10

144 13 3
                                    

Lo fissai a bocca aperta, non credendo a quello che stava dicendo.

"Verrò con te. Lascerò tutto ma verrò con te." Disse prendendomi per mano.

La tolsi subito dalla sua, mentre sentivo un dolore interiore davvero forte.

"No." Sussurrai.

"No?! Perché no?!"

"Perché non puoi! Hai un lavoro perfetto, è quello che hai sempre sognato!" Gridai cercando di farmi capire.

"Quello che ho sempre sognato è avere una ragazza come te!" Urlò buttando a terra la sigaretta.

Abbassai lo sguardo, vedendo quel mozzicone di sigaretta spegnersi sempre di più. Come il mio cuore d'altronde.
Stavo incasinando la mia vita e la sua vita, avevo già fatto abbastanza no? Dovevo trovare una soluzione che aiutasse la mia situazione ma, anche se non sembrava, la sua.

"No. Tu non sei innamorato di me, tu pensi di essere innamorato di me. È scientificamente provato." Dissi pensando a quel film che avevo tanto ancorato di Woody Allen.

"Adesso fai anche la psicologa? Non ci capisco più niente. Io ti amo, lo vuoi capire?"

Era esasperato, lo si poteva notare dagli occhi lucidi e dal labbro tremante. Dovevo finirla lì, o almeno non presentarmi per minimo una decina d'anni.

"Forse non ti amo quando mi ami tu." La mia voce usciva come un sussurro, ma quello che avevo detto non lo potevo negare e nemmeno nascondere.

Lo amavo, ma volevo che lui diventasse IL Jeremy Renner.

Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo. Lo guardai, volevo chiedergli scusa ma i miei occhi parlavano da soli.

"Non posso prendermi questo impegno, non devo." Gli dissi prendendogli le mani.

Lui le ritrasse subito, guardandomi demoralizzato.

"Ti prego Jer, capiscimi. Ti prego." Sussurrai prendendogli il viso tra le mani e baciandolo.

Ma nemmeno quello servì a qualcosa, infatti si staccò e se ne andò senza proferire parola. L'avevo fatta, cazzo. Sperai con tutta me stessa che non si abbattesse, che non dimenticasse la recitazione per una stupida come me.

Estrassi il mio telefono e schiacciai il numero 1, pronta per tornare a casa mia. Appena arrivai, trovai Jason mentre giocherellava con un cubo di Rubik.

"Dobbiamo fare due chiacchiere." Disse alzandosi in piedi.

"Non è il momento Clarke." Cercai di schivarlo ma mi si piazzo bloccandomi il passaggio.

Non vedendolo subito mi schiantai addosso a lui, anche se non si spostò di un millimetro.

"Jason lasciami andare a casa, ti prego." Sentii che stavo per crollare ma di certo non volevo farlo davanti a Jason.

"Ehi, ferma. Ferma." Mi prese per le spalle e mi guardò negli occhi "solo... Stai attenta. Non voglio impedirti di andare nel passato, solo che devi essere prudente."

Annuii per poi dimenarmi ed uscire dalla porta. Appena entrai a casa mia mamma mi fece le solita ramanzina, ma non mi arrabbiai. Mi sentii quasi in colpa solo al pensiero di arrabbiarmi con lei. Mi aveva sempre accudita da sola, ma solo dopo aver visto mio padre capii quanto aveva sofferto e quando aveva combattuto per me e per crescermi.

"Scusa mamma... Sto facendo dei corsi post-scolastici..." Mi inventai.

"La prossima volta avvertimi ok?"

"Certo..." Iniziai a salire le scale, ma poi mi bloccai "mamma?"

Lei si voltò guardandomi.

"Ti voglio bene." Le dissi per poi scomparire al piano di sopra.

Mi sedetti nel mio letto, fissando il soffitto e aspettando di svegliarmi da un sogno e dire "oh, per fortuna non ho rovinato la vita di Jeremy Lee Renner." Ma non era così.

Decisi di chiamare Cece, sciruamente lei sapeva come tirarmi su di morale.

"Pronto bella bambina."

"Ciao Cece, vieni a casa mia?" Domandai speranzosa.

"No, preferisco uscire da qualche parte." Era sempre così lei, quello che voleva bisognava farlo. Ma chi ero io per non accontentarla? Infondo era come una sorella per me.

"Ok, dieci minuti e arrivo in centro." Dissi prendendo lo skate e uscendo di casa.

Passai davanti al negozio di Jason, così decisi di guardare se c'era. Mi si chiuse leggermente lo stomaco quando vidi una donna bionda baciarlo passionatamente.

"Ma che cazzo..." Il problema fu che non guardai la strada, finendo a terra e facendomi leggermente male al polso.

"Ehi! Ma che succede eh?" Cece arrivò e mi fece alzare.

La guardai ancora confusa "niente, solo una piccola distrazione." Sorrisi sistemandomi la camicia a quadri.

"Quella distrazione si chiama Jeremy?"

Quando pronunciò quel nome una lacrima mi scese sul viso, ma non riuscii a trattenermi. Scoppiai a piangere, trascinandola via da lì. Non badai nemmeno lo skateboard, lo lasciai nel mezzo del marciapiede.
Dopo aver percorso correndo circa cinquecento metri, ci fermammo con il fiatone.

"Ma che ti prende?" Domandò sedendosi nella panchina accanto al parco.

"È successo un casino." Dissi tra i singhiozzi.

Le raccontai tutto, anche di mio padre. Lei era molto dispiaciuta, ma d'altronde non sapeva cosa suggerirmi.

"Senti, io non sono brava in queste cose. Ma sono brava nel farti divertire." Sorrise abbracciandomi.

"Niente mi può tirare su di morale..."

"Neanche Joaquin Phoenix che canta Johnny Cash? Dal vivo?" Sussurrò con uno sguardo furbetto.

"Non ho molti soldi. Quindi si, mi piacerebbe, ma no, non posso." Sbuffai.

"Io organizzo la sagra del paese e grazie a questo so molti scoop che la gente non dovrebbe sapere. Beh, questa sera ci sarà muisca country, e lui canterà con Reese." Disse tutta eccitata.

Mi portai una mano alla bocca per non urlare, ma ormai non riuscii più a trattenermi che scoppiai ad urlare come una forsennata.

"Zitta! È top secret." Sussurrò.

"Ok, mi hai convinto. Che serata country sia." Sorrisi asciugandomi le lacrime dagli occhi.

IS THAT ALRIGHT? Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora