SEBASTIAN

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"Mr SIMMONS". E' così che mi chiamano questi esseri che mi hanno costretto a creare una falsa identità per poter continuare a vivere. Sono una minaccia per loro. Lo capii solo quando alcuni uomini armati con la divisa bianca vennero a casa. A casa della mia famiglia. La famiglia che non ho più.

Quel giorno mia madre, dopo aver sentito i rumori che producevano le scarpe di quegli uomini a contatto con la ghiaia del giardino, mi guardò con i suoi occhi verdi.

Non i soliti che scintillavano accompagnati da un bel sorriso, ma occhi tristi. Quasi come se sapesse quello che sarebbe accaduto.

Mi si avvicinò sussurrando : «Proteggi tua sorella. Loro non devono prenderla. E' importante.»

La guardai accigliato. «Mamma ma che diavolo sta succedendo?»

Lei guardò la porta molto preoccupata mentre i passi continuavano a farsi più vicini.

«Non importa, Sebastian. Devi proteggere tua sorella, il resto lo capirai con il tempo... Ora porta tua sorella in soffitta e chiudetevi dentro, lì forse non vi troveranno.»

«Ma chi non ci deve trovare? E chi diavolo sono questi uomini?»

Lei non parlò, si limitò ad accarezzarmi il viso con la mano, poi mi abbracciò e mi sussurrò un "ti voglio bene" pieno di tristezza e lacrime. Presi per mano mia sorella, che era seduta sul divano della sala a fare i compiti e la portai di corsa in soffitta, chiusi la porta e aspettammo.

Lei mi guardò confusa prima di sbottare. «Sebastian, ti sembra questo il modo? Perché siamo rinchiusi in soffitta? Ma soprattutto perché non c'è mamma?»

Restai in silenzio. Non sapevo che dire, ero più confuso e preoccupato di lei.

Lei sbuffò e cercò di farmi spostare dalla porta. «Scordati che apra la porta, Sorellina!»

Lei si fermò di scatto e mi guardò accigliata, poi sospirò sorpresa. «Mi stai prendendo in giro, Sebastian?!» fece una pausa, guardandosi attorno. «Come puoi startene qui, in questo posto, senza pensare alla mamma? Io non la lascio lì, da sola, la uccideranno.»

Restai sorpreso dalla frase che aveva appena detto: "La uccideranno". Come faceva a saperlo?

«Come la uccideranno? Tu sai chi sono gli uomini che stanno venendo?»

«Sì, perché tu non sai chi sono? Comunque sono già in casa, se ti interessa saperlo.»

Restai sbigottito una seconda volta. Pensai subito alla frase che mamma mi aveva detto pochi minuti fa. Aveva ragione. Solo che il problema era: come potevamo scappare e salvare la mamma?

L'unica possibilità era quella di abbandonare la mamma al suo destino, ma logicamente era impossibile che la lasciassi morire.

Ebbi un'idea. Presi mia sorella per il polso, mentre cercava di avvicinarsi al lucernario, un posto non tanto sicuro, e le sussurrai il piano.

«Sei IMPAZZITO?» mi chiese.

Esitai. «Senti, è l'unica opzione che abbiamo. Dobbiamo solo attirare gli uomini qui, stenderli e dirigerci in sala, stendere ancora un po' di uomini e scappare.»

Alzò le sopracciglia. «Stai scherzando? Loro sono più forti e poi, anche se riuscissimo in questa impresa suicida, cosa molto irrealizzabile, dove ci nasconderemo? Non c'è un posto sicuro. Ricordatelo.»

Sbuffai. «Okay, hai ragione, ma non possiamo mica aspettare che la morte, per mano di quei tizi, giunga fino a qui.»

Lei si guardò intorno, quando il suo sguardo puntò un attrezzo per aprire le finestre. Io Capì immediatamente cosa voleva fare

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