28.

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MADISON.

Sono passati tre giorni da quando mi hanno dimessa dall'ospedale, dopo settimane rinchiusa in quel posto.
Il medico mi ha detto che, momentaneamente, non ho memoria di cosa mi è successo.
I due ragazzi che sono stati con me tutto il tempo, mi hanno portata a casa loro.
Questa casa è gigantesca, è bellissima.
Un grande salone, una grande cucina, tre camere matrimoniali e una della bambina, due bagni molto grandi, uno al piano di sotto e uno sopra e poi una stanza, chiusa a chiave.
Non so cosa ci sia li dentro ma è chiusa da quando ho messo piede qui.
Mi chiedo cosa nasconda il proprietario.
Notte e giorno, due uomini, alti, muscolosi, uno pallido e l'altro più abbronzato, fanno da guardia alla porta d'entrata e mi scortano ovunque io voglia andare.
Ci sono telecamere ad ogni angolo della casa, mi sembra di stare al Grande Fratello.
«Buongiorno» la mia voce di prima mattina è pari a quella dell'esorcista.
Per non parlare dei miei capelli, una scappata di casa sempre.
«Buongiorno signorina» la cameriera mi rivolge un sorriso radioso e mi porge una tazza di caffé.
Come fa a essere cosi felice alle sette del mattino?
«Dormito bene?» mi chiede
Alzo gli occhio su di lei e lei ridacchia, la mia espressione assonnata dice tutto.
Ho avuto più volte mal di testa e male al collo ma è normale ha detto il medico.
«Emh...»
«Estela» risponde alla mia domanda non detta a voce ma posta mentalmente.
«Lei sa cosa mi è successo?» chiedo, sorseggiando il mio caffé d'orzo.
Annuisce semplicemente.
«Può dirmelo?» chiedo e fa di no con la testa
Alza gli occhi su di me, mi guarda e sembra dispiaciuta che lei non possa dire nulla.
«So che è difficile e frustrante, ma devo ricordarsi da sola la sua vita. Con permesso» dice, e lascia la cucina.
I miei occhi la seguono mentre esce e si fermano sul ragazzo alto con i folti capelli castani che sta appoggiato alla parete a fissarmi.
«Buongiorno» dice e mi viene in contro
Mi muovo nervosa sullo sgabello mentre finisco il mio caffé.
C'è qualcosa in lui...nei suoi occhi, nelle sue mani, qualcosa di famigliare e di cattivo al tempo stesso.
Bevo l'ultimo sorso, mi alzo dallo sgabello e lavo la tazza nel lavandino che poi poso nel mobile in alto dove stanno tutte le tazze.
Sento il suo respiro dietro il mio collo.
Mi vengono i brividi, chiudo gli occhi.

"Voglio te, o tua figlia...la faccio fuori" mi risuona nella mente.
Lo spingo via e corro in camera da letto e prendo la piccola in braccio.
«Madison?» urla
Piango e tremo, seduta con le spalle alla parete di fronte la porta.
«Madison apro questa porta!» i pugni finiranno per fare un buco nella porta se continua a bussare cosi forte.
Apro la porta con la bambina in mano e lo sguardo del ragazzo..Jamie...Jonny... Dio come si chiama...
«Che succede?? Ti senti male?» chiede
Fa per accarezzarmi le braccia ma faccio un passo indietro.
Il minimo contatto con qualcuno, mi spaventa a morte, solo con la bambina non mi succede niente.
«Tu...»
«Jack» ecco come si chiamava!
«Tu sai chi mi ha fatto questo?» chiedo e lui si stringe nelle spalle e senza che apra bocca capisco che la sua risposta è "non lo so".
Faccio il bagnetto alla piccola, le campio il pannolino, le do da mangiare e poi le metto una tutina rosa con degli strass che formano un fuore e la lascio a terra a giocare.
Prova ad alzarsi in piedi da sola ma ricade sul sedere e quando mi vede sorridere, si mette a ridere.
«Vieni amore, vieni dalla mamma»
Gattona veloce venendo verso di me e io la prendo in braccio.
La lancio in aria e la riprendo e lei ride.
La sua risata è meravigliosa.
Le metto le scarpette e una giacchetta e la porto in camera mia sul letto.
«Resti un momento con lei?» chiedo a Jack e lui annuisce
Io faccio una rapida doccia e quando esco in accappatoio, faccio segno a Jack di uscire.
Apro l'armadio e metto la biancheria con dei semplici jeans, un maglione bianco con sopra la giacca.
Metto le scarpe e mi sistemo i capelli in una coda alta.
Prendo la bambina e scendo al piano di sotto con lei e il passeggino con una borsa piena di cose che possono servire alla piccola.
«Dove andate?» chiede Jack scendendo anche lui
«A fare una passeggiata. Sono giorni che sono chiusa qui, se non esco, non riuscirò mai a ricordare» dico e lo vedo infilarsi le scarpe e la giacca.
«Vengo con voi.» e mi viene in contro ma alzo la mano per fermarlo
«Ho bisogno di stare da sola» dico, guardonle guardie e loro guardano Jack
«Ok. Ma se qualcosa non va, chiamami immediatamente» dice serio e io entrando nell'ascensore gli dico «Ok papà» e le porte si chiudono davanti la sua espressione con gli occhi al cielo e io che rido di lui.

We could come back togetherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora