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Mi accompagnò a casa, come giorni prima, con l'unica differenza che restammo in macchina. «Jimin...» disse ed io sbattei le palpebre, rimaste ferme per troppo tempo a guardare fuori dal finestrino. In quell'auto si sentirono solo i nostri respiri per qualche minuto. «Si?» chiesi e mi voltai, guardandolo sorridere. Mi nacquero dei piccoli brividi che si spostarono veloci per tutto il mio corpo, quasi fossero delle formiche a farmi il solletico. Sinceramente, mi stupii di me stesso: non avrei mai pensato che un leggero e poco pronunciato sorriso - come il solito e sincero che mi regalava ad ogni nostro sguardo - avesse potuto farmi innamorare e perdere la testa sempre di più. Era magnetico, come se quella forza d'attrazione fosse accentuata e messa in moto proprio da quel dolce gesto.

«Nulla... amo guardarti» disse ed esplose il motore nel mio petto, quell'organo che a forza di battere non desiderava altro che riposarsi per un po'. Aveva scagliato una bomba all'interno del mio costato e - sebbene non le avesse toccato toccate - per il calore prodotto da quel terremoto le guance diventarono bordeaux. Anche lo stomaco aveva subito qualche cambiamento dal momento in cui lo sentii borbottare e spingere le farfalle verso l'alto. «Ugh smettila di essere così dolce... mi fa male la pancia ed il petto...» sussurrai, abbassando il capo. «Vieni qui, su» mi disse e mi morsi un labbro appena alzai lo sguardo, consapevole del fatto che mi avesse chiesto di abbracciarlo.

Sorrisi, lanciandomi fra le sue braccia e mi catturò sul suo petto come le nuvole quando si posano sul terreno. Era leggero. Talmente tanto da farmi pensare che al parco non fosse stato lui a dare un pugno al tavolo. Respirai affondo quando il suo aspro profumo mi graffiò il naso e chiusi gli occhi, così rilassato da voler restare per tutta la notte a godermi tutto quel calore con lui. «Hyung... voglio restare con te, non voglio tornare a casa» ammisi ed amavo appoggiare la mia testa sul suo cuore, ascoltare per ore i suoi battiti accelerare ad ogni mio flebile intervento e sentirli rallentare appena cercava di chiudere occhio. Ridacchiò e memorizzai la sua risata mentre la pioggia disegnava il suo percorso sui vetri dell'auto e i tergicristalli andavano a tempo.

«Se potessi ti terrei qui con me per sempre Jiminie» mi sussurrò all'orecchio ed io tremai per le forti scosse che la sua calda e bassa voce procuravano al mio corpo. Mi baciò la testa dopo qualche secondo ed alzai il volto sospirando, conscio del fatto che sarei dovuto uscire da quell'auto per rientrare in quella triste casa dalla parte opposta del parcheggio. «Mia madre si starà preoccupando... devo andare... credo» dissi e mi morsi un labbro. Lui non temporeggiò a prenderselo e lo strinse con grazia, con la paura di ferirmi per davvero. Sorrisi e chiusi gli occhi; avrei vissuto in eterno in quel loop continuo se solo ci fosse stato lui a baciarmi senza alcun pretesto. «Non mi stancherei mai...» feci e cercai di mettermi la cartella sulle spalle e prendere l'ombrello che mi tenevo sempre dietro, prendendo il treno dovevo camminare per arrivare a scuola e non vi erano sempre le case a proteggermi il capo dalla pioggia.

«Nemmeno io» disse e gli sorrisi, regalandogli un veloce bacio sulle labbra nel quale tutti e due chiudemmo gli occhi. «Verrai a trovarmi a lavoro domani? È da tanto che non vieni...» mi chiese ed io ci pensai un attimo, portando la mano sulla maniglia della portiera e l'altro sotto al mento. «Chiederò Hyung, mio padre non ha passato molto tempo a casa in questi giorni, cercherò di convincerlo» sorrisi ancora, quasi fosse diventata un'abitudine e vedendolo annuire abbassai la maniglia, uscendo così dall'auto dopo aver tentato di aprire l'ombrello più volte. «Ti aspetterò, va ora, che sennò ti ammalerai davvero... e non potrò rivederti domani» disse e cercò di fare il broncio, cosa che mi fece perdere un battito.

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