17 | "PRONTO?"

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«Jin hyung ha minacciato di licenziarmi» stava dicendo Jimin, quella stessa sera, mentre si dirigeva verso casa accompagnato da Taehyung.

Taehyung sbuffò, seppellendosi sempre di più nella felpa che indossava, per ripararsi del venticello fastidioso di pieno maggio. «Sapessi quante volte lo ha detto a me» cominciò. «Eppure sono ancora qui, o sbaglio?»

«Non mi sembrava proprio che stesse scherzando» borbottò il biondo, ravvivando il ciuffo che, ormai privo di gel, gli cadeva sulla fronte alta solleticandogli le palpebre. Prese poi a calci qualche sassolino, facendolo rotolare sull'asfalto rovinato della strada principale, mentre Taehyung voltò lo sguardo per osservarlo meglio.

«Jiminie, non ti butterà fuori e lo sai anche tu. Sa quanto hai bisogno di questo lavoro» gli disse, circondandogli le spalle con un braccio. «Avanti, è Jin hyung.» affermò poi, come se fosse tutto dire.

Giunto davanti al cancello della palazzina dismessa dove viveva, Jimin salutò Taehyung con un cenno del capo. Infilò a fatica le chiavi nella serratura mezza rotta, prese una birra dalla cesta che teneva sotto il lavandino in cucina e si buttò sul divano. Sospirò, quando il telefono, appoggiato su un tavolino di legno consunto vicino alla porta d'ingresso, cominciò a suonare. Lasciò che la suoneria – una di quelle preimpostate del vecchio modello Samsung – terminasse, per poi alzarsi e recuperare il cellulare con uno sbuffo annoiato.

Chiamata persa da numero privato.

Alzò gli occhi al cielo, pensando che si trattasse molto probabilmente di ragazzini alle prese con scherzi telefonici di poco gusto. Decise quindi di lasciar perdere e lanciò il cellulare sul divano al suo fianco, per poi cambiare immediatamente idea e prenderlo con mani tremanti, mentre gli sembrava di sentire le voci di Jin hyung e Taehyung sussurrare il suo nome affiancato a quello di Yoongi. Aprì il registro delle chiamate, osservando il nome del ragazzo, con al fianco una scimmietta che si copre la bocca, ripetersi all'infinito nella lista risalente a un mese e mezzo prima: tutte chiamate effettuate da Yoongi, che non avevano mai ricevuto risposta.

All'inizio era stato piuttosto facile evitarlo. Si era nascosto a casa di Taehyung per quasi due settimane, non si era presentato al lavoro e aveva tenuto il cellulare spento – almeno per la maggior parte del tempo. Yoongi lo cercava continuamente, non smetteva di chiamarlo, di appostarsi sotto casa sua e di stare ore seduto al bancone del bar. Addirittura Jin, vedendolo in quelle condizioni, aveva detto di aver provato pietà per lui. Jimin si era chiesto più volte cosa c'entrasse la pietà con quel ragazzo, che spietatamente lo aveva tradito alla prima occasione, voltandogli le spalle come se fosse un giocattolo consumato. Stare senza Yoongi, comunque, era stato davvero difficile. Più di quanto ricordasse. Si era persuaso nuovamente del fatto che sarebbe riuscito a riabituarsi alla sua vita prima di lui, eppure ancora adesso, dopo mesi, Yoongi continuava a mancargli come il primo giorno. Gli aveva fatto male, gli aveva spezzato il cuore e lo aveva lasciato senza niente se non dei miseri ricordi, che non lo abbandonavano nemmeno per un secondo e lo facevano accasciare sfinito sul letto ad ore impensabili del giorno, lo rinchiudevano in uno stato di catarsi che gli impediva di concentrarsi su qualsiasi altra cosa non fossero i suoi giorni con Yoongi. A volte gli mancava il fiato, si ritrovava a boccheggiare nel sonno, anelando baci di cui si era nutrito fino ad allora e labbra che gli avevano fatto scoprire il vero significato del piacere; gli prudevano le mani, per la mancanza della pelle liscia del viso di Yoongi sotto il tocco fragile dei suoi polpastrelli, e il suo cuore mancava qualche battito quando ripensava a loro due stretti in una morsa di dolore e piacere, più uniti che mai.

Nonostante ciò, o forse proprio per questo, non aveva mai risposto ad una sua chiamata, né ad un suo messaggio, né tantomeno era riuscito a farsi vedere anche solo da lontano. Ad un certo punto Yoongi aveva semplicemente smesso di scrivergli, di chiamarlo e di cercarlo. Era successo circa dopo tre settimane, quando Taehyung si era stancato di vederlo appoggiato con i gomiti al bancone del locale dove lavoravano e per far passare senza malintesi il concetto di "sparire dalle nostre vite una volta per tutte" gli aveva tirato un cazzotto sullo zigomo, che lo aveva lasciato con una mano dolorante e le nocche rosse per giorni. Comunque era servito, il messaggio era stato compreso e Yoongi era davvero uscito dalle vite di tutti loro. Jimin, seppure a fatica, aveva cominciato a riprendersi. Non totalmente, ma almeno era tornato ad uscire di casa e andare a lavoro.

Proprio in quel momento il telefono cominciò a squillare di nuovo tra le sue mani, distraendo il corso dei suoi pensieri. La scritta "numero privato" lampeggiava ininterrottamente sullo screen e, senza sapere nemmeno perché, Jimin trascino la cornetta verde, mettendo il vivavoce.

«Pronto?» chiese, con voce strascicata per via della stanchezza. Dall'altra parte nessuna risposta, solo il silenzio e un leggero rantolo di sconforto. «Pronto? Chi è?». Si sentì quasi stupido, nel porre quelle domande ad un vuoto apparente. Il petto gli si strinse in una morsa dolorosa e le mani cominciarono a tremare, quando per un attimo si chiese se «Yoongi, sei tu?».

Un sospiro, prima di una risposta che forse non avrebbe mai voluto ricevere. «Ciao Jiminie».


Nda.
Ta-da-da-daaa!
Yoongi si é fatto vivo, finalmente. Chissà se Jiminie sarà disposto a perdonarlo o se semplicemente a Yoongi non interessa piú nulla di lui e lo vuole semplicemente avvisare🐷

Siamo a metà della storia, all'incirca, e  come sempre volevo ringraziare tutti quelli che stanno leggendo, commentando, stellinando, aggiungendo alle liste questa fanfiction. Siete la mia soddisfazione piú grande💗
Ci sentiamo domenica con il prossimo capitolo,
Ila. xx

AEROPLANINI DI CARTA | YOONMIN [#Wattys2019] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora