Capitolo 2

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Ed eccolo lì, cerco di evitarlo il più possibile, ma non posso, avrà sicuramente scelto le mie stesse lezioni per torturarmi.

Noto, però, con piacere, che i suoi amici non lo seguono, penso di riuscire a sopportare i suoi insulti, almeno per oggi, domani si vedrà, potrei chiamare mio padre ed andarmene con lui e la sua nuova ragazza a New York, i miei genitori sono separati, mia madre lo tradiva con mio zio, il fidanzato di sua sorella, quando lo abbiamo scoperto, mio padre l'ha lasciata, il “fidanzato” l'ha lasciata dicendo che per lui era solo divertimento ma amava la zia, aveva solo me, ce l'ho a morte con lei, ma mi ha voluto a tutti i costi con lei, ed anche se ora potrei andarmene, essendo maggiorenne, non voglio lasciarla sola, mi dispiace.

“Scusa” sussurra un ragazzo mentre si sedeva nel banco accanto al mio. Preston.

Lo guardo, sconvolta, riguardo ancora i suoi occhi mentre lui guarda i miei, mi ci perdo dentro, nessuno che io conosca ha degli occhi così profondi, nessuno dei due dice più una parola, è strano che lui mi chieda scusa, non l'ho mai sentito scusarsi prima d'ora, forse la prigione lo ha cambiato.

“È ok” rispondo.

Annuisce con la testa, in segno di approvazione, si sta trattenendo dall'insultarmi, glielo noto dalla mascella serrata, come se volesse dirmi qualcosa, ma le parole stesse gli morissero in gola.

La lezione su Orgoglio e Pregiudizio passa velocemente, e a parte qualche occhiata, nessuno dei due ha degnato l'altro di una parola.

Sono venuta a scuola solo per questa lezione, ma non sto ascoltando per niente il dibattito tra il professore e i due ragazzi, la mia mente cerca di trovare un motivo per la sua reazione alle mie lacrime, ma non la trovo, lui è così spregevole, subdolo, stupido, approfittatore e stronzo.

La mia mente mi riporta al secondo anno del college, quando mi diede della puttana davanti a tutti, facendomi cadere il vassoio del pranzo e poi mi spinse per farmi cadere, mentre tutta la scuola rideva e la mia umiliazione saliva.

“Perchè?” Chiedo urlando, voltandomi verso di lui, le parole mi uscirono sole, solo dopo aver fatto quella domanda scomoda mi resi conto di ciò che avevo combinato, ora mi avrebbe di sicuro umiliata, ringrazio il cielo però, che la lezione fosse finita e quando urlai si stavano tutti apprestando ad uscire, tranne Preston, seduto ancora al banco accanto al mio.

“Cosa?” Rispose.

“N... niente” dissi intimidita.

“Okay stronza, sai cosa? Dovresti venire alla festa questa sera, potresti comportarti come sei davvero no? Puttanella!” Strillò.

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