CAPITOLO -4-

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AVRIL

Cammino verso casa. Ho aspettato che quei bastardi andassero via. Ci hanno messo davvero un eternità a smammare. Sghignazzo per averli fregati tutti!

Mi sono nascosta nell'aria giochi che mio padre costruì per me e mia sorella. Papà diceva sempre che era un posto tranquillo e sicuro dove potevamo giocare. Ma la verità è che lui dal suo studio mentre lavorava a casa vegliava sempre su di noi col suo sguardo vigile e protettivo. In realtà ogni cosa di questo posto l'ha realizzata lui. Ha pensato, a ogni minimo particolare.

Quindi mi sono rintanata dentro il tunnel fatto di pietra , dove nemmeno un occhio attento avrebbe potuto stanarmi e ho avuto un bel po' di tempo per rimuginare su tutto quello che mi è piovuto addosso da quando sono tornata a casa. Mi ripeto che ci sarà sicuramente una spiegazione. Non voglio credere davvero che mia sorella sia arrivata al punto di dimenticarsi totalmente di me. Ho provato a chiamarla ininterrottamente, senza ottenere alcun risultato, ma la cosa che più mi addolora e che più mi ha spezzato il cuore è aver scoperto che la casa non è più mia. Come ha potuto quella stronza egoista di mia sorella fare tutto questo? Come? Appena le metto le mani adosso, la disintegro totalmente. La odio per quello che ha fatto e la odio per avermi messa in questa situazione, senza farsi sentire, fregandosene completamente. Il punto è che non ne comprendo la causa. Esigo delle spiegazioni e dovrà darmele con le buone o con le cattive, anche se questo significa andarla a stanare in capo al mondo. Non rinuncerò alla mia casa per nessun motivo.

Apro la porta di casa ed entro nell'enorme open-space, la desolazione mi investe come l'uragano Katrina. Si sono portati via tutto, anche la mia cucina ad isola di legno... Hanno lasciato solo poche cose. Lo stomaco mi si contorce e un senso di oppressione mi invade il petto. Piango lacrime amare. Dei brividi mi percorrono la pelle. Sento la gola stringersi dal disperato bisogno di urlare per la rabbia e per il senso di impotenza che provo. Corro su per le scale e mi precipito in camera da letto di mio padre o quello che ne resta. Sono terrorizzata al pensiero che si siano portati via anche le foto della mia famiglia o di qualsiasi pezzettino di loro che possa tenere con me. Tra le copiose lacrime che ormai precipitano dai miei occhi, scorgo una cornice ribaltata sul pavimento. Con il cuore che mi batte forte la raccolgo. È la foto che ritrae mio padre e mia madre nel giorno del loro matrimonio mentre si abbracciano guardandosi negli occhi colmi d'amore, trasmettendosi a vicenda la promessa silenziosa di un futuro pieno di felicità. Ormai sono precipitata nell'oblio del dolore. Il vetro è spaccato, ed è così anche per il mio cuore. La stringo al mio petto, senza badare al vetro rotto mentre il torrente di lacrime mi travolge, spazzando via le emozioni che ho cercato con tutte le mie forze di trattenere, ormai crollo nella mia disperazione.

Non so quanto tempo sia passato da quando sono sdraiata sul pavimento. Minuti? Ore? Non ne ho idea. Mi rigiro sulla schiena, osservo il soffitto. Faccio dei respiri profondi. Calmati Avril, piangerti addosso non ti porterà da nessuna parte, mi do coraggio asciugandomi le lacrime con le maniche della maglietta. Mi alzo e cerco di pensare a come organizzare e sfruttare il resto del tempo che ho a disposizione. Devo assolutamente trovare una soluzione. Mi svuoto le tasche dei jeans facendo il punto della situazione in cui mi trovo. Settantacinque sterline per poter comprare del cibo che non abbia bisogno di cottura. Scendo di sotto, combattiva più che mai. Maledetto, perché questo cretino, imbecile, ha sentito il bisogno di liberarsi di tutti i miei mobili? questa villa è messa più che bene, non ha bisogno di nessun accorgimento. Ancora una volta mi guardo intorno. Lo spazio vuoto è deprimente. Mi circonda solo il silenzio. A passi decisi vado a raccogliere lo zaino, estraggo il portafoglio tirando fuori tutti i miei documeti. Trovo quello che stavo cercando, il biglietto da visita della banca. Ho bisogno di informazioni e di parlare con l'amico di mio padre. Non so perchè, ma ho come un brutto presentimento. Senza pensarci su due volte, afferro il cellulare e compongo il numero.

Inabissato nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora