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Stavamo camminando per mano, lavati e cambiati, quando da lontano vidi un volto familiare. Non riuscivo a capire chi era, o forse semplicemente il mio cervello rinnegava il fatto che somigliasse tanto a mio padre.

Si. Non Jason. Sembrava a Charlie.

Deglutii cercando di mettere a fuoco ma ormai non c'erano dubbi ne scuse, era proprio lui. Eravamo nel 2002, io avrei avuto solo due anni. I miei stavano ancora insieme, anche se mio padre sembrava essere più interessato al bere e al divertirsi al bar che a me e mia madre.

"Tutto bene piccola?" Chiese Jeremy guardandomi.

"Cosa?" Mi girai verso di lui leggermente persa.

"Va tutto bene?" Domandò ancora.

"Certo! Tutto bene si." Sforzai un sorriso e lo abbracciai dolcemente.

Ma il fatto che mio padre fosse a Los Angeles da solo, ubriaco e con tre donne intorno, mentre mia mamma mi accudiva da sola a Seattle mi faceva andare fuori di testa.

"Possiamo... Andare in quel pub?" Chiesi guardandolo.

Lui sorrise annuendo e mi baciò la guancia sorridendomi. Lo amavo, se in quel momento non ci fosse stato sarei morta di rabbia e lo avrei attaccato sicuramente.

Jeremy mi guarda perplesso, come se il mio comportamento gli desse dei dubbi. Ero troppo shoccata, troppo incredula. Quello stronzo se ne andava ingiro cazzeggiando mentre mia mamma si spezzava anche in quattro per me.

Ci sedemmo in un tavolino a pochi metri da lui. Volevo fissarlo, volevo osservarlo e capire che cosa non andava in lui.

"Cosa prendi?" Chiese Jeremy guardandomi.

Distolsi subito lo sguardo da quell'uomo e lo guardai sorridendogli "ehm... un bicchiere di spumante."

Lui mi guardo sorpreso e scoppiò a ridere.

"Perché ridi?"

"Lo spumante? Ok, come vuoi." Rise prendendomi la mano.

Non riuscivo a guardarlo, vedevo solo la mia vita andare a rotoli. Era lì ubriaco fradicio, mi veniva da piangere.

"Tesoro. Ehi..." Jeremy mi sventolò una mano davanti agli occhi "Emy che c'è?" Si voltò di scatto guardando il punto che stavo guardando io.

"Niente. Jeremy, non c'è niente. Sono solo un po' stanca." Dissi ma lui si era già scaldato, capendo subito che stavo fissando quell'uomo.

"Ti sta dando fastidio?" Domandò alterato.

"No, tranquillo." Dissi prendendogli il viso tra le mani e baciandolo.

"Vuoi ancora andare al Luna Park?"

Lo guardai sorridendo, prendendolo per il braccio e facendolo alzare. Lo abbracciai, mentre lui mi baciava sulla guancia e mi stringeva a sé. Ci inviammo abbracciati verso il Luna Park, volevamo tornare a quella sera da diciottenni liberi per divertirci come quella volta.

"Ehi piccioncini..." Sentii dire alla mia destra, così voltai la testa.

Mio padre, o meglio dire Charlie, ci stava guardando mentre con una mano teneva la bottiglia di una birra vuota.

"Fai finta di niente." Mi sussurrò Jeremy prendendomi la mano.

"Ehi! Vi ho chiamato! Siate almeno gentili da venire qui... Magari potresti portare la tua donzella..."

Mi scese una lacrima. Sentire mio padre parlare così era come un pugno nello stomaco. Non ce la facevo, non volevo che la passasse liscia per la centesima volta.
Così, con uno scatto, mi liberai dalla presa di Jeremy e gli andai incontro.

"Si... Così ti voglio piccola."

Stavo per picchiarlo, per fargli capire che era solo un'altra merda presente in questo mondo, che valeva meno di chiunque altro essere in vita, che non si meritava di essere diventato padre.

"Devi morire!" Urlai, ma delle braccia mi placcarono. Pensavo fosse Jeremy, invece era Jason.

Non ci potevo credere, non volevo crederci. Era la fine, la fine della mia felicità.

Non volevo voltarmi, non volevo vedere la faccia di Jeremy mentre capiva quello che stava realmente accadendo.

"Che ci fai qui?" Chiesi quasi sull'orlo di piangere.

"A quanto pare devo sempre stare attento a quello che fai, vero? Dimmi una cosa; ti diverti tanto a rovinare la felicità di molte persone e di cambiare il futuro?" La sua voce era estremamente alta e arrabbiata.

"Jason io..." Non sapevo che dire, avrei voluto solo tornare indietro e fare finta di niente.

"Se fai un'altra cazzata, giuro che non ti faccio più tornare nel mio negozio." Mi minacciò.

La sua statura imponente mi metteva alquanto in soggezione, così distolsi lo sguardo. Cercai Jeremy, ma non riuscivo a vederlo.

"Ero... Ero qui con un amico. Che fine ha fatto?!" Ero alquanto preoccupata. Forse se n'era andato dopo quella scenata.

"Tranquilla. L'ho tenuto occupato con delle ragazze che volevano foto e autografi." Spiegò sistemandosi la giacca.

"Jason, cosa faccio senza di te?" Lo abbracciai stringendolo a me.

"Un casino, ecco cosa faresti." Ridacchiò rassegnato "non ha visto niente. Ti conviene non legare troppo con quello, sai cosa succede" ma poi si rigirò verso di me "e comunque, domani torni a casa."

Non mi salutò nemmeno, non mi lasciò finire la frase. Sparì così, come era sparita il mio controllo, come era finita la mia felicità.
Mi incamminai velocemente per cercare Jeremy, appena girai l'angolo lo vidi firmare autografi e scattare foto. Sorrisi appoggiandomi al muro, mentre lo ammiravo.

Lui si girò verso di me sorridendomi e si scusò con le ragazze.

"Eccoti. Pensavo di averti perso." Sorrise baciandomi.

"Sono qui."

"Com'è andata con il tuo straordinario attacco verso quell'ubriacone?" Chiese divertito.

"Mi sono fermata, se no lo avrei fatto a pezzi." Ridacchiai appoggiandomi a lui.

Sentivo che quella storia non sarebbe potuta durare a lungo. Era come un sogno, lo vivi a pieno ma quando ti svegli senti che dovevi accorgertene prima che non poteva essere realtà.

Mi sistemai il collo del giubbotto e guardai Jeremy. Prese una sigaretta e se la infilò in bocca accendendola. Il fuoco dell'accendino disegnava delle onde nel suo viso e lo colorava di arancione.

"Vuoi?" Chiese dandomi la sigaretta.

"No, grazie." Sorrisi abbassando lo sguardo.

Gli occhi iniziarono a pizzicare, volevo solo schioccare le dita ed essere per sempre sua. Senza vincoli e senza futuri rovinati.

"Domani torno a casa." Dissi.

Lui si voltò verso di me confuso "in che senso scusa? Avevi detto che rimanevi fino a dopodomani."

"Il lavoro mi chiama. Vorrei davvero rimanere, ma proprio non posso." La mia voce iniziava a rompersi.

"Mi sembra di sognare. Mi sembra di vivere in un mondo in cui io e te non possiamo essere insieme. E mi sorge una domanda: tu lo vuoi o no?" Chiese aspirando la sigaretta.

"Jeremy non farmi queste domani. Se davvero potessi rimarrei qui con te, ma devo tornare." Una lacrima mi rigò il viso.

"Allora vengo con te."

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