Noah le camminava affianco con la paura di sfiorarla, guardandola ogni tanto con la coda dell'occhio e chiedendosi cosa le fosse successo. Magari se fosse arrivato pochi minuti prima lo avrebbe capito, ma per adesso sarebbe dovuto stare in silenzio ad aspettare una sua risposta. Si, lo capiva, il suo silenzio, ma desiderava ardentemente di sapere cosa la avesse turbata così tanto e magari trovare un modo per aiutarla. Voleva essere il più utile possibile, doveva tenere la mente occupata a pensare a qualcos'altro, non poteva continuare a ricordare cose del suo passato che puntualmente lo continuavano a perseguitare. Ormai era passato quasi un anno, la faccenda non era mai uscita fuori, o per lo meno non era mai stato fatto il suo nome, lui godeva di protettori speciali che possedevano ogni mezzo per tenerlo lontano dai guai, persino da quelli creati da lui stesso. Così dentro quell'incessante silenzio, con il rumore dei respiri di April e quello del traffico, la sua mente tornò a fare visita al Noah di qualche mese prima. Se solo Cole non avesse fatto così lo stupido niente di quello che era successo sarebbe realmente accaduto. Cercò di calmare i battiti del suo cuore, respirò a fondo diverse volte, ma il viso di Cole tornò a farlo innervosire più di prima. È stato solamente un incidente, era questo quello che gli aveva continuato a ripetere suo padre per mesi dopo averlo fatto uscire pulito dai casini. Agli occhi di tutti i suoi amici e di tutta la popolazione mondiale lui non era altro che Noah Smith, un ragazzo di Los Angeles ricco, bello e carismatico che viveva una splendida vita nel lusso, che aveva avuto sempre quello che desiderava, mentre invece, ogni volta che si guardava allo specchio, ai suoi di occhi non era altro che un assassino. Lui aveva ucciso Cole Stuart, e per quanto suo padre avesse pagato per occultare la verità, quella sarebbe sempre stata tale. Quasi come in un film, tutti i ricordi di quella sera di Marzo cominciarono a susseguirsi nella sua mente. Aveva organizzato una piccola festa con pochi amici, c'erano i gemelli Stone, Jack e Cole. Avevano fatto due tiri a football e mangiato una pizza da asporto. Ricordò che Cole si trovava nella cucina del retro quando gli offrì di fumare insieme a lui la sua canna. Lui aveva rifiutato fin da subito ma Cole aveva cominciato ad insistere, erano entrambi brilli perché avevano bevuto due bicchieri di un tipo di alcol del quale ora Noah non ricordava bene il nome, perciò quando Cole aveva cominciato a chiamarlo femminuccia e finocchio solo perché non aveva mai fumato una canna e non aveva intenzione di provare, Noah cominciò ad arrabbiarsi. Prese a spingerlo perché gli insulti cominciarono a diventare pesanti, in realtà Cole era veramente ubriaco, aveva usufruito di quella serata per dimenticarsi del litigio avuto con Madison, la sua ragazza e perciò nel suo bicchiere si era fatto scivolare più alcol del solito. Noah prese a spingerlo più forte. Si sa cosa succede quando si litiga da ubriachi, si agisce d'istinto, la ragione abbandona il corpo e non può che andare peggio di come si inizia. E fu proprio così che andò quella sera. Peggio. Cole cadde battendo la testa ad uno spigolo di una credenza e due secondi dopo Noah capí che non avrebbe potuto fare niente per tornare indietro. Per i mesi successivi era sempre stato lo stesso Noah Smith di sempre, così come lo era anche adesso. Suo padre, che aveva contatti ovunque, aveva pagato un ragazzo che si sarebbe dovuto prendere la colpa dell'omicidio promettendogli che lo avrebbe tolto dal carcere una volta che ci fosse entrato, perché così andò a finire, e nessuno mai incolpò Noah, che restò sempre lo stesso, lo stesso ma con un grande segreto che lo consumava da dentro, che gli corrodeva l'anima. E così Noah aveva deciso che mai più sarebbe capitata una cosa del genere, che avrebbe per sempre vissuto con questo peso dentro l'anima e che sarebbe sempre stato un codardo
"Mi vuoi dire cosa è successo?" le chiese cercando di concentrarsi su qualcos'altro
"Niente, davvero, scusami per quell'abbraccio improvviso di prima, è solo che ne avevo bisogno"
"Non devi scusarti per un abbraccio"
"Ti sei divertita alla festa? Non mi sembra di avertelo chiesto" rise toccandosi i capelli
"In realtà preferirei non esserci venuta"
"Quindi preferiresti anche non avermi mai incontrato"
"Forse quella è stata l'unica parte normale e piacevole di ieri sera"
Noah non ci mise molto a capire che Axel avesse detto o fatto qualcosa che era stata la causa del suo turbamento perciò glielo chiese
"C'entra qualcosa Axel, il ragazzo di ieri?"
"N-no" disse April
"Sono io, non so cosa mi stia succedendo ultimamente. Ho cambiato casa, scuola e amicizie in pochissimo tempo e non riesco a conciliare bene questa nuova vita"
"Lascia che ti aiuti allora" fermò il passo e le rivolse un bellissimo sorriso che lei ricambiò
"Forse"
Poi ripresero a camminare fino a casa di April senza dire un'altra parola. April continuava a pensare alla ragazza che aveva visto insieme ad Axel e Noah cercava di spazzare via i ricordi del suo passato. Arrivati difronte casa si salutarono e April entrò salutando Irina e Millie. Poi salì le scale e chiuse la porta di camera sua per gettarsi sul letto e provare a non pensare a niente per anche soltanto un minuto. Ma tutto risultò impossibile, perciò decise che sarebbe stato meglio farsi una doccia e cercare di lavare via ogni traccia di pensiero. Il getto dell'acqua la colpì subito e con tanta intensità, cominciò a strofinare forte la sua pelle e quando capì che provocarsi del dolore non sarebbe servito a niente, appoggiò le spalle sulle piastrelle fredde del bagno e cominciò a piangere. Cosa stava succedendo? Le mancava Betty, pensò al perché le cose avessero dovuto per forza prendere quella piega e perché il Mondo le fosse caduto addosso così precipitosamente. Poi pensò ancora una volta ad Axel, al suo corpo avvolto dalle luci della festa, a lui che le aveva detto che non aveva intenzione di essere il suo ragazzo, alla ragazza dai lunghi capelli castani, a quanto fosse bella e a quanto invece lei non lo fosse. E poi continuò a pensare ad Axel e, dannazione, a quanto avesse desiderato poggiare le sue labbra sulle sue la sera precedente. Dannazione, imprecò nuovamente. Spense l'acqua e lasciò che con essa andassero via anche le sue lacrime e uscì dal bagno. Dopo essersi vestita sentì bussare alla sua porta. Era Millie. La fece entrare sorridendole
"Puoi anche non mentirmi, sai?"
"Cosa?"
"Smettila di sorridere, hai pianto, si vede" disse saggiamente sedendosi sul suo letto. Il suo essere diretta ad April piacque fin da subito
"Allora non potrò mai mascherare i miei sentimenti" disse April sedendosi con lei
"Potrai mentire a chiunque tu voglia, ma sappi che con me non funzionerà mai"
"Buono a sapersi"
"Cosa hai?"
"Non lo so" disse April sfinita
"Ti manca tua madre?"
"Tra le altre cose, si"
"I tuoi amici?"
"Non credo di aver mai avuto degli amici. Forse un tempo credevo che sarebbero sempre stati parte di me, ma ora non posso più credere a queste stronzate"
"Non dire a tua madre che ho detto una parolaccia difronte a te perfavore, ho intenzione di fare bella figura con voi" continuò lei
"Tranquilla, anche la mamma a volte ne dice, ma io sono abbastanza grande da sapere che non devo ripeterle"
disse Millie. Sulla stanza calò un profondo silenzio, fin quando Millie non si avvicinò un altro po' ad April per prenderle una mano
"Ora hai me, potremmo essere sorelle per tutta la vita, se tu ne hai voglia ovviamente, voglio prometterti che non ti lascerò mai sola"
April respirò profondamente e la abbracciò tenendola stretta al cuore. Millie era così piccola ma così saggia e teneramente umana da far sentire bene chiunque, anche in un millesimo di secondo
"Grazie" le disse April
"Per tirarti su di morale voglio mostrarti dove Scott tiene la sua roba dolce, così anche tu potrai attingere da lì ogni volta che ne avrai voglia, proprio come faccio io, tanto lui non se ne accorgerebbe neanche se gli rubassimo tutti i dolci. È troppo scemo" disse ridendo e prendendole la mano invitandola a scendere con lei. April la seguì giù per le scale ridendo, forse per la prima volta, dopo un'intera giornata.
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𝑼𝒏𝒅𝒓𝒆𝒔𝒔𝒆𝒅 |h.s|
Roman pour AdolescentsCon uno scatto felino preme le sue labbra contro le mie e per quanta forza impiego cercando di staccarmi dalla sua presa, lui stringe ancora di più il mio polso, facendomi gemere dal dolore. Due lacrime mi rigano le guance, mentre le sue labbra cont...