𝟿 | 𝑻𝒂𝒃𝒍𝒐𝒊𝒅 𝒋𝒖𝒏𝒌𝒊𝒆

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La gente, semplicemente desidera una cosa sola: amare ed essere amata.

Michael Jackson

• 16 Febbraio 1984 - 08:32 •

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• 16 Febbraio 1984 - 08:32 •

Lentamente aprii gli occhi.
Silenzio.
Stranamente nessuna sveglia rumorosa aveva interrotto il mio sonno.
Mi ero svegliata da sola.
La prima cosa che pensai fu l'orario, così mi sporsi verso il comodino e notai che erano già le otto e trentadue di mattina. Feci cadere di nuovo la testa sul morbido cuscino, ma notai una cosa strana su di esso, così rialzai immediatamente il capo e lo osservai meglio. Notai che era tutto rosa e nero, sicuramente era il trucco della sera prima che si era spalmato sulla stoffa bianca.

Mi alzai lentamente, notando che ero ancora vestita con gli stessi vestiti della sera prima. Vidi l'elegante gonna color salmone tutta stropicciata e, toccandomi la testa, potei constatare che il fermacapelli era ancora al suo posto. La mia chioma, però, non era più riccia, ma liscia, come mio naturale, nonostante i quintali di lacca che la parrucchiera mi aveva spruzzato addosso. Avevo ancora i tacchi, i quali subito tolsi. Scesi dal letto e mi avviai al bagno. Il trucco era tutto sbavato e i capelli erano abbastanza in disordine. Presi la bottiglietta di struccante, ne versai un po' su dell'ovatta e la passai su tutto il mio viso, finché non rimasi al naturale. Poi tolsi il fermacapelli dalla mia chioma mora, facendomela cadere sulle spalle, per poi pettinarla con una grossa spazzola. Mi guardai di nuovo allo specchio.
Meglio.
Mi avviai di nuovo nella camera e mi tolsi il vestito. Non ce la facevo più a tenerlo addosso; era veramente scomodo. Mi misi una maglietta a maniche corte bianca con una felpa, poi presi dei pantaloni neri larghi e li indossai. Mi avviai al balcone. Faceva abbastanza freddino, per questo tornai subito dentro a prendere il mio cappotto, per poi indossarlo. Mi accinsi ad andare di nuovo sul piccolo balconcino e mi accesi una sigaretta. Cominciai a consumarla lentamente, pensando a tutto quello che mi era successo il giorno prima: Los Angeles, i miei genitori, il ristorante e Michael... era stata una giornata abbastanza bizzarra.
Sarei tornata in Italia non troppi giorni più tardi quindi, forse, mi sarei dovuta godere quei momenti, lá a Los Angeles, così decisi di vestirmi un po' più sportiva e uscire a fare jogging. Quando scesi nella Hall, una grande sala nella quale il colore prevalente era il giallo opaco, tutti mi osservarono in modo strano, con sguardi che non riuscii a decifrare, forse per il mio abbigliamento, ma non ci feci troppo caso.
Uscii e cominciai a correre, non sapendo esattamente dove andare. Non credevo che la città di Los Angeles fosse stata così grande, infatti, dovetti chiedere informazioni a dei passanti per trovare la strada giusta, ma fortunatamente non ebbi grandi problemi con l'orientamento. Riuscii a vedere qualche via, ma, onestamente non mi sembrò una città tanto speciale come tutti dicevano. Stetti fuori per l'intera giornata, tornai solo nel tardo pomeriggio.

*****

Entrai nella camera dell'hotel e mi sedetti sul letto. Cominciai a slacciarmi la scarpa, ma una goccia di sudore cadde dalla punta del mio naso, per posarsi sulla mia mano. Effettivamente ero molto sudata, quindi decisi di farmi una veloce doccia fredda. Mi piaceva stare sotto l'acqua, che fosse stata calda o fredda non mi importava, in entrambi i casi, era molto rilassante.
Poco dopo essere uscita dal bagno, mi venne una gran fame, così chiamai per il servizio in camera, ordinando un'insalata molto leggera: ci tenevo molto alla mia forma e salute. Qualche minuto dopo, il cameriere arrivò con il mio piatto e insieme ad esso, mi diede una rivista. Non chiesi nulla, ringraziai soltanto. Mi sedetti sulla sedia che c'era di fianco al tavolino in vetro sul balconcino e presi l'insalata. In men che non si dica, la finii tutta.

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