1 ELE

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Inizia un'altra settimana di lavoro. Uffa!

Questo penso, mentre cammino velocemente verso il bar presso cui lavoro, imbottita nel giubbotto pesante e coperta con sciarpa e cuffia, mani in tasca e cuffiette dell'mp3 alle orecchie.

È da quando ho cominciato a lavorare lì che dico a me stessa che me ne devo andare e invece sono già passati sei mesi. Diciamo che non ho poi molto da lamentarmi: lavoro una settimana sì e una no, ma a fine mese prendo bene, se sommo anche la paga della pizzeria nei week-end. Non mi va poi così male, riesco a mantenermi l'Università e a mettere anche qualcosa da parte.

Però non mi piace. È un bar per vecchi! L'età media degli avventori sarà settantacinque anni e i discorsi più emozionanti sono i bombardamenti della Grande Guerra. Dolcissimi, per carità, e gentilissimi con me. Mi trattano bene, mi coccolano, mi viziano, hanno sempre parole gentili. Ma se non mi piace, non mi piace, no?

Apro la porta e poggio la borsa sul bancone, poi mi spoglio e butto il giubbotto, la cuffia e la sciarpa in un angolo del magazzino. Afferro il grembiule e lo allaccio.

Passo tutte le finestre, sollevando le tendine, apro le porte interne, accendo le luci dei frigo e poi quelle delle stanze. Ecco. Una nuova serata ha inizio.

Mi trascino dietro il bancone e avvio la macchina del caffè per fare i primi due della giornata che poi butterò nel lavandino, perché sanno sempre di bruciato. La macchina è troppo calda. Guardo l'orologio: le diciotto e cinquantadue. Sono la signora della notte! E devo tirare fino alla mezza.

Il terzo caffè è mio, me lo gusto appoggiata al lavandino, un braccio incrociato al petto. Guardo dal finestrone le persone che passano per raggiungere la palestra qua dietro. Quelli che mi conoscono, o che anche se non mi conoscono mi vedono qua due settimane al mese, mi salutano ed io rispondo a tutti con un sorriso.

Penso all'esame di giovedì: storia contemporanea. Dovrei essere a casa a studiare in questo momento. Non finirò mai l'Università. Ho fatto la cavolata di sotterrarmi di lavoro quest'estate e ho perso un'intera sessione d'esame. Ma è arrivato tutto insieme, che dovevo fare? Non sono una brava nei ragionamenti. Giuro che ci provo, m'impegno, ma poi faccio sempre la scelta sbagliata.

Vabbè in pizzeria lavoro già da due anni, ma si tratta solo di sabato e domenica e tutte le feste possibili e immaginabili. A maggio si è liberato un posto qua al bar, ho fatto domanda e mi hanno presa subito, erano un po' con l'acqua alla gola. E dopo una settimana mi arriva la telefonata del negozio di animali in fondo alla strada che aveva tirato fuori un mio curriculum di molti mesi prima, dove mi chiedono se sono disponibile subito. Sì, certo che sono disponibile! E così, per tutta l'estate, mi sono divisa tra il negozio di animali di giorno, il bar la sera durante la settimana e la pizzeria nei weekend. Non ho studiato niente, non potevo, come facevo? Poi è arrivato settembre, al negozio non mi hanno rinnovato il contratto ed io ho perso la sessione d'esame. Bravissima!

Sbuffo. In qualche modo ce la devo fare.

«Buonasera» il saluto mi riporta alla realtà.

«Salve!» sorrido all'anziano signore calvo che ho di fronte.

«Tocca di nuovo a te»

«Sembra di sì» annuisco. «Solita camomilla con un goccino di rum?» domando. Ormai ho imparato a memoria i gusti dei clienti.

«Esatto. Non ti sfugge niente»

E così comincia la mia emozionante serata di lavoro, tra caffè decaffeinati e caffè d'orzo, camomille corrette e piccolini col bianco. Questo fino alle venti circa. Poi si passa alle carte da briscola e ramino. Emozionanti gare all'ultimo centesimo, accompagnate da bicchieri colmi di spuma al pompelmo.

Controllo il telefono, un messaggio da Robbi:

"Come procede? Io andrò a letto presto stasera, sono stanchissimo".

"Tutto ok, niente di nuovo. Buonanotte" rispondo.

Rimetto il telefono dov'era e rimango qualche secondo imbambolata a fissarlo. Robbi. Stiamo insieme da nove anni, sì lo so che sembra assurdo. Eravamo piccolissimi. È il mio migliore amico. Siamo vicini di casa da sempre e abbiamo frequentato le scuole insieme. Per me è naturale averlo nella mia vita. Eppure ultimamente ho capito che le cose non funzionano. Non è un rapporto da innamorati il nostro. Noi siamo più due messi lì, uno di fianco all'altra, che percorrono un cammino comune. Quando mi sono accorta che gli voglio bene come al fratello che non ho mai avuto, ho capito che la nostra storia era finita. Devo solo farlo capire a lui, già, ma mi manca il coraggio.

Ecco che arrivano i primi ragazzi. Davvero, sono ragazzi! Giovani. Della mia età. In questo buco dove si respira aria del 1945, vengono anche loro, ogni tanto. Vengono, chiedono un caffè, mi trattano come se non esistessi, e se ne vanno. Pazienza.

«Ciao Ele» mi saluta Botte entrando.

«Ciao» rispondo sorridendo. Lui è uno dei pochi che ha sempre una parola gentile per me. Lo conosco da qualche anno, per la verità. Anche se in un paese così piccolo come questo tutti conoscono tutti, ma fanno finta di no. Mi dispiace sempre quando sento gli amici che lo chiamano Botte. È un soprannome ridicolo che gli è stato dato da bambino perché aveva proprio una forma rettangolare: basso, spalle larghe, petto largo e chili di troppo. Adesso, tra palestra e dieta, è notevolmente migliorato benché rimanga sempre basso e benché la faccia sia sempre quella. Insomma uno può fare quello che vuole per il fisico, ma certe cose non si possono cambiare. Credo si chiami Niccolò, in realtà, ma forse non lo ricorda più nemmeno lui.

«Come mai da queste parti di lunedì?», domando.

«Sto aspettando un amico»

«E dove andate di bello, dopo?» difficile che qualcuno passi di qui per poi andarsene a letto con l'orsetto coccolone. Vengono qua e scappano altrove.

«Da nessuna parte. Beviamo un caffè e ci fumiamo una sigaretta»

«Capito», rispondo poco convinta. «Quindi aspetto a farti il caffè?».

«No, no, fammelo pure. Ne berrò due»

«Lo sai che due caffè a distanza ravvicinata e la sera fanno molto male?», dico mentre dispongo la tazzina e schiaccio il pulsante di un ristretto.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora