April eliminò la foto della festa a New York dichiarando chiuso un capitolo di sofferenza e di dolore nonostante sapesse che non sarebbe sparito mai definitivamente, non ancora forse, dalla sua vita e decise che seppur avrebbe pensato ancora alla sua vecchia migliore amica, non lo avrebbe fatto nel modo in cui si pensa ad una persona alla quale si vuole bene. Bloccò il cellulare e cominciò a bere la sua Coca cola sotto gli occhi del barman che la stava osservando da un po' di tempo. Aveva quasi finito quando una grossa sagoma familiare le si sedette accanto incrociando le braccia e accingendosi ad ordinare un cocktail dal nome strano. Eppure non beveva, questo era quello che aveva detto alla festa di Noah, pensò April guardandolo furtivamente da sotto le ciglia, senza farsi notare. Axel si rese conto di cosa stesse facendo la persona seduta accanto a lui, non a caso aveva deciso di sedersi proprio in quel posto, proprio vicino a lei. Gli piaceva sapere che lei lo stesse guardando, aveva assaporato quella sensazione per la prima volta alla festa di Noah, si ricordò come distogliendo un attimo lo sguardo da Madison mentre ballava tra la marea di corpi sudati intercettò gli occhi di April per un millesimo di secondo. Lei lo stava guardando ballare e quella sensazione lo aveva fatto impazzire, percepire i suoi occhi innocenti sfiorare il suo corpo virile lo aveva eccitato da morire, proprio come in quel preciso momento. Sorrise divertito e si girò per parlare con lei, come se l'ultima volta non fosse mai esistita, come se la stesse conoscendo di nuovo per la prima volta
"Cosa ci fai qui?"
"La stessa cosa che stai facendo tu" rispose lei nervosamente
"Credevo che questo non fosse il posto adatto ad una come te, se ti avessi incontrato in biblioteca magari sarei stato più sereno" disse lui
"Anche io credevo che tu non bevessi" disse lei indicando con lo sguardo il cocktail che il barman aveva appena portato
"Guarda che non è mica alcolico" disse lui sorseggiandone un po' e leccandosi le labbra. April distolse lo sguardo. Voleva andare via ma non riusciva a trovare un modo per liberarsi di lui, perché per quanta forza di volontà possedesse, in quel momento, non c'era altro posto in cui desiderasse essere. Axel continuò a sorseggiare il suo cocktail davanti ai suoi occhi, quando gli arrivò una chiamata da Madison, la declinò subito, non aveva voglia di parlare con lei, in realtà non capiva perché stessero ancora insieme.
Lui non si era mai capito veramente, aveva sempre cercato negli altri un po' di se stesso, per paura forse di rimanere solo un giorno. Ma in realtà sapeva che lo era sempre stato, perché non basta essere circondato da milioni di persone per non sentirsi proprio in quel modo. E così aveva passato la sua vita, a cercare di trovare se stesso, la vera parte di se, che ancora non aveva conosciuto. Non era californiano, assolutamente. Si reputava fin troppo bello per essere uno di quel posto. No, lui era inglese, aveva anche tatuato lo stemma della sua città natale sul suo braccio, perché per lui sarebbe sempre stata casa, anche se fosse andato a vivere a migliaia di chilometri di distanza. Ma la California in fondo gli piaceva, il clima era sempre mite e non pioveva quasi mai, questa era la parte migliore, poi avrebbe avuto un piccolo appartamento tutto per sé e per sua madre, e la cosa gli piaceva, perché sua madre era poco presente, a volte passava i fine settimana fuori casa e lui si ritrovava da solo. Fin da subito la vita in California gli aveva riservato tante sorprese, come l'incontro con i ragazzi della squadra di football, li reputava una parte di sé anche se non lo aveva mai dato a vedere e, forse la cosa migliore, le centinaia di ragazze che riusciva a far innamorare solo con uno sguardo. Quest'ultima gli piaceva da morire, ma non era mai riuscito ad innamorarsi, a lui questo sentimento era assolutamente estraneo, non lo aveva mai assaporato, neanche ora che stava con Madison. Insomma, gli piaceva toccarla e baciarla, fare l'amore con lei, riusciva a sentirsi appagato, estasiato, ma non era mai andato oltre ad un'attrazione fisica. Era sempre stato così con le ragazze che aveva frequentato, e ne aveva frequentate parecchie, tutte molto facili da conquistare, perché a lui non piacevano le cose difficili, né tanto meno il tempo che doveva impiegare per possederle. Gli piaceva vivere la vita all'ordine del giorno, senza crucciarsi tanto per avere qualcosa che desiderava. Era impossibile da capire, da inquadrare, a volte preferiva stare a casa e strimpellare le corde della sua chitarra oppure a contemplare qualche quadro impressionista piuttosto che uscire con i ragazzi a divertirsi. La sua chitarra era una parte di sé, così come l'arte. Gli piaceva suonare e contemplare quadri, lo facevano sentire veramente come parte di qualcosa, ma non aveva mai voluto svelare questo piccolo segreto, perché era un qualcosa di personale, che egoisticamente non avrebbe mai raccontato a nessuno, che gelosamente avrebbe custodito per sé, sempre. In effetti nessuno aveva mai realmente notato i centinaia di tatuaggi sul suo corpo, nessuno aveva mai fatto domande sui suoi tatuaggi, nemmeno le centinaia di ragazze con le quali era andato a letto e alla quali aveva mostrato il suo corpo nudo. Se avessero cominciato a fare domande lui si sarebbe seriamente seccato di rispondere, perché non gli piaceva parlare di sé, non gli piaceva affatto. Agli occhi di tutti quelli che lo conoscevano sarebbe sempre dovuto sembrare forte e mai debole, mai vulnerabile, anche a costo quindi, di non rivelare chi realmente fosse. Sapeva benissimo che neanche Madison lo amava e forse questa cosa li rendeva apparentemente la migliore coppia di fidanzati di tutta la storia, perché non avrebbero mai sofferto per amore. Ecco un'altra cosa che non aveva mai provato, la sofferenza. Non sapeva che gusto avesse, né come fosse viverla, non sapeva niente di lei, così come non conosceva niente della ragazza che era seduta proprio accanto a lui e verso la quale aveva provato interesse fin da subito. Aveva capito che rispetto a tutte le altre ragazze lei avesse moltissime cose da nascondere, moltissime cose che non aveva mai mostrato a nessuno e che quindi in un certo senso le somigliasse. D'altro canto, lei non era come Madison, o come le ragazze che avevano preceduto Madison, lei non gli aveva offerto il suo corpo fin da subito, anzi, aveva cercato anche di ignorarlo, di non parlargli, di non guardarlo, ma, anche se le costava ammetterlo, non ci sarebbe mai riuscita
"Mi vuoi dire che ci fai qui?" le chiese
"Non sono affatto affari tuoi"
"Va bene" disse lui arrendendosi
"Tanto me lo dirai lo stesso prima di uscire di qui" continuò infine avvicinandosi al suo orecchio. April si girò seriamente innervosita, voleva sputargli addosso un "chi ti credi di essere", ma non ne aveva le forze, stava ancora cercando di capire come fare per eliminare il pensiero che aveva avuto delle loro labbra che si sfioravano e con lui che la perseguitava non risultava essere facile. Calò un immenso silenzio, scandito solo dai rumori del bar, che April sentiva come ovattati. Quel ragazzo la metteva a disagio e la faceva sentire elettrizzata allo stesso momento, come era possibile? Il barman si mise in un angolo ad osservarli, chissà che cosa gli stava passando per la testa in quel preciso momento, si divertiva? Immaginava che tra loro ci fosse qualcosa? Che ci fosse stato qualcosa? April non riusciva a decifrare i suoi pensieri, ma aveva bisogno di tornare a casa, Scott si sarebbe preoccupato per lei e avrebbe cominciato a cercarla ovunque, perciò, lasciò i soldi della bibita sul bancone e si alzò, sotto gli occhi attenti di Axel
"Dove vai?" chiese lui
"A casa. Scott sarà preoccupato"
"Se ti va ti accompagno"
"Devi lasciarmi stare ti prego. Richiama Madison e lascia me in pace" disse lei continuando a dargli le spalle. Axel non capiva. Che cosa stava sbagliando? Mai nessuna lo aveva pregato di lasciarla in pace, eppure quella prima volta sentì un eccitante brivido salirgli lungo la spina dorsale. Era molto arrabbiato, si morse il labbro nervosamente e lasciò che April se ne andasse senza inseguirla. Chiamò Madison e le disse che sarebbe andato da lei. L'atteggiamento di quella ragazza bionda lo aveva infastidito e aveva bisogno di trovare sfogo in qualcosa di fisico, e chi meglio di Madison poteva soddisfare i suoi bisogni carnali? Continuò a guardare la sagoma di April allontanarsi dal bar e batté un pugno sul tavolo. Accidenti. April invece andava via con un peso in meno sullo stomaco. Quella notte provò a pensare di meno ad Axel e lei in quel bar e nonostante i suoi grossi sforzi, riuscì poco nel suo intento. Alle due del mattino le arrivò un messaggio dalla sua amica, sbloccò il telefono, visto che non riusciva a prendere sonno, e lo lesse
Domani è venerdì sera A, e pensandoci su ho deciso di organizzare una festa da me visto che i miei non ci sono. Vorrei che tu mi aiutassi con i preparativi, ho già aggiunto l'evento su Facebook e invitato un paio di persone. Non si tollerano no come risposta. Buonanotte anche se sono le 2 a.m.
-B
Un'altra festa nel giro di meno di una settimana, non la avrebbe retta, ma era lo stesso felice di aiutare la sua nuova amica. Si addormentò dopo averle risposto che avrebbe potuto contare sul suo aiuto, e quando la mattina si svegliò, si rese conto che non aveva fatto altro che pensare ad Axel. Dannazione.
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𝑼𝒏𝒅𝒓𝒆𝒔𝒔𝒆𝒅 |h.s|
Fiksi RemajaCon uno scatto felino preme le sue labbra contro le mie e per quanta forza impiego cercando di staccarmi dalla sua presa, lui stringe ancora di più il mio polso, facendomi gemere dal dolore. Due lacrime mi rigano le guance, mentre le sue labbra cont...