Non doveva aspettarsi niente, assolutamente niente. Se l'era detto dal primo istante, da quando aveva incrociato gli occhi di Yoongi a quella festa e se l'era ripetuto mentre chiacchieravano - un cipiglio di rammarico e nostalgia perennemente impresso sul viso - e mentre il più grande digitava rapido sulla tastiera del suo cellulare per salvare il suo numero e appesantire così la sua rubrica. Non doveva aspettarsi niente. E punto. Punto fermo, fermissimo. Se l'era ripetuto anche mentre faceva partire la chiamata, seduto malamente su uno sgabello traballante in cucina, i gomiti appoggiati al ripiano in finto marmo e lo sguardo assorto. Mentre ascoltava il tu-tu della musichetta d'attesa, niente era l'unica parola che gli risuonava in testa, quasi assordandolo.
Erano passate quasi due settimane dal loro ultimo incontro e Jimin non aveva smesso di pensarci per un solo secondo. Non che lo avesse ammesso anche una volta sola, tutte le volte che i suoi amici lo avevano guardato con un sopracciglio alzato e un punto di domanda gigantesco impresso sulle loro fronti, come a chiedergli cosa ti assilla così tanto, bel faccino?. Poi una volta Taehyung gliel'aveva proprio chiesto, ad alta voce e chiaramente - «Cosa ti assilla così tanto, bel faccino?» - e Jimin si era incazzato perché, primo, non era più un ragazzino di dodici anni a cui si scioglievano le gambe di fronte a un nomignolo del genere e che sarebbe stato pronto a recitare anche un poema di Shakespeare a memoria per soddisfare chiunque lo avesse chiamato in quel modo; e, secondo, ma non per importanza, perché per una volta tanto avrebbe voluto che il suo meraviglioso, fantastico, terribilmente simpatico amico Taehyung - come lui stesso lo aveva definito, lanciandogli un'occhiataccia - si facesse i fatti suoi. Neanche in quel caso, alla fine, si era azzardato a raccontare agli amici quello che lui e Yoongi si erano detti o a rivelare che fosse proprio quel maledettissimo incontro a frullargli continuamente nel cervello, fino a fargli venire il mal di testa e un fastidioso ronzio nelle orecchie.
Fatto sta che erano passate quasi due settimane. Due lunghe settimane durante le quali Jimin si era chiesto se dovesse chiamare Yoongi, se fosse il caso di chiamare Yoongi, se fosse giusto chiamare Yoongi, se valesse la pena chiamare Yoongi, ma, soprattutto, se volesse davvero chiamare Yoongi. Perché non ne era poi tanto sicuro. Non era sicuro proprio di un bel niente. E, a dirla tutta, ne aveva dubitato fino a cinque minuti prima di avviare quella chiamata, quando, con le mani che tremavano leggermente e visibilmente, aveva premuto sul nuovo contatto. Ne stava dubitando ancora, anche in quel momento, mentre picchiettava le dita sul bordo del tavolo, sibilando imprecazioni sottovoce, in attesa che il più grande alzasse il culo da dovunque fosse appoggiato in quell'esatto istante per rispondere al telefono. Era stato lui a volergli parlare e a dirgli di chiamarlo, avanti! Che cosa patetica, pensò Jimin, allontanando il cellulare dall'orecchio per porre fine a quel supplizio. Proprio in quel momento, però, la voce di Yoongi risuonò acuta per la piccola stanza.
«Pronto?»
Jimin si limitò a schiararsi la voce, ancora incerto su cosa fare. Stava ancora pensando di attaccargli in faccia prima che Yoongi potesse capire che era lui. Era una cosa del tutto fattibile e voleva uscire il prima possibile da quella situazione di merda in cui lui stesso - come al solito - si era infilato.
«Pronto? Chi parla?»
Jimin si morse l'interno della guancia per impedire che una risatina nervosa gli sfuggisse dalle labbra. Avrebbe voluto rispondere, ridendo, che non sta parlando nessuno, Yoongi, perché, effettivamente, da quando quella chiamata era iniziata, lui non si era ancora azzardato ad aprire bocca e tutto ciò che aveva offerto al più grande era un vuoto silenzio. Si trattenne dal farlo, però, perché non era più così tra di loro. Non funzionava più così da tanto tempo, ormai. Non c'erano più le telefonate nel bel mezzo della giornata e le risposte pesanti di battutine come quella o frecciatine. Non c'era più niente, in realtà. A meno che lui non avesse voluto che ci fosse qualcosa. Perché - e questo lo sapeva con certezza – Yoongi in fondo stava aspettando solo il suo consenso, un suo sincero "sono pronto a rischiare di nuovo" che potesse far ripartire la loro storia alla stessa velocità di un aereo che corre per alzarsi in cielo e librare in aria, un po' timoroso delle turbolenze, ma senza paura di cadere da un momento all'altro.
«Hei» si decise di dire alla fine, prima che Yoongi si spazientisse e premesse con forza e fastidio sulla cornetta rossa. «Sono io.»
Ci furono alcuni attimi di silenzio. Attimi brevissimi. Forse neanche un secondo, perché Jimin non riuscì nemmeno a tenerne il conto e quasi nemmeno se ne accorse. «Ciao Jiminie» rispose poi Yoongi, il fiato spezzato, come se non se l'aspettasse per niente, quella chiamata. «Come stai?» gli chiese poco dopo.
Ciò che Jimin non si aspettava, invece, era il tremolio così evidente nella propria voce. «Hyung, ti va se ci vediamo?». Non sapeva neanche da dove gli fosse uscita, una cosa del genere, né tantomeno perché lo avesse detto. Non era nemmeno sicuro al cento per cento di volerlo volere e, Dio!, non sapeva nemmeno per quale motivo l'avesse chiamato.
«Oh» rispose Yoongi con un sussulto e Jimin si rese conto di averlo preso nuovamente alla sprovvista. Beh, aveva preso alla sprovvista anche se stesso, quindi immaginava che la sorpresa che era trapelata dalla voce dell'altro fosse il minimo. «Sì. Sì, certo» affermò poi.
«Okay.»
«Okay» ripeté Yoongi, schioccando la lingua tra i denti come faceva spesso quando era soddisfatto. Jimin realizzò in quel momento di come ancora si ricordasse delle piccole abitudini del suo ex e riuscì a malapena a trattenere il sorriso. «Dove vuoi andare?»
«Va bene ovunque, davvero.»
«Okay, ti porto a cena allora.» Il silenzio ricevuto in risposta provocò la comparsa di un piccolo cipiglio sul volto di Yoongi. «Jimin, ci sei?» chiese allora.
«Oh, uhm. Non saprei, hyung. Una cena, mh...io pensavo a qualcosa di più...ma, uhm...una cena - sì, una cena andrà bene» balbettò il più piccolo in risposta, senza sapere cosa dire. Si era immaginato un'uscita semplice, un gelato o un americano al bar all'angolo sotto casa di Yoongi. Non di certo una cena. Yoongi non lo aveva mai portato fuori a cena. E si, beh, avrebbe davvero voluto che la loro prima cena insieme fosse il più romantica possibile, con mani che si cercano sotto la tovaglia e braccia che si allungano per imboccarsi a vicenda. Ma, di nuovo, non era più così tra di loro. Oltre al fatto che comportarsi in quel mondo in un luogo pubblico gli avrebbe molto probabilmente fatto venir voglia di seppellirsi sotto almeno dieci chilometri di terra.
«Ti passo a prendere alle otto, allora» disse Yoongi dopo qualche secondo di silenzio. «Va bene?»
Jimin annuì impercettibilmente, prima di rendersi conto del fatto che stessero parlando al telefono e che di conseguenza non c'era una minima possibilità che Yoongi potesse vederlo o cogliere telepaticamente la sua risposta. Si diede dello stupido da solo, prima di chiudere gli occhi, inspirare profondamente, lasciare che l'aria gli gonfiasse i polmoni fino quasi a bruciare, espirare e alla fine rispondere. «Sì.» A malapena egli stesso riuscì a sentire la propria voce abbandonargli le labbra, quindi per sicurezza si schiarì la voce e ripeté con tono più convinto.
Yoongi, dall'altra parte, ridacchiò. «L'avevo già capito la prima volta.»
«Oh» sussurrò Jimin, mordendosi il labbro per trattenere un sorriso. «Era solo per sicurezza.»
La risata di Yoongi gli riempì le orecchie e, seriamente, come aveva fatto a vivere per tutto quel tempo senza poterla più sentire?
«Ora devo andare, ho una chiamata importante in attesa» riprese poi Yoongi, con un sottofondo di porte che si aprivano e sbattevano. Jimin lo immaginò mentre camminava per i corridoi di casa, entrava nel suo ufficio disordinatissimo e si faceva cadere comodamente sulla sedia girevole. «Ci vediamo stasera.»
«Sì, a stasera hyung» rispose il più piccolo e subito dopo la chiamata terminò e lo schermo del suo cellulare si illuminò.
Nda.
Finalmente Jimin si é deciso a dare un'altra possibilità a Yoongi. Una scelta un po' impulsiva, a dirla tutta. Sia mai che se ne penta🤭
Purtroppo devo andare a finire di studiare, perché lunedì e mercoledì ho i primi due esami della sessione, quindi non posso perdere troppo tempo.
Noi comunque ci sentiamo domenica.
Buona giornata,
Ila. xx
STAI LEGGENDO
AEROPLANINI DI CARTA | YOONMIN [#Wattys2019]
أدب الهواةAU! In cui Jimin conosce Yoongi nel bar dove lavora ed è amore a prima vista, ma per riuscire a volare ad alta quota devono prima imparare a sopravvivere alle turbolenze. Solo così l'atterraggio sarà sicuro, o almeno sperano. Pairing: Yoongi/Jimin +...