.»

Se ne fregava di quello che doveva darle.

Tornò indietro e riprese la coperta. «Me la darai domani a lavoro.»

«Credo che sia importante.»

Alex sbuffò. Lasciò di nuovo la coperta e andò ad aprire. «Che c'è?» L'occhiata che gli rivolse doveva fargli capire che non lo voleva vedere.

Paul stava fissando meravigliato la sua tenuta da casa: felpa grigia ormai sformata della Ohio University, lavata così tante volte che il rosso delle lettere era sbiadito, larghi pantaloni di una tuta nera e calzettoni di lana ripiegati sulle caviglie. Per un attimo si chiese come facesse a non sentire caldo con quei cosi ai piedi.

Le sorrise divertito. «Disturbo? Ho interrotto qualcosa?» Finse di sbirciare all'interno dell'appartamento, come se volesse beccarla con qualcuno, ma sapeva che non poteva essere in compagnia, ridotta in quello stato. Insomma, nessuna donna sana di mente lo avrebbe fatto.

Lei invece non sembrava divertita. «Sì, stavo dormendo.» rispose scontrosa. «Allora, si può sapere che vuoi?»

«Non mi fai entrare?» Senza aspettare una conferma, la sorpassò e andò a sedersi sul divano.

Alex lo guardò storto ancora una volta. «Ma prego! Accomodati!» Fece un mezzo inchino e allargò le braccia. Più un gesto di rassegnazione che di cortesia.

Paul fece l'inventario del basso tavolino davanti a lui: una bottiglia di rum, aperta, e un bicchiere riempito per metà, con quel po' che rimaneva di qualche cubetto di ghiaccio.

Alex si limitava a fissarlo torva: aveva bevuto due bicchieri e aveva iniziato anche il terzo, prima di crollare addormentata. Di solito riusciva a reggere meglio l'alcol, ma quel pomeriggio aveva lasciato che facesse effetto. In quel momento quindi non aveva la forza né per discutere né per contraddirlo. Si limitò a lasciargli fare e dire quello che voleva, purché andasse via il prima possibile.

«Non mi offri da bere?» le disse indicando la bottiglia. Ancora quel sorriso divertito.

«Sei grande e vaccinato. Se vuoi qualcosa, la cucina è da quella parte.» Richiuse la porta lasciandola sbattere e tornò a raggomitolarsi sul divano: si avvolse nella coperta, poggiò la testa sul bracciolo e chiuse gli occhi.

Paul sorrise e scosse la testa incredulo: era ubriaca.

Andò in cucina a prendere un bicchiere e del ghiaccio, poi tornò a sedersi accanto a lei e si versò il rum. «Di' un po', quanti te ne sei scolati?»

«Non sono affari tuoi.» Non era chiaro se la voce fosse più impastata dall'alcol o dal sonno.

«Ti ho portato questo.» Prese la bustina dei fiori dalla tasca interna della giacca e gliela porse.

La scelta difficileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora