Non importava, non in quel momento

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Yoongi correva. Correva a perdifiato, il sudore appiccicato alla fronte, il cuore che batteva all'impazzata e gli occhi sgranati, lucidi.

Correva perchè non riusciva a camminare, non in quel momento; sentiva le gambe molli ma non gli importava, percepiva le lacrime bloccarsi in gola e premere per uscire ma neanche questo aveva importanza.

L'unica cosa che contava in quel momento era correre per raggiungere il più presto possibile il proprio ufficio, per impedire ai pensieri di affollarsi confusamente nella sua testa e farlo sprofondare in un mare di dolore: non poteva permetterselo in pubblico, doveva rinchiudersi nella propria roccaforte e cercare di esprimere tutto ciò che provava attraverso la propria vena artistica, sempre stata la sua valvola di sfogo in quegli anni da idol molto stressanti: la musica.

Entrò con uno scatto nel proprio ufficio, il respiro affannoso, e dopo essersi lentamente chiuso la porta alle spalle altrettanto piano si lasciò scivolare contro di essa, rannicchiandosi. Non riusciva a capacitarsi di essere arrivato a fare una cosa del genere, ma allo stesso modo non riusciva a credere che Jimin dopo settimane di litigate si fosse intestardito talmente tanto su quella faccenda al punto da costringerlo a interporre una pausa nel loro rapporto.

Era semplicemente incredulo: per quanto riguardava la sua mente doveva ancora realizzare, mentre invece per quanto riguardava il suo corpo, che senza neanche accorgersene si era portato a passo strascicato sulla sedia davanti al proprio pianoforte, comandava attraverso le dita la dispersione malinconica di una melodia stanca e pacata, quasi rassegnata. Yoongi chiuse gli occhi, cercando di abbandonarsi a quei suoni rilassanti, ma le spalle e la mascella irrigidita suggerivano tutt'altro rispetto ad un tanto desiderato rilassamento.

Le ore passarono, riempite unicamente dal suono che emetteva la tastiera che incontrava le sue dita e lo scarabocchiare della penna che appuntava note e parole sottoforma di vomito di tristezza su un innocuo e usato quaderno dalla copertina nera, nera esattamente come la mente di Yoongi che senza la presenza di Jimin aveva lasciato andare il freno che bloccava il fiorire della sua depressione.

D'altro canto, il seme di Jimin stava giusto in quel momento germogliando.

Quando Yoongi tornò a casa, le mani che tremavano impercettibilmente per i sentimenti contrastanti che lo affliggevano, stranamente il gruppetto rimasto in sala prove non era ancora tornato.

Non aveva idea di come avrebbe dovuto affrontare Jimin: non lo aveva lasciato in maniera diretta, ma non aveva neanche negato le sue supposizioni, comportandosi così da vero stronzo nei suoi confronti.

Avrebbe dovuto chiedergli scusa, ma vedere il corpo dormiente del suo innamorato, inerme tra le braccia dei tre, fece crollare tutte le sue certezze.

Le gambe ripresero a tremare seppur si trovasse seduto e il proprio sguardo accarezzò ogni dolce e dolente curva del minore, scosso sporadicamente da piccoli sussulti che lo rendevano ai suoi occhi ancor più fragile e assassino del proprio cuore, già squarciatosi milioni di volte nell'arco di poche settimane.

<< Come sta? >> riuscì solo a domandare con voce flebile, venendo attaccato da Hoseok quasi subito. << Non si vede come sta, quella povera buon anima? Perchè diavolo hai fatto un qualcosa del genere? >> ribattè il minore quasi ringhiando.

Sino ad un attimo prima Yoongi sarebbe riuscito a spiegare perfettamente perchè avesse preso una scelta così drastica, ma la sua mente si era spenta nel momento in cui l'ammasso di carne, pelle e sentimenti chiamato Park Jimin aveva varcato la soglia di casa.

<< Non... non lo so. >> disse sul punto di piangere, di spezzarsi ancora una volta.

Nessuno lo notò, eppure... eppure Jimin tempo fa l'avrebbe fatto.

Non qui non qui non qui era il mantra che Yoongi si stava imponendo pur di nascondere a quegli occhi accusatori la sua parte di vittima, mostrandosi carnefice.

<< Che cazzo sign- >>

<< Hoseok, calmati. Jimin sta dormendo, e urlare non cambierà le cose. Parliamone con calma più tardi, okay? >> disse con voce pacata ma fredda Namjoon, posando le mani sulle spalle dei due litiganti per allontanarli. Hoseok non disse nulla, sospirando, e dopo aver lanciato un'occhiata delusa a Yoongi si incamminò lentamente verso Jin, aiutandolo a trasportare il corpo di Jimin in camera.

Solo quando si chiusero la porta alle spalle si resero conto di un'importante quanto trascurato dettaglio: Jimin stava piangendo, gli occhi fissi nel vuoto e il corpo scosso da tremolii.

Aveva sentito, e se possibile si sentì ancor peggio di prima, perchè era riuscito a sentire il tremolio nella voce del maggiore e a percepire le lacrime che premevano per essere liberate con violenza sulle sue guance, senza poter fare nulla.

Yoongi lo amava, era stato Jimin a comportarsi da coglione e a perderlo.

<< C- chiam- mat- temi K- Kookie e Tae... >> supplicò con voce debole, rannicchiandosi nel letto su cui era stato adagiato. Seokjin immediatamente uscì dalla stanza, Hoseok invece gli si avvicinò e dopo essersi stesi anche lui lo abbracciò da dietro, stringendolo.

Jimin pianse più forte: il suo unico pensiero era rivolto a Yoongi, ma ancora una volta il suo amore non era lì e non era lui che lo stringeva per poi asciugargli le lacrime con tocchi teneri.

I due maknae raggiunsero la stanza quasi con il fiatone, e senza esitare lo strinsero in un forte abbraccio; Taehyung aveva ancora i residui di un pianto susseguito da un lungo sonno, Jungkook pareva stanco ma allo stesso tempo immune alle necessità del suo corpo, attento più che mai alle esigenze del suo migliore amico.

I quattro rimasero abbracciati per un tempo indeterminato finchè Jimin non domandò con lo sguardo ad Hoseok di lasciarlo solo con i suoi due migliori amici.

Lui capì e, dopo avergli dato un appena accennato bacio tra i capelli, se ne andò, raccomandandosi di chiamarlo se avessero avuto bisogno di qualcosa.

Il suono della porta che si chiudeva precedette quello dei lievi singhiozzi di Jeongguk, di cui Jimin si stupì.

<< M- mi d- dispiace. >> mormorò il maknae, precedendo la domanda del maggiore. << È t- tutta colp- pa mia, s- se... se n- non avessi ac- cettat- to... >> pianse più rumorosamente, sentendosi stupido e ridicolo a piangere di fronte a Jimin.

In fondo, non era lui quello ad essere stato lasciato.

Taehyung non capì, ma decise di non fare domande: chiunque avrebbe capito che non era il momento, tutti e due necessitavano semplicemente di conforto e dolcezza e lui non glieli avrebbe negati minimamente.

<< Jeongguk- ah, non fa nulla, >> rispose Jimin con un accenno di sorriso che però non trasmetteva alcuna felicità. Non sapeva se i suoi sorrisi sarebbero tornati come prima, ma non gli importava, non in quel momento. Non sapeva neanche se sarebbe tornato ad importargliene minimamente di sè stesso.

<< Se... se quello che ho fatto ha aiutato v- voi due, allora va bene. Se è successo s- significa c- che dov- veva succ- ced- dere- n- no? >>.

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