15 | "STAMMI LONTANO, HYUNG"

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Aveva iniziato a piovere a dirotto all'improvviso, cogliendolo totalmente impreparato. Ovviamente non aveva pensato di portare con sé un ombrello - quasi sicuramente, in realtà, non lo avrebbe preso nemmeno se stesse già piovendo. Jimin si pulì i piedi sullo zerbino, scuotendo velocemente la testa per liberare i capelli dalle gocce d'acqua che continuavano a scivolargli sul collo, facendolo rabbrividire. Erano passate due settimane e mezzo da quando si era lasciato alle spalle la porta che ora aveva davanti a sé; più di quattordici giorni lontano da Yoongi, di nuovo a dormire in quel buco che era il suo appartamento - sempre se poteva essere chiamato così. Era stato difficile, soprattutto all'inizio, una volta sbollita la rabbia, riabituarsi alla sua normale routine, quella che aveva definito "prima di lui", resistere alla tentazione di prendere in mano il telefono a farsi vivo per primo, alzarsi dal divano e camminare fino a casa sua. Aveva resistito forse per questione di principio, di orgoglio, forse perché pensava davvero che un po' di tempo e di lontananza potesse aiutare Yoongi a realizzare che il futuro erano loro; forse perché quello stesso tempo sarebbe servito anche a lui, per mettere chiarezza in quella confusione di pensieri che gli affollava la testa e lo faceva addormentare a fatica la notte.

Pensò di suonare il campanello, ma l'idea che, vedendolo, Yoongi potesse sbattergli la porta in faccia avanzò prepotente, perciò alla fine decise di recuperare la chiave di scorta che il più grande nascondeva sotto un vaso di ciclamini - ormai in fioritura. Cercò di fare meno rumore possibile, intenzionato a sorprendere il ragazzo. Non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stato in realtà Yoongi a fare una sorpresa a lui.

La casa era silenziosa e, nonostante fosse venerdì, la domestica non era ancora arrivata. Per un attimo si chiese se Yoongi non fosse a casa, anche se la sua macchina era parcheggiata lì fuori. Le luci erano spente, così come la televisione, e la cucina era deserta. Fu il suono di una risata proveniente dal piano superiore, molto probabilmente dalla camera da letto, ad allontanare quel pensiero. Gli si illuminarono gli occhi, quando la riconobbe. Si rese conto, in quell'esatto momento, che Yoongi gli era veramente mancato da morire.

Salì le scale quasi di corsa, rischiando di inciampare sul penultimo gradino e salvandosi all'ultimo secondo, aggrappandosi con forza al corrimano. La camera era infondo al corridoio e gli sembrò di percorrere quei pochi metri con la stessa gioia di un bambino la mattina di Natale. Spalancò la porta con impeto, un sorriso a trentadue denti spiaccicato in faccia, e un «Ciao hyung» gioioso gli morì sulle labbra quando il ragazzo si voltò verso di lui, sussurrando «Jiminie.»

Era sdraiato a letto, completamente nudo, con il petto costellato di segni violacei che era sicuro di non avergli lasciato; si reggeva sulle braccia, le mani schiacciate sul cuscino, mezzo sdraiato tra le gambe di un altro ragazzo, dallo sguardo completamente disorientato, in bilico sul suo corpo. Il lenzuolo li copriva fino a metà coscia. «Che ci fai qui?» gli chiese, rotolando sul fianco e alzandosi, indossando di tutta fretta un paio di boxer raccolti da terra.

Jimin fece qualche passo indietro, sbattendo la schiena contro lo stipite della porta, gli occhi lucidi di lacrime, colmi di delusione e dolore. Ora sì, che gli aveva spezzato davvero il cuore. Scosse la testa velocemente, per poi mormorare un «Lascia perdere» con voce spezzata.

«Jimin, ti posso spiegare» si affrettò a dire Yoongi, lanciando un'occhiata colpevole al ragazzo steso a letto - il loro letto - aggrovigliato tra le coperte.

Jimin sbuffò una risata amara, facendo di tutto per trattenere le lacrime, ma fallendo miseramente. «Lo spero davvero hyung, perché non ci sono scuse» cominciò, tirando su con il naso e asciugandosi le guance umide. «Non c'è la scusa dell'alcool, perché sono le cinque del pomeriggio, non c'è la scusa del divertimento. Non c'è niente.»

Yoongi sospirò affranto, abbassando per un attimo lo sguardo a terra, per poi ripuntarlo immediatamente nei suoi occhi, risoluto. «Volevo capire, volevo capire se quello che provo con te lo posso provare anche con altri. E non sto dicendo che questa sia una giustificazione, perché so benissimo che non lo è e che non ci sono scuse, però».

Jimin lo interruppe, alzando una mano per zittirlo. «Ti prego risparmiamela, Yoongi» disse, il tono quasi minaccioso e la lingua stretta tra i denti, per evitare di scoppiare ad urlare. «Immagino che la risposta sia sì, viste le vostre risate.»

Yoongi negò con il capo, tentando di avvicinarsi, e spalancò gli occhi sconfitto quando vide il ragazzo allontanarsi.

«Stammi lontano, hyung.» Glielo disse con tutta la convinzione e il disprezzo che aveva in corpo, guardandolo per un'ultima volta con lo sguardo ferito e straripante di delusione.

Avrebbe voluto urlargli addosso e spingerlo fino a fargli male, prendere a pugni il muro fino a vedere le nocche sanguinare, rompere qualcosa e vincere la morsa dolorosa che gli stringeva il petto e non lo faceva respirare.

«Jiminie ti prego, aspetta.»

Ma, in fondo, era stanco di aspettare.

Nda.

Buongiorno (o forse no?) a tutte! Come ho promesso sto cercando di farmi il più viva possibile, oggi è domenica, mi sono appena svegliata, quindi eccomi qui con questo aggiornamento non proprio....piacevole, diciamo.
Allora, che ne pensate del comportamento di Yoongi? Credete che Jimin riuscirà a perdonarlo?
Ila. xx

AEROPLANINI DI CARTA | YOONMIN [#Wattys2019] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora