03 | "MI FARAI SEMPRE FARE QUESTE FIGURACCE?"

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«Studio legge perché mi piace, Jimin» stava dicendo Yoongi, sorseggiando un drink che il biondo riconobbe immediatamente come somaek – alla fine il suo lavoro serviva pure a qualcosa, dai – seduto su di uno sgabello dalla pelle smussata sugli angoli, in uno dei tanti karaoke del quartiere di Hongdae. «Non perché i miei genitori si aspettano questo dal mio futuro, come dici tu.»

«Non capisco come si possa voler studiare qualcosa da quei malloppi, davvero» rispose Jimin, soffocando un rantolo disperato perché, sul serio, lui aveva odiato persino studiare due pagine dal libro di storia alle medie – il che è tutto dire.

Yoongi rise, stringendo un po' il labbro inferiore tra i denti, dopo qualche secondo, per trattenersi. «Sai com'è, vorrei evitare di passare il resto della mia vita dietro il bancone di un locale a lavare bicchieri» aggiunse poi, lanciando un'occhiata divertita a Jimin, che si era subito affrettato a colpirgli un braccio, dopo aver colto la frecciatina.

«Grazie tante» disse quindi, con uno sbuffo indignato. Il volto di Jimin si colorò di una giocosa smorfia offesa, di fronte alla quale Yoongi non riuscì più a trattenersi e, sputando qualche goccia del drink che stava ingoiando, scoppiò di nuovo a ridere. Una decina di persone si girò a guardarli con espressione annoiata, tornando poi a rivolgere la loro attenzione a qualunque cosa stessero facendo prima.

«Dio, mi farai sempre fare queste figuracce?» chiese il biondo, con un ampio sorriso a coronargli le labbra carnose. Dopo pochi secondi, sulle sue guance si accese un rossore bruciante, causato dall'imbarazzo dovuto alle parole appena dette.

«Ah ah» rispose Yoongi, puntandogli un dito contro. «Quindi questo non sarà il primo e ultimo appuntamento.»

Jimin nascose il volto nel suo Soju. «Beh, sempre se tu lo vorrai» borbottò. Yoongi si limitò a sorridere, senza rispondere, e poi riprese a sorseggiare il suo cocktail.

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Stavano camminando lungo la strada principale e le macchine sfrecciavano loro accanto ad alta velocità. Jimin non era sicuro di che ora fosse e forse aveva bevuto qualche drink di troppo. Chiederlo a Yoongi, che avanzava barcollando leggermente e senza riuscire a smettere di ridere, sarebbe stato altamente inutile. La luna si stagliava alta nel cielo, ma era coperta da nuvole dense e la foschia impediva di vedere le stelle – non che Jimin fosse in grado di capire l'orario dai fenomeni naturali e atmosferici, comunque. Le luci dei lampioni che correvano lungo il marciapiede illuminavano i loro visi e talvolta Yoongi fu costretto a coprirsi gli occhi per evitare di andare a sbattere da qualche parte. Jimin si sentiva un po' stupido: bere ad un primo appuntamento non era mai una bella decisione. Sicuramente avrebbe eliminato l'impaccio e la goffaggine nel salutarsi e sarebbero stati senza ombra di dubbio più disinvolti e tranquilli, eppure sapeva benissimo che probabilmente l'alcool ingerito li avrebbe portati a fare qualcosa di stupido, che il giorno dopo non avrebbe affatto ricordato, ma che gli avrebbe lasciato un peso inspiegabile sullo stomaco. Non era nemmeno sicuro di dove stessero andando, fino a quando non vide il complesso di appartamenti in cui viveva stagliarsi sull'angolo destro della via.

«Hei, hyung» lo chiamò Jimin, scoppiando a ridere come un bambino non appena quello si voltò verso di lui. Yoongi era sicuramente stanco, gli occhi appannati per via della sbronza e un broncio adorabile a macchiargli la bocca. «Io sono arrivato» aggiunse poi, cercando di darsi una controllata per non svegliare l'intero vicinato.

Yoongi lo osservò per un attimo confuso, poi si passò una mano sul volto e annuì. Tossicchiò, per schiarirsi la voce e si inumidì le labbra secche. «Okay, allora ciao» lo salutò, avvicinandosi furtivamente per lasciargli un bacio bagnato sulla guancia, dopodiché si voltò per riprendere a camminare.

Jimin, fermo davanti al portone della sua palazzina, con Yoongi che gli dava le spalle e avanzava goffamente, si chiese se fosse responsabile lasciarlo raggiungere casa sua, chissà dove, in quelle condizioni. Prima ancora di avere il tempo di pensarci due volte, sentì la propria voce urlare il suo nome. Yoongi si voltò, alzando un sopracciglio come per chiedergli se avesse dimenticato qualcosa. «Sì?» domandò, restando fermo sul posto, per quanto il suo precario equilibrio glielo permettesse.

«Vuoi...vuoi fermarti da me?» gli chiese Jimin, balbettando le prime parole. Forse non era proprio vero che l'alcool eliminasse del tutto l'imbarazzo. «Non mi sembri messo tanto bene, hyung» aggiunse poi, per giustificare quella proposta del tutto inappropriata. Che cazzo, Jimin, si disse.

Yoongi ridacchiò, borbottando un grazie divertito, in seguito al quale annuì. Raggiunse sotto il portone il ragazzo, che stava cercando di inserire la chiave nella toppa, difficoltosa sin da quando lui si era trasferito lì. Doveva ricordarsi di partecipare alla prossima riunione di vicinato, alle quali non aveva mai preso parte, e farlo notare agli altri.

AEROPLANINI DI CARTA | YOONMIN [#Wattys2019] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora