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Arrivai a scuola come ogni mattina e frequentai le prime due lezioni accompagnato dalla noia e dalla stanchezza. Avevo già chiesto a mio padre di andare nel supermercato in cui lavorava Yoongi e con mia sorpresa era intenzionato anche lui ad andarci. Rimasi talmente felice da sorridere per tutto il tragitto del treno per poi mascherare la mia felicità con gli sguardi bassi e tormentati degli alunni del mio istituto. Taehyung era già in aula al mio arrivo, per incontrare Jungkook era arrivato prima in stazione e dedussi allora che stesse facendo dei progressi con la sveglia o che magari l'avesse cambiata per davvero. «Park... il quaderno» sentii e quella mattina la professoressa mi incuteva ancora più timore e batticuore del solito. Stavo, come si suol dire: sudando freddo.

«Arrivo» dissi, cercando di non balbettare e farmi vedere tranquillo. Sotto lo sguardo di tutti iniziai la mia lunga camminata verso la cattedra ed ammiravo dei ragazzi farmi il segno della croce ed altri pregare in silenzio per me mentre Taehyung deglutì, consapevole del fatto che sarebbe entrato anche lui in quell'incubo. Mi morsi un labbro e forse tremai anche un po' oltrepassato il banco davanti al mio ma solo il viso di quella signora che si faceva sempre più vicino mi mise l'impulso di scappare lontano. Magari avrei dovuto nascondermi o fingermi morto in infermeria od in bagno. Continuarono gli sguardi preoccupati dei miei compagni e feci un altro passo, arrivando finalmente faccia a faccia con demone dell'artistico.

«E-ecco a l-l-» balbettai e deglutii più volte ma la frase non riuscii comunque a finirla poiché mi prese il quaderno dalle mani con uno scatto fulmineo, quasi invisibile alla vista umana. Se prima la mia ansia e preoccupazione erano alle stelle ora avevano direttamente superato la nostra galassia. L'unica cosa che mi era rimasta da fare era aspettare ed in questi momenti non bastavano nemmeno dieci unghie da mordere e più di mille movimenti al secondo con le gambe, quelli che si compiono picchiettando il terreno con il piede da sotto il banco, quelli che non funzionano mai ma che si fanno lo stesso dettati da uno strano impulso.

«Mh... bene Park, sei» disse e la saliva si fermò bloccandomi il respiro. Yoongi si era impegnato così tanto a scrivere gli ultimi temi ed io avevo passato tutto un pomeriggio su quel dannato quaderno per finire dei compiti supplementari, nemmeno obbligatori per tutti. Avevamo riempito più di quindici facciate e lei aveva con calma sfogliato solo le pagine. A fatica sarei riuscito a leggere io un mio tema in neanche dieci minuti, come aveva fatto lei a valutarlo ed a riconsegnarmelo senza dettarmi gli errori? «Come?» domandai, cercando di farle intendere che non avessi compreso bene, nulla di proposito per sfidare le sue parole.

«6 Park, è il primo quadrimestre, la tengo sulle spine» fece e mi sorrise, con la dentiera a lasciarle un disgustoso segno sulla gengiva. Quel molto probabilmente sorriso odiato dalla maggior parte delle persone in quella scuola mi fece bollire il sangue nelle vene. Voleva giocare con me, aveva appena ammesso che quel semplice sei non era il voto che mi sarei aspettato ma quello che secondo lei era più giusto da darmi per cosa? Per farmi paura? «Grazie prof» la ringraziai con un inchino e tornai al mio posto, sicuro che avrei fatto del mio meglio per riprendermi il voto che Yoongi ed io meritavamo sul serio.

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