Era ubriaco fradicio. Così ubriaco che, se non lo fosse stato, sarebbe probabilmente riuscito a sentire l'alcool scorrergli nelle vene fino a raggiungere il cervello e frantumarglielo, il cuore pompare sangue al ritmo rapidissimo di una canzone estiva e i nervi dei bulbi oculari bruciare fino a fargli sbiadire e raddoppiare la vista. Forse non aveva mai bevuto così tanto in vita sua, ma non ne era poi così sicuro, perché, a dirla tutta, non ci stava capendo proprio niente. E non soltanto per modo di dire.
Quando Taehyung l'aveva chiamato, quella sera, per dirgli che dovevano decisamente uscire a festeggiare perché finalmente Jungkook gli aveva concesso di nuovo di tutto e di più - dopo che l'uscita di due settimane prima l'aveva lasciato, per l'ennesima volta, in bianco -, di certo Jimin non si era immaginato che si sarebbe ritrovato, qualche ora più tardi, in bilico sul marciapiede di una strada che non riusciva nemmeno a riconoscere, sbronzo marcio e con le macchine che gli sfrecciavano accanto a pochi centimetri di distanza. Eppure eccolo lì, con in mano una bottiglia di soju che non si ricordava nemmeno di aver preso con sé prima di uscire da quella discoteca che puzzava di sudore, di alcool e di erba, senza dire niente a nessuno. Taehyung, comunque, non si sarebbe nemmeno accorto della sua assenza, preso com'era ad infilare la lingua il più possibile nella bocca del suo adorabile fidanzatino. Jimin si ritrovò a ridacchiare da solo per quel nomignolo, vagamente consapevole del fatto che, se lo avesse detto ad alta voce, Taehyung l'avrebbe sicuramente scaraventato giù da quel marciapiede a suon di pugni. Gli girava la testa, davvero troppo. Anzi, il mondo intero girava e lui sembrava essere l'unica cosa ferma al centro di un turbine. Un'auto suonò il clacson a tutta forza quando, passandogli da parte, Jimin rischiò di sbilanciarsi e cadere a tentoni in mezzo alla strada. La luce soffusa dei lampioni era così amplificata che fu costretto a chiudere gli occhi e sbattere le palpebre un paio di volte per non restare accecato. Era incredibilmente fastidioso. Si appoggiò alle stecche di un recinto in legno, alla ricerca di un minimo sostegno che lo trattenesse dal rovesciare a terra, gambe all'aria e culo sul cemento, e cominciò a guardarsi intorno. Era sicuro al cento per cento di non trovarsi affatto nei dintorni del suo quartiere: tutto era troppo curato, a partire dai giardini con l'erba perfettamente verde e tagliata, fino ad arrivare alle strade, in mezzo alle quali non si riusciva a scorgere nemmeno un piccolo pezzetto di carta o qualsiasi altra cosa che sarebbe dovuta finire nella spazzatura. La via abbondava di villette a schiera e macchine piuttosto costose parcheggiate attentamente vicino ai vialetti d'ingresso. E, anche se erano tutte identiche e anche se l'alcool gli annebbiava leggermente la vista e gli frullava nel cervello come un criceto sulla propria ruota, Jimin era abbastanza sicuro che quella alla fine della strada, proprio all'angolo prima della curva, fosse la casa di Yoongi. Non sapeva nemmeno come ci era finito laggiù, credeva - o forse sperava - di essersi persino dimenticato dove abitasse il più grande. E, in ogni caso, che cosa ci faceva sotto casa di Yoongi alle due di notte non lo sapeva nemmeno lui. Soprattutto dal momento che, due settimane prima, si era rifiutato di rispondere a tutte le sue chiamate e di dargli qualsiasi tipo di spiegazione, liquidandolo con un messaggio in cui gli diceva che aveva solo una leggera influenza che sarebbe sicuramente passata nel giro di qualche giorno. Poi qualche giorno era passato, Yoongi gli aveva scritto e lui non aveva risposto; si era presentato sotto casa sua e Jimin aveva finto di non esserci, luci spente e persiane chiuse; un giorno aveva persino bussato alla porta e, di nuovo, lui si era nascosto in camera, aspettando che se ne andasse, seduto a terra con la schiena appoggiata alla porta; era andato a cercarlo al lavoro e Jimin aveva costretto Jin a dirgli che gli aveva affidato una commissione fuori città e che probabilmente sarebbe rientrato dopo qualche giorno. Alla fine, Yoongi aveva smesso di cercarlo, lasciandogli lo spazio e il tempo di cui necessitava, ma che fino ad allora non aveva mai avuto, perché tutte quelle attenzioni, quel continuo cercarsi, lo facevano soffocare.
Camminò a tentoni nel buio, incerto e instabile sulle gambe, inciampando più volte nei suoi stessi piedi e incespicando in un cespuglio sul lato della strada, fino a raggiungere la villetta in fondo alla via. Le luci erano spente, probabilmente Yoongi dormiva. Non c'era nemmeno la sua macchina parcheggiata sul vialetto, come era solito fare, ma pensò che probabilmente l'aveva lasciata nel box, per qualche strano motivo a cui non aveva assolutamente voglia di pensare in quel momento. Si sedette a terra a gambe incrociate, l'erba bagnata di rugiada serale gli inumidì i pantaloni, ma non gli importava più di tanto. Non era nemmeno abbastanza in sé per rendersene conto. Portò il collo della bottiglia alle labbra e ne ingerì un sorso. Il sapore forte della birra gli bruciava in gola e sentì lo stomaco riscaldarsi e contorcersi in una morsa fastidiosa. Qualche goccio più tardi, la bottiglia vuota gli tintinnava tra le mani, e un rigurgito acido gli bloccava il respiro. Lasciò cadere a terra la bottiglia, che rotolò per qualche secondo prima di fermarsi ai piedi di un cespuglietto sempreverde. Fece peso su entrambe le mani per riuscire ad alzarsi e, dopo aver traballato per un po', riuscì a mettersi in piedi e a restare fermo. O, comunque, sufficientemente fermo da non cadere di nuovo a terra. Poi, senza nemmeno accorgersene, cominciò a chiamare Yoongi. E se dapprima il suo nome gli abbandonò le labbra in un sussurro a malapena udibile persino nel silenzio della notte, in seguito, però, si trasformò in un grido esasperato che squarciò l'atmosfera inverosimilmente tranquilla della zona. Urlò così forte che sentì la propria voce raschiargli la gola con la stessa forza con cui le unghie di un qualche felino gli avrebbero potuto graffiare la pelle. Bastarono pochi minuti e qualche grido di troppo, prima che le prime luci nel quartiere si accendessero. «Sta zitto, coglione!». Alcune figure sfocate cominciarono ad affacciarsi alla finestra per urlargli addosso a loro volta di chiudere la bocca e andarsene a casa. Jimin, però, continuò ad urlare a squarciagola, senza spostarsi di mezzo millimetro, non fino a quando, dalla finestra della villetta da parte, si affacciò Yoongi. Sì, sembrava decisamente Yoongi, quello, con i capelli color menta arruffati e il sonno che gli velava lo sguardo irritato.
#Nda.
Ah, Jiminie~ ma che combini? Speriamo che da tutto questo casino che stai facendo ne esca almeno qualcosa di buono!
Non ho molto tempo perché devo assolutamente andare a studiare, ma volevo avvisarvi che mancano solo tre capitoli😭
Ci sentiamo domenica,
Ila. xx
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AEROPLANINI DI CARTA | YOONMIN [#Wattys2019]
Hayran KurguAU! In cui Jimin conosce Yoongi nel bar dove lavora ed è amore a prima vista, ma per riuscire a volare ad alta quota devono prima imparare a sopravvivere alle turbolenze. Solo così l'atterraggio sarà sicuro, o almeno sperano. Pairing: Yoongi/Jimin +...