Capitolo 18: Il dramma di Davide

427 30 130
                                    

Seconda parte

Davide

Divento nervoso, voglio raccontarle tutto, voglio che capisca che persona orribile sono, come si fa ad uccidere una sorella.

"Questa colonna sonora mi rappresenta, l'ho messa io per ricordarmi che razza di mostro sono diventato, come nel telefilm il professore buono è diventato cattivo, anche io sono cambiato e ho imparato a diventare cattivo" sono troppo agitato, così inizio a correre, stringo forte il volante dell'auto e accelero sempre di più.

"Ti prego non correre, rallenta" spegne la radio e la musica cessa di suonare, e mi stringe goffamente.

"Aurora scusami." E cosi rallento, nessuno dei due parla. Continuo a camminare nel buio della notte, senza meta, ritrovandoci sulla litoranea. Poi mi fermo di fronte ad una spiaggia spengo il motore e guardo il mare così agitato, proprio come me, la luna si specchia sul mare nero restituendomi una calma parziale.

"Sono tre anni che mia sorella è morta, è scomparsa per salvare me dai casini" dico senza guardare Aurora, ma continuando a fissare la luna piena e Marcoffio, mi ricordo che mia nonna ci raccontava sempre di questo giovane innamorato. Se si guarda la luna piena con più attenzione si vedrà materializzarsi il faccione di Marcoffio, fuggito sulla luna per sfuggire alla morte. Da allora, condannato all'immortalità, il povero innamorato disperato, osserva la terra dal cielo e piange il suo amore irrealizzato.

"Avevo quasi 16 anni, quando sono entrato a far parte di un brutto giro." Le dico risvogliandomi dai miei ricordi.

"Ci eravamo trasferiti da poco a Venezia, non mi trovavo bene in quella nuova città, prima eravamo a Genova, prima ancora a Livorno.
Ero un ragazzino felice, facevo molti sport, ero molto bravo in tutto" dico.

"Anche adesso sei molto bravo, sei un campione di pallavolo" mi dice Aurora per cercare di alleggerire questa mia tensione, e le sorrido timidamente.

"Poi ho dovuto abbandonare di nuovo tutti. Odiavo mio padre per tutte le volte che eravamo costretti a cambiare città, amici. Non avevo più radici. Con i miei genitori era diventato uno scontro continuo, mi sentivo solo, neanche mia sorella poteva capire il mio tormento" bevo un sorso d'acqua.

"Ho abbandonato gli sport. Ho iniziato a frequentare una palestra di box, poco raccomandabile. Lì mi distinguevo per la mia forza, nonostante la giovane età, così ho conosciuto dei ragazzi, io ero il più piccolo della banda. In principio non facevamo nulla di male, qualche canna fra di noi. Poi ho incominciato a fare da palo, inizialmente con capivo cosa facessero di preciso, in seguito ho scoperto che spacciavano erba." Osservo Aurora, ma in lei non trovo ostilità ma solo dolcezza.

"Ho perso un anno di scuola per seguire i miei nuovi amici. Non la frequentavo quasi mai, ero bravo a falsificare la firma dei miei." Rido al ricordo della bocciatura, scappai di casa per tre giorni, mi punirono impedendomi di uscire, ma io ero ancora più ostile nei loro confronti e non feci più solo da palo.

"Dopo questo episodio mia sorella scoprì tutto, aveva 19 anni, aveva già sospetti, dato il mio comportamento, così mi segui. Non ero più il suo cucciolo, come mi chiamava lei, ero cambiato. Lei era la mia forza il mio uragano di vita, ma in quel periodo non riusciva ad aiutarmi" Faccio una piccola pausa, Aurora stringe ancora di più le sue mani sulle mie, dandomi forza.

"Quando ha capito in quale casino mi trovavo, ha fatto di tutto per aiutarmi ad uscire fuori dal giro. Io non volevo, gli altri mi avevano convinto che loro erano la mia famiglia, allora lei per aiutarmi è entrata nel gruppo" sbatto le mani violentemente sul volante, lei mi possa nuovamente le sue mani sulle mie.

Patto d'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora