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Me ne stavo seduto su quel sedile di pelle, con le braccia incrociate e una gamba sopra l'altra e avevo lo sguardo perso verso il finestrino. Ero ancora con quella terribile maglietta lunga ed i calzoncini corti in pieno inverno. Sarei dovuto uscire da quel mezzo con l'ansia di rivedere quel bel ragazzo e l'imbarazzo nel farmi vedere in quel modo.

«Eddai Jimin, perché fai quella faccia su» sbuffai di nuovo, senza voler replicare in nessun caso. Passai quei trenta minuti di viaggio a torturarmi il labbro ed a guardare fuori dal finestrino senza prestare la minima attenzione a ciò che vedevo, concentrato a capire con che coraggio fossi salito su quell'auto.

Mio padre non parlava, alzava solo la musica quando una canzone lo colpiva ed iniziava a canticchiare. Avevo paura ed il terrore di fare una brutta figura al nostro "terzo" incontro e mi diedi dello stupido da solo, poiché avrei semplicemente chiesto a mio padre di attendere un po' per vestirmi meglio invece che farmi prendere dall'agitazione e correre a seguirlo.

Entrammo in quell'enorme edificio arrivati finalmente a destinazione ed io non provai neanche ad alzare lo sguardo, continuando a guardare sia le mie che le scarpe di lavoro di mio padre. «Jimin ma cosa hai? Tutto bene?» mi chiese ed io annuii, prendendogli la lista della spesa con forza dalle mani una volta messo piede nel corridoio centrale e corsi lontano, al riparo dalla vista di chiunque. Possibile che mio padre non si renda conto di aver portato con se un barbone di 16 anni? pensai.

Sospirai, concentrandomi, poiché se fossi riuscito a trovare tutto quel che vi era scritto sul foglietto in poco tempo, saremmo tornati prima a casa ed entrai in una di quelle tante corsie, iniziando dal primo nome. Dopo qualche minuto, mi accorsi di non aver preso ancora le uova e mi avvicinai allo scaffale così d'aver completato la lista e finire di stare in quel luogo di timore e batticuore.

Allungai una mano per prenderle ma vidi con la coda dell'occhio quel bel ragazzo in divisa  aiutare un suo collega a sistemare dei barattoli verso la fine del corridoio. Feci finta di niente e deglutii per smaltire la tensione, non volendo esser notato. Presi le uova alla svelta e mi voltai per vedere dove fosse, sporgendomi all'indietro per esser sicuro che non fosse entrato nella mia stessa corsia. Stetti per sorridere avendo terminato il mio lavoro senza esser stato visto ma soffermandomi troppo sulla sua figura, si voltò, incrociando il mio sguardo.

Mi osservò da cima a fondo ed io arrossii, tanto da nascondermi poi il volto tra le mani e correre via, come la prima volta che incrociai il suo sguardo. Mi aveva davvero visto conciato in quel modo... pensai e mi morsi un labbro. Mi fermai vicino al reparto della frutta cercando di dar tregua al mio respiro e mi vergognai ripensando a come avremmo mai potuto avere una conversazione normale dopo che mi avesse visto con quei vestiti addosso arrossire e scappare per ben due volte da lui.

«Jimin giusto?» spalancai gli occhi e sussultai per la sorpresa, portandomi una mano al cuore riconoscendo quella calda voce. Non mi sarei mai aspettato di ritrovarmelo davanti ma quel che la sfortuna vuole ottiene, no? «C-ciao» balbettai e scossi un attimo la testa riordinando i pensieri per poi alzare lo sguardo ed osservai il suo. Stava sorridendo ed era bellissimo.

«Cioè sì, sì Jimin, cioè, sono io Jimin...» sorrisi ma non comparì bello come il suo, dato che mi sentii ridicolo e desiderai di correre via un'altra volta, consapevole di aver fatto una figuraccia.

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