19 | "PENSAVO CHE L'AVVERTIMENTO FOSSE PASSATO"

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Agosto.

Yoongi spinse la porta del locale e alzò gli occhi al cielo quando il solito scampanellio gli giunse alle orecchie. Erano passati mesi da quando aveva messo piede in quel posto per l'ultima volta, ma tutto era esattamente come prima. Si fermò sulla soglia, tenendo aperto il battente, in attesa che Hoseok lo raggiungesse. «Ho parcheggiato dietro l'angolo, una botta di culo» gli disse quello non appena gli si affiancò. Yoongi gli sorrise e gli angoli della bocca si sollevarono in una risata mal trattenuta. Quando la porta si chiuse alle loro spalle, con il vociferare di Hoseok nelle orecchie, Yoongi cominciò a guardarsi intorno. Cercava un volto familiare tra tanti altri volti familiari, in un bar ancora più affollato del solito in vista del derby che si sarebbe giocato di lì a poche ore. Riconobbe Jin mezzo sdraiato sul bancone, intento a prendere a pugni il braccio di Kim Namjoon, piegato in due forse dal dolore o, molto più probabilmente, da una risata che gli aveva tolto il fiato. Lui non era mai piaciuto più di tanto a Jin. Glielo aveva detto più volte senza peli sulla lingua, ma in ogni caso sarebbe stato semplicissimo capirlo. Il locale era particolarmente rumoroso - anche se in realtà lo era sempre - e per un attimo si chiese come riuscisse a studiare lì anche per soli pochi minuti. Di Jimin, comunque, non c'era nemmeno l'ombra. Non riusciva a capire se fosse un bene o un male.

Dopo quell'ultima chiamata, circa un mese e mezzo prima, non lo aveva più sentito e aveva cercato il più possibile di frequentare nuovi posti per evitare di imbattersi anche solo per sbaglio in lui e non sapere cosa fare. Aveva conosciuto Hoseok in una discoteca in cui si era lasciato trascinare una sera da alcuni suoi compagni di corso e aveva iniziato a frequentarlo più che altro per togliersi il pensiero di Jimin costantemente impresso nella mente. Era un pensiero stupido ed ipocrita, lo sapeva anche lui, ma la prima volta che era stato a letto con Hoseok il senso di colpa e il presentimento di star affliggendo nuove stille di dolore a lui gli avevano reso difficile lasciarsi andare. Uscire insieme poi era diventato più semplice, anche se non naturale quanto lo era stato con Jimin. Hoseok era esattamente tutto ciò che Jimin non era. Era estroverso, forse fin troppo, festaiolo e amante del sesso. In lui non c'era traccia di quell'innocenza e ingenuità che lo avevano sempre fatto tremare sopra il corpo del più piccolo. Figlio di papà e viziato, la copia sputata di Yoongi prima che maturasse - e il punto di svolta si identifica nell'incontro con Jimin stesso. Il ragazzo perfetto da presentare ai suoi genitori, quello che avrebbe soddisfatto le aspettative e non li avrebbe lasciati con un sorriso amareggiato in viso. Comunque, stavano bene insieme. Yoongi non si poteva di certo lamentare di tutte le attenzioni costose che Hoseok gli riservava.

Si sedettero ad un tavolino davanti alla vetrata, esattamente dietro a quello che Yoongi era solito occupare mesi prima. Jin si avvicinò loro qualche minuto dopo, il volto contratto in una smorfia che non annunciava niente di buono. Yoongi lo salutò comunque con un sorriso e una mano alzata, giusto per fargli capire che era venuto in pace.

«Che ci fai qui?» sbottò il castano, senza ricambiare il saluto e alzando gli occhi al cielo. Si voltò velocemente verso il portone che dava sul retro, per poi sospirare e riportare immediatamente l'attenzione su di lui e il suo accompagnatore. «Pensavo che l'avvertimento fosse passato.»

Hoseok al suo fianco alzò gli occhi perplesso e gli rivolse uno sguardo confuso. Yoongi si limitò a scuotere la testa, come a dirgli di lasciar perdere, e strinse la sua mano appoggiata al ripiano in legno del tavolino. «Eravamo di passaggio e ci siamo fermati per un caffè.»

«Si beh, potevate fermarvi da Beansbins Myeongdong qui davanti» affermò perentorio, scrutando Hoseok con gli occhi infiammati.

«Jin hyung, ti prego.» Non riuscì a concludere perché il castano si voltò di scatto, quando il rimbombo delle imposte della porta nera dietro il bancone risuonò nel locale. Yoongi seguì il suo sguardo e si bloccò sul posto quando vide Jimin camminare a testa bassa, intento a stringersi il grembiule in vita, mentre Taehyung, al suo fianco, rideva ad alta voce.

Si era chiesto più volte come sarebbe stato rivederlo dopo così tanti mesi passati lontano da lui. Un giorno si era persino spaventato all'idea che il suo ricordo stesse sfumando sempre di più e che di lì a distanza di qualche altro mese non sarebbe più nemmeno stato in grado di riconoscere i suoi lineamenti dolci e spigolosi allo stesso tempo. Fatto sta che non sarebbe mai riuscito a prevedere la miriade di emozioni e di pensieri che gli stavano affollando la testa e il cuore in quel momento. Rivederlo era stata una boccata d'aria fresca e si ritrovò a chiedersi per quanto tempo avesse vissuto trattenendo il respiro.

Jimin era bello quanto lo ricordava, forse anche di più. Il tempo lo aveva smagrito un po' in volto. Sotto le maniche della maglia nera che indossava come divisa, però, il profilo della muscolatura era molto più pronunciato di qualche mese prima. Probabilmente si era iscritto in palestra, come gli aveva sempre detto di voler fare, mentre lui gli ripeteva tutte le volte che non era necessario, perché già così aveva un fisico da paura. Jimin rideva ogni volta a quella battuta, che poi tanto battuta non era. Ecco, se c'era una cosa che gli era mancata più di tutto il resto era proprio la risata genuina di Jimin, la sua risata da bambino. Perché in fondo, a diciannove anni, un po' bambino lo era ancora.

Yoongi notò Jin incrociare le dita, nella speranza che Jimin, ancora distratto da una qualche freddura di Taehyung, non si accorgesse della sua presenza. Il più grande si girò poi verso di lui, intimandogli di stare in silenzio e di non farsi notare, perché non aveva alcuna intenzione di permettergli di riportare Jimin alla deriva, proprio adesso che aveva davvero cominciato a ricominciare. Yoongi sospirò affranto e poi annuì. Sapeva che Jin aveva ragione, non era stupido. Il suo ritorno nella vita di Jimin, per il ragazzo, poteva essere soltanto un errore. Un fallo che gli sarebbe costato l'intera carriera e non gli avrebbe più permesso di giocare.

La speranza, si sa, è l'ultima a morire. Eppure, forse a volte è meglio non sperare.

«Ora vi porto le vostre ordinazioni, bevete i vostri caffè e uscite da questo bar senza farvi più vedere» gli disse Jin, puntandogli un dito addosso, con il tono risoluto di un datore di lavoro autorevole.

Yoongi sospirò sconfitto, appoggiando la testa sconsolato sul legno duro del tavolino. Quando la rialzò, però, Jin era ancora fermo davanti a lui, bloccato nel mezzo di un movimento, con il taccuino degli ordini stretto in una mano alzata nel vuoto. Gli occhi di Jimin erano fissi su di lui e quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo si sentì cadere nel vuoto, come se avesse appena saltato in un baratro da un'altezza di mille metri. Vide, con la bocca leggermente spalancata per la sorpresa, Jimin chiudere gli occhi e rimase incantato dal soffio delle ciglia lunghe che gli carezzarono le gote rosse. Si chiese per un attimo cosa stesse pensando, prima di realizzare che persino i suoi stessi pensieri erano in realtà una confusione unica. Capirci qualcosa sarebbe stato tanto facile quanto leggere un libro da destra verso sinistra. Cercò di schiarirsi le idee, boccheggiando in cerca di aria. Questa era esattamente una di quelle situazioni che per mesi e mesi si era costretto ad evitare. Le mani cominciarono a sudargli e lasciò quella di Hoseok, che stava ancora stringendo, per asciugarle sul tessuto morbido della tuta che indossava. Gli occhi di Hoseok brillavano di perplessità e non si allontanarono dal suo volto nemmeno per mezzo secondo. La sua reazione era forse più che scontata. Yoongi non gli aveva mai spiegato davvero nei dettagli cosa fosse successo tra lui e il suo ex, ma si era sempre limitato ad accantonare il tutto con uno sbrigativo "non funzionava più". Era la scusa più stupida del mondo, ma era allo stesso tempo l'unico modo per evitare di parlare di una ferita ancora aperta e fin troppo profonda. Anche perché, in fondo, non c'era proprio niente tra di loro che non funzionasse più. Funzionava tutto a meraviglia, lo aveva sempre fatto. Se c'era qualcosa di guasto, in tutta quella storia, allora era per forza lui. Il nome di Jimin non aveva mai avuto alcuno spazio nella loro relazione, almeno fino a quando, in preda ad una sbronza, Yoongi non aveva cominciato ad urlarlo nel mezzo di un locale di Seul. Anche in quel caso, però, si era rifiutato di parlarne.
Yoongi ricambiò lo sguardo di Hoseok con un sorriso tirato e palesemente falso. Avrebbe voluto dirgli che andava tutto bene, ma non trovava la voce e, a dirla tutta, non era nemmeno vero.

AEROPLANINI DI CARTA | YOONMIN [#Wattys2019] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora