Claire|| Genziane

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Mia madre non voleva che oggi pomeriggio andassi ad aiutare mia zia al negozio di fiori. Le previsioni meteo hanno preannunciato per l'imbrunire la prima nevicata di quest'inverno, tanto per confermare che siamo a metà dicembre e ci stiamo inoltrando sempre di più nella mia stagione preferita.

Non le ho dato retta, ho indossato le mie Dr. Martens, mi sono messa un maglione in più e sono uscita di casa comunque. Dopo una giornata di scuola passata a sforzarmi di sorridere a persone che non mi piacciono, a sopportare il caos nei corridoi provocato da armadietti che vengono sbattuti e la frenesia degli studenti che mi sballottano di qua e di là senza nemmeno degnarsi di chiedere scusa, ho bisogno di ritirarmi nel mio piccolo angolo di tranquillità. Ho bisogno di ridurre il contatto umano e di circondarmi di silenzio e tranquillità, lasciandomi inebriare dal delicato profumo dell'ipomelia e delle genziane, che mi avvolgono in un caldo abbraccio invisibile che mi rigenera e mi rassicura.

Accelero il passo quando, una volta svoltato l'angolo, vedo il negozio in fondo alla strada. L'aria gelida mi sferza le guance nonostante abbia il volto mezzo sepolto nella pesante sciarpa di lana rossa che mi ha cucito mia zia stessa lo scorso inverno.

Inizio a sentirmi meno irritata e nervosa non appena mi trovo in prossimità della porta d'ingresso, come se avessi varcato un cerchio magico e adesso mi trovassi in un'altra dimensione, come nel cartone animato Barbie e le dodici principesse danzanti.

Tiro fuori una mano dalla tasca del cappotto e apro l'elegante porta in legno, facendo tintinnare come al solito i tubicini di vetro che pendono dal soffitto.

- Ciao, zia.- saluto allegramente la donna seduta dietro al bancone.

- Tesoro, fa freddissimo fuori.- replica preoccupata zia Laila, scrutandomi da dietro i suoi occhiali a mezzaluna poggiati sulla punta del naso.- Come sempre mi fa più che piacere vederti, ma non vorrei che mia sorella abbia qualcosa in contrario.

Faccio spallucce.

- Mi piace venire qui. Se non tolgo tempo allo studio, non vedo quale sia il problema.

Zia Laila sorride. So che è contenta di avermi intorno perché ormai mi considera la figlia che non ha mai avuto. Tutti nella nostra famiglia l'hanno etichettata come la zitella stramba, ma io la trovo la persona più interessante e vivace che conosca. La ammiro perché da sempre quando si impunta su qualcosa porta avanti le proprie idee con invidiabile determinazione, senza preoccuparsi di quello che potrebbero pensare gli altri sul suo conto.

- Allora, cosa dicono le stelle sulla mia giornata?- domando allegra sfilandomi il cappotto e appoggiandolo in un ripiano sotto al bancone.

Gli occhi di mia zia si illuminano. È un'appassionata di tutto ciò che riguarda le interpretazioni delle stelle e dei sogni.

- Sento che la sera sarà accesa negativamente da qualche reazione avuta contro un tuo comportamento e questo farà partire una fase di stress.- mi risponde chiudendo gli occhi per concentrarsi.

- E domani?- chiedo curiosa. Non credo veramente all'oroscopo e all'astrologia, ma ammetto che ne sono piuttosto affascinata.

- Felicità al quaranta per cento, amore al quarantuno e fortuna al sessantacinque.- sentenzia riaprendo gli occhi.

- E...

- E adesso al lavoro.- mi interrompe lei, ma il suo tono è bonario.- Potresti rimanere qua davanti per un po'? Devo finire l'inventario prima che questo negozio diventi la selva andina.

Annuisco e prendo il posto di mia zia mentre lei, dopo essersi sistemata gli occhiali sul naso, si volta per andare nel retrobottega, accompagnata dal fruscio del suo lungo vestito viola che arriva fino a terra.

Sto ammirando delle bellissime genziane blu che zia Laila ha sistemato sul davanzale interno della finestra, quando il solito tintinnio all'ingresso annuncia l'arrivo di un nuovo cliente.

- Buonasera.- saluto senza guardare di chi si tratta, incapace di distogliere lo sguardo da quei fiori. Le genziane sono considerate simbolo di determinazione, perché sopravvivono sia alla calura estiva sia al freddo invernale.

- Ciao.

La voce mi è familiare, l'ho già sentita a scuola. Prima ancora di spostare lo sguardo, so che quello che quello che è appena entrato è Jonah Marais.

Io e Jonah non ci siamo mai parlati prima d'ora perché a) abbiamo interessi e personalità completamente differenti, b) non abbiamo nessun amico in comune, c) Jonah Marais è considerato il Troy Bolton della nostra scuola, mentre io rivesto più o meno lo stesso ruolo di quello che pulisce il set dopo ciascuna ripresa di High School Musical.

- Non sapevo lavorassi qui. - corruga la fronte, scrutandomi con i suoi occhi scuri.- Ho sempre visto la signora Wood.

Sempre? Vuol dire che Jonah Marais frequenta abitualmente un negozio di fiori pur non essendo fidanzato? Curioso.

- Sono sua nipote.- chiarisco.- Vengo qui qualche ora per aiutarla. Non sembra, ma c'è un sacco di lavoro da sbrigare.

- Immagino.- annuisce Jonah poco convinto.- Senti, avrei bisogno di un mazzo di ciclamini. Mettici anche qualche fiore bianco in mezzo, se puoi.

- Certo.

Che scelta curiosa. Il ciclamino è una sorta di amuleto contro la sfortuna, ma è raro che mi chiedano questo fiore preciso.

Jonah non si siede, né si allontana dal bancone. Si limita a starsene lì in piedi, gettando qualche occhiata fuori dalla finestra e passandosi ogni tanto una mano fra i capelli castani, mentre io svolgo il mio lavoro. Ogni tanto lo guardo di sottecchi e noto che quando non pensa di essere osservato, socchiude gli occhi e gli si formano delle grinze ai lati, come se avvertisse una pesante stanchezza. Oppure una grande tristezza.

- Ho quasi finito.- lo avverto dopo qualche minuto di silenzio. Indico una pila di foglietti bianchi posti su bordo del tavolo.- Se vuoi nel frattempo puoi scrivere un biglietto da inserire nel mazzo.

- No, niente biglietto.

- D'accordo. Sono dodici dollari.

Appoggio lo scontrino accanto al mazzo di fiori, mentre Jonah prende il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans. È un portafoglio di Ralph Lauren, che ho visto pochi giorni fa in una delle riviste patinate di mia madre e che costa sui trecentocinquanta dollari. Non oso immaginare quanto debbano costare allora la sua giacca o le sue scarpe.

- Grazie e buona serata.

- Anche a te. Ci si becca a scuola.- dice prima di prendere in mano i fiori con estrema attenzione, per poi uscire dalla bottega tenendoli stretti al petto.

"Ci si becca a scuola". Scuoto la testa, piegando la bocca in una smorfia. È più probabile che il Sole si spenga da un giorno all'altro, o che la Rowling pubblichi la trilogia dei Malandrini.

Venom// Jonah Marais Why Don't WeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora