CAPITOLO -19-

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TAKUMI

UNA SETTIMANA DOPO

Finalmente sono a casa, aspetto che il cancello si apra del tutto. Cavoli sono giorni che piove, questa pioggia ormai mi ha stancato. Sono le 21 e mi sembra notte fonda. Non vedo l'ora di farmi una doccia, mettere qualcosa sotto i denti e finalmente rilassarmi un po'. Entro nel viale. È stata una settimana d'inferno, Vanni, il nostro coreografo, ci ha massacrati fino a quando non è stato del tutto soddisfatto di noi. Per non parlare di Josh che ha continuato ad assillarmi e a bombardarmi di domande, perchè voleva sapere com'erano andate le cose con Avril. Gli ho detto solo che era tutto risolto, che lei aveva capito e che non si sarebbe più fatta vedere. Non mi andava di raccontargli come erano andate in realtà le cose. Sono stato di pessimo umore per tutta la settimana e ad essere sinceri non so spiegarmi nemmeno io il perchè. Jared ha continuato a dirmi che c'era in me qualcosa che non andava e che ero più stronzo del solito, ed è vero.  aveva ragione.

Percorro il sentiero che porta al garage. La mia attenzione viene catturata da una valigia aperta e un mucchio di indumenti a terra vicino alla porta d'indresso. Freno di colpo. Ma che diamine... sento il mio sangue gelarsi e il respiro farsi pesante. Senza pensarci sù due volte, apro lo sportello e corro sotto la pioggia battente...

Il cuore mi va a mille. Ho un brutto presentimento. Ho la pelle d'oca e non per il freddo... Confuso osservo la scena che mi si para davanti. Il cuore quasi mi si ferma quando noto una scarpa da ginnastica bianca spuntare fuori da quel mucchio di vestiti sparsi a terra. D'istinto con mano tremante sollevo una felpa... Cazzo! no. no. no. Merda! é lei con orrore scopro, Avril priva di sensi rannicchiata in posizione fetale. Cosa ho fatto!

Cado in ginocchio accanto a lei <<ehi piccola>> la chiamo terrorizzato, accarezzandole la testa. <<CAZZO!>> scotta da morire. Racchiudo il suo viso fra le mie mani <<ehi... non farmi brutti scherzi. Svegliati>> la sollevo spostando i resti degli indumenti. La prendo tra le mie braccia. Cazzo! chissà da quanto è in questo stato.

<<Ehi piccola andiamo>> dico sconvolto. La scuoto cercando di essere il più delicato possibile. Le prendo la mano per sentirle il polso. <<maledizione!>> impreco contro me stesso.

Ha le mani ghiacciate.

<<Piccola. Non fare così>> le parlo cercando di svegliarla, ma lei resta inerme. Dannazione! la sollevo di peso. Non so nemmeno io come riesco ad aprire la porta, so solo che ora devo prendermi cura di lei. Glielo devo.

Con delicatezza la stendo sul divano. Le tolgo le scarpe fradice e con mani insicure la spoglio. I suoi vestiti sono troppo umidi. So che non dovrei farlo. Ma non ho altra scelta. Mentre la libero dai jeans appiccicosi, bisbiglia frasi sconnesse e so che è colpa della febbre alta. È più magra rispetto ad una settimana fa. Le sue labbra sono violacee e screpolate. Valuto le sue condizioni. Aver studiato medicina mi torna utile. Palpo la sua gola, è gonfia e questo potrebbe spiegare la febbre alta. È anche molto disidratata, deve ingerire liquidi. D'istinto mi cade l'occhio sulle sue mutandine giallo fluorescente e mi sento un fottuto maniaco, se non fosse in questo stato, sarei scoppiato già a ridere per la sua stravaganza. La guardo, è incredibile, anche quando è conciata così non posso fare a meno di ammirare la sua bellezza, la perfezione del suo corpo. Le apro la felpa, sfilandogliela delicatamente. La lascio in biancheria intima e corro in camera mia a prendere delle coperte e qualcosa da metterle addosso.

Faccio in fretta. Le infilo una mia t-shirt e la copro...

Apre leggermente i suoi meravigliosi occhi... <<mmmh...>> sembra che mi stia guardando, ma li richiude subito.

<<Ehi piccola. Ora sei qui. Perdonami. Ti prometto che andrà tutto bene. Starai meglio, mi prenderò io cura di te>> le sussurro e non so se sto rassicurando lei oppure me stesso.

A malincuore mi allontano da lei per poter mettere la macchina in garage e recuperare tutte le sue cose.

Metto la valigia aperta accanto al divano. Prendo una bacinella e la riempio d'acqua fredda, ci immergo uno straccio di cotone e vado da lei. Mi siedo e con una mano le sollevo la testa, cerco con fatica di farle ingerire dell'acqua con un antipiretico per far si che le cali la febbre. Adagio di nuovo la sua testa sul cuscino del divano. Mettendole il panno freddo sulla fronte, così da darle un po' di sollievo.

Vado di nuovo in cucina, sospiro massaggiandomi le tempie. Okay...prendo un tegame, mentre estraggo il mio telefono dalla tasca dei jeans e mi accingo a telefonare a l'unica persona che più può aiutarmi in questo momento...

<<Okaasan ho bisogno del tuo aiuto...>>.

Mia madre in breve mi spiega come preparare la sua minestra "miracolosa" come la chiama lei, che in Giappone si chiama zuppa di Miso.

Prima di terminare la chiamata, mia madre non perde tempo nel chiedermi per chi sto preparando la zuppa. Glisso sulla sua domanda, per non darle troppe spiegazioni. Saluto mia madre rassicurandola di stare bene.

<<Sono sicura che la tua "amica" dopo aver mangiato la mia minestra, si sentirà di sicuro meglio>> se ne esce.Sorrido mai una volta che le sfugga qualcosa!

Mia madre è un portento. L'amo tantissimo, per me è la migliore. Con lei ho sempre avuto un rapporto diverso rispetto a mio padre. Lei mi ha sempre capito, appoggiato su ogni mia decisione. Ha una mentalità aperta, non è per nulla bigotta e come me anche lei alla mia età, ha avuto i suoi momenti di "ribellione". Il mio carattere "ingovernabile" lo devo alla mia bisnonna, che a suo tempo si innamorò perdutamente di un giovane soldato inglese, inviato dal suo comando in Giappone, appena si incontrarono fu subito amore e infine mettendosi contro suo padre se lo sposò senza fregarsene di nessuno. Durante la mia infanzia ho sentito narrare la loro storia d'amore un infintà di volte. Il mio bisnonno inglese era figo, ma la mia bisnonna per me, nonstate tutti gli acciacchi dovuti alla sua età, è una forza della natura.

Mi assicuro di avere tutto quello che mi occorre per preparare questa zuppa, che si tramanda ormai da generazioni nella mia famiglia, oltre ai suoi ingredienti originari, ce n'è uno in particolare che fa la differenza, ed è proprio quello che viene tramandato dalla mia bisnonna da che ne ho memoria. Mia madre mi ha dato solo una misteriosa polvere rossa, conservata in una piccola boccetta di vetro ed è proprio quella che darà il tocco finale.

Metto tutti gli ingredienti, lavati e tagliati come si deve, a cuocere nel tegame, frattanto torno di nuovo da lei per controllare se le è calata la febbre. Le faccio un altro impacco freddo. Avvicino la mia mano al suo viso e con le dita le sfioro la guancia. Ora è più fresca, il suo viso è bellissimo, mentre dorme sembra quasi una bambina. Sorprendo me stesso quando mi abbasso verso di lei, attratto come se fra noi ci fosse un filo invisibile che mi lega a lei. Le bacio la punta del naso <<mi dispiace piccola, avrei dovuto ascoltarti>> sussurro pentito.

Stanco mi strofino il viso, sono a pezzi e il senso di colpa mi opprime il petto. Dalle sue condizioni è evidente che non è mai andata via da qui, di sicuro si sarà nascosta da qualche parte in giardino. E se tutto quello che mi ha raccontato è vero, chi meglio di lei può conoscere ogni angolo nascosto di questo luogo? Oh cazzo! Ciò significa che per tutta la settimana è stata esposta al freddo, e alla pioggia. Dannazione! Mi strofino di nuovo la faccia e se potessi mi prenderei a pugni da solo. Cosa ho combinato?! Sospiro frustrato. Aveva ragione Josh, magari se non fossi stato così stronzo l'avrei potuta aiutare in qualche modo e ora non starebbe così.

Incazzato con me stesso, vado di sopra per farmi una doccia, cambiarmi e prendere una coperta. Sarà una notte lunga, perchè adesso non intendo lasciarla da sola.

Inabissato nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora