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Mi svegliai nel mio letto. Stavo sudando e piangendo, ma non riuscivo a capire se era stato solo un sogno o se tutto quello che era successo fosse vero. Mi volti, trovando il telecomando della tv nella mia mano. Forse avevo sognato tutto, o forse era realtà.

Infilai un paio di jeans stretti e una maglietta sopra per poi sfrecciare con il mio skate da Cece. Erano le sette di mattina ed era domenica. Sfrecciai per tre isolati, arrivando davanti alla casa di Cece.
Corsi velocemente alla porta e suonai il campanello.

"Emy! Che ci fai qui a quest'ora?" domandò uscendo dalla porta d'entrata.

"Ho bisogno di parlarti, seriamente." dissi facendomi spazio ed entrando a casa sua.

Salii le scale senza il permesso e mi sedetti nel suo letto.

"Prego, accomodati." sbuffò sedendosi accanto a me.

"Ho bisogno di un aiuto cioè..." stavo per spiegarle che lei mi interruppe in pieno.

"Giuro che se riguarda Jeremy o Jason ti sbatto fuori dalla mia casa." esclamò ma aveva già risposto alla mia domanda.

La abbracciai continuando a sussurrarle grazie.

"Ma che problemi hai?" chiese confusa e ancora assonnata.

"Pensavo fosse tutto un sogno..." le spiegai quello che era successo, scoppiando a piangere come non avevo mai fatto.

Sentivo già che mi sarebbe mancato a vita, ma che comunque avevo fatto la cosa giusta. L'unica cosa che era ancora fuori posto era il fatto delle mie continue visioni. Dovevo fare qualcosa.

"Ma che posso fare con Jason? Mi sento male ogni volta che penso a lui come mio futuro fidanzato..." dissi leggermente in imbarazzo.

"Cioè, a me non darebbe fastidio eh..." lanciai uno sguardo storto a Cece, così rimangiò tutto quello che aveva detto e concluse "ma la vita è tua, e tu sai bene cosa significa sentirsi intrappolati in qualcosa che non è tuo."

L'abbracciai e corsi subito fuori con un solo obbiettivo, farmi cancellare la memoria da Jason. Trovai il negozio quasi vuoto, come se stesse per chiudere.

"C'è nessuno?" domandai entrando pian piano.

"Emy?!" Jason sbucò dal ripostiglio incredulo, non aspettandosi la mia presenza.

"Ciao. Ehm... Volevo solo scusarmi con te per il mio comportamento..." dissi abbassando lo sguardo.

"Non ti devi scusare, anzi. Non so neanche perché mi stai parlando adesso." avanzò verso di me guardandomi negli occhi.

Notai un velo di tristezza nei suoi occhi, eravamo così simili. Eravamo nella stessa situazione, disperati perché la persona che amavamo era irraggiungibile o impossibile da avere.

" Voglio che fai un'ultima cosa per me."

Mi guardò come se stessi dicendo qualcosa di strano e inaspettato.

"Cosa vuoi che faccia?"

"Devi cancellare la memoria della vecchia me. Lo so, può sembrare difficile, ma sono ci riuscita anch'io." sussurrai con un nodo alla gola.

"Emy non..."

"Quando lo farai io non mi ricorderò di te, saprò solo di aver viaggiato nel tempo e di aver incontrato determinate persone... Ma non mi ricorderò di te." dissi cercando di non iniziare a piangere come ero solita fare.

"Non credo di farcela. Non voglio farlo."

"Allora mi ucciderò. Non posso sopportare di avere delle visioni, non ce la faccio." esclamai asciugandomi le gote.

"Non puoi ucciderti, non te lo permetterò!"

"Allora fallo!" gridai chiudendo la porta del negozio alle mie spalle "fallo. Sii uomo e fa quello che ti ho detto. Fallo per la persona che ami."

La voce mi uscì come un soffio, spezzata dalla sofferenza e dal dolore che mi stava divorando dentro.

Lui annuì, asciugandosi gli occhi e abbracciandomi come se stessi per morire. Beh, in effetti per lui era così. Non lo avrei mai riconosciuto con Jason Clarke, soltanto come un solito negoziante che vende oggetti d'antiquariato. Sarei andata sicuramente, perché mi ero fatta un appunto in camera da letto, ma non saprò mai che quell'uomo era colui che mi avrebbe amata all'età di quarant'anni.

"Ti voglio bene, Jason. E ti ringrazio per tutte le opportunità che mi hai dato."

Lo vidi entrare nella stanza con il telecomando, per poi scomparire nel 2040.

Mi sedetti nella sedia dove lo avevo visto per le prima volta, dove mi aveva detto che aveva inventato una macchina del tempo. Aspettai il suo ritorno per due ore, ma non lo vidi ritornare. Mi stavo stancando, credevo che quel cretino si fosse perso in chiacchiere, o peggio, con la Emy vecchia.

Tutto d'un tratto mi sentii mancare le forze. Come se stessi per morire. Gesù, non riuscivo neanche a reggermi in piedi. I miei occhi si chiusero lentamente, lasciando spazio alla tranquillità del non sapere, all'eleganza del dimenticarsi le cose brutte.

E così, mi addormentai.

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