CAPITOLO -2-

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                                                                                         AVRIL

Con gli occhi chiusi cerco di rilassarmi per non pensare troppo al silenzio di mia sorella e mi godo l'aria frizzante della sera che filtra attraverso il finestrino del taxi. Con i miei auricolari ascolto uno dei miei cantanti preferiti Sting "Englishman in New York", una pillola di saggezza per il mio stato d'animo.

Apro gli occhi al suono della voce del taxista che mi informa che siamo arrivati. Nemmeno me n'ero accorta .Prendo il telecomando dalla borsa per aprire il cancello. Noto con tristezza che le luci del viale e di casa sono spente, segno inequivocabile che Rose non è neanche a casa. Scendo dal taxi e pago la corsa, tutto sommato mi è andata bene. Ringrazio salutando l'autista che va via, lasciandomi completamente da sola nel buio della notte.

Sospiro rassegnata, afferro il trolley ed entro in casa accendendo immediatamente le luci. Odio il buio. Poggio le chiavi e la borsa sul tavolino all'ingresso. Vado verso la cucina per bere un sorso d'acqua, afferro l'unica bottiglia d'acqua. Bevo un lungo sorso. Guardo l'ora, sono le 22:00 e di mia sorella nessuna traccia. Ma che cavolo sta succedendo? Avverto una morsa allo stomaco, ho un brutto presentimento. Non è da lei comportarsi in questo modo. È un anno che non ci vediamo... no. Di sicuro deve esserle successo qualcosa di brutto per non essere quì in questo momento.

Assalita dalla preoccupazione cerco di richiamarla ancora, ma questa volta scatta immediatamente la segreteria. <<No, non è possibile. Magari, forse si sarà solo spento il cellulare...>> sbotto disperata, incredula sussultando al suono della mia stessa voce.

Cosa ti è accaduto Rose? Perchè questo comportamento strano? Mi domando perplessa. Oh mio Dio, ti prego fa che non le sia successo nulla di grave. Mi tremano le mani, mi ritrovo a piangere come una bambina, solo al pensiero di mia sorella in un letto di ospedale senza nessuno accanto a lei. Basta! non è il momento di pensare al peggio. Mi rimprovero.

Trascino i piedi e con lentezza estrema vado a prendere il trolley e lo zaino e li trasporto fino al divano. Sfinita mi ci lascio cadere sopra. Cerco di calmarmi facendo dei respiri profondi. Pensa Avril, pensa... giusto! Perchè non ci ho pensato prima? Faccio una ricerca accurata con "santo google" appuntandomi i numeri telefonici degli ospedali della zona. Comincerò da lì...

Dopo interminabili attese telefoniche sia con gli ospedali e successivamente con la polizia, finalmente ho la certezza che nessuna Rose Jillian Evans risulta nè ferita, nè in coma, nè... morta e nè tantomeno arrestata dalla polizia. Con sollievo ringrazio Dio.

Provo ancora a richiamarla e la voce insopportabile della segreteria telefonica mi chiede di lasciare un messaggio... <<vuoi un messaggio brutta stronza? vaffanculo voce irritante, vaffanculo Rose. Richiamami. Richiamami immediatamente>> sbraito seccata mentre riattacco piangendo.

Stanca di tutto mi stendo sul divano. Sono esausta e la testa mi martella forte nelle tempie come se avessi un picchio che si diverte a beccarmi il cervello. Lo stomaco mi brontola, ho una gran fame, non tocco cibo da quando sono partita da New York. Fisso un punto indefinito del soffitto. Chi l'avrebbe immaginato! torno a casa dopo aver frequentato per un anno un corso di letteratura nella "grande mela", ottenendo ottimi risultati con molti sacrifici e tanta dedizione. Non vedevo l'ora di riabbraciare mia sorella e invece... eccomi quì, sola e affamata. Evviva. Bentornata a casa Avril. Penso tristemente.

Continuo a sperare che Rose aprirà la porta di casa da un momento all'altro e tutta questa angoscia sparirà come nebbia al sole. Sì, lei tornerà a casa! mi rassicuro per non crollare, è rideremo insieme delle mie inutili preoccupazioni... si sarà cosi.

Inabissato nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora